POLITICA Letto 3903  |    Stampa articolo

Il pifferaio magico

Foto © Acri In Rete
Antonio Celso
In Parlamento, sono in discussione (o stanno per essere discusse) due leggi vitali per il futuro della nostra Democrazia. Una prevede la modifica dell’assetto costituzionale della Repubblica, proponendo un cambiamento nella composizione e nella competenza a legiferare del Senato, l’altra, si spera, approderà ad una modifica delle modalità di consultazioni elettorali.
Queste leggi, frutto di un accordo fra due delle maggiori forze parlamentari italiane(PD e FI ex PdL), sembrerebbero il primo passo verso il superamento di contrapposizioni ideologiche che, a detta di molti, rischiavano di paralizzare l’Italia.
In nome del “bene supremo della Nazione” questa coalizione sembra, dunque, voler abbattere gli steccati divisori procedendo a testa bassa verso una comune visione “innovativa” della Democrazia.
Ora, prima di proseguire, ritengo opportuno riportare qui la definizione del concetto di Democrazia:
“Il concetto di democrazia non è cristallizzato in una sola versione o in un'unica concreta traduzione, ma può trovare e ha trovato la sua espressione storica in diverse espressioni e applicazioni, tutte caratterizzate, peraltro, dalla ricerca di una modalità capace di dare al popolo la potestà effettiva di governare e nella quale il rapporto tra la maggioranza e la minoranza è improntato alla reciproca tutela”
“Nella democrazia indiretta o rappresentativa, il potere sovrano è esercitato da rappresentanti eletti dal popolo (il Parlamento). Ad esempio, l'Italia è una repubblica parlamentare (quindi a democrazia indiretta) che usa come unici strumenti di democrazia diretta il referendum, l'iniziativa popolare e la petizione popolare; i cittadini sono comunque liberi di candidarsi (entrare in politica) per diventare rappresentanti, qualunque sia il loro stato sociale”.
Partendo da questo insindacabile presupposto, ecco le mie osservazioni.
Sfruttando l’onda del voto popolare alle elezioni europee il Presidente del Consiglio, ritenendo (a torto o a ragione) di avere la maggioranza dei consensi (ma è bene ricordarlo, il suo Governo non è stato eletto dal popolo) ha fatto man bassa di cariche istituzionali, così oltre al Governo, ha in mano il Parlamento, il Presidente della Repubblica, il CSM, la Consulta, senza contare le innumerevoli industrie nazionali nelle quali ha provveduto a piazzare per le più alte cariche uomini “fidati”. Nulla di strano, sia ben chiaro, da ché l’Italia è Italia si è sempre fatto così. Ma, ricordando le due leggi in discussione in Parlamento (riforma del senato e legge elettorale), stavolta la situazione presenta aspetti a dir poco inquietanti che sembrano incanalare irreversibilmente la politica verso le secche della autoreferenzialità.
La riforma del Senato, in discussione in questi giorni, come è noto, prevede sostanzialmente che lo stesso Senato possa legiferare in futuro, solo per riforme costituzionali, leggi costituzionali, leggi elettorali degli enti locali e ratifiche dei trattati internazionali; ovvero non avrà alcun peso in merito alle leggi “ordinarie” dello Stato. Sorvolando sulla sua composizione, quello che conta, ai fini delle mie considerazioni, è che i suoi componenti, a meno di modifiche dell’ultimo minuto, non verranno eletti dal popolo (però godranno dell’immunità. Mah!).
Nello stesso tempo, con la stessa legge di modifica costituzionale, si prevede di innalzare il tetto delle firme necessarie per proporre un referendum da 500.000 ad 800.000 e quelle per presentare un ddl di iniziativa popolare da 25.000 a 250.000 allontanando ancora di più gli Italiani dalla istituzioni e l’Italia dal principio di Democrazia.
Ora un cittadino medio come me, dotato di intelligenza media come (forse) sono io, fa due conti e si pone una domanda.
Avremo un Senato della Repubblica che non sarà eletto dal popolo, una legge elettorale che permetterà ad una maggioranza molto relativa di comportarsi come una maggioranza assoluta (riesumazione della legge Acerbo) e quindi legiferare a proprio piacimento, azzerando di fatto qualunque opposizione. Liste bloccate e rappresentanti del popolo non letti dal popolo, l’impossibilità evidente da parte dei cittadini di proporre leggi o di chiederne l’abrogazione ed un comportamento del Capo dello Stato simile a quello di Vittorio Emanuele III nel 1924 quando alla richiesta di intervento affinché Mussolini fosse destituito, appellandosi allo Statuto Albertino replicò: «Io sono sordo e cieco. I miei occhi e le mie orecchie sono il Senato e la Camera» e non intervenne .
Non sarà che il fine ultimo di questi accordi per “difendere la democrazia” sia proprio quello di limitarne fortemente l’applicazione?
In questi ultimi tempi c’è una parola che serpeggia e che sembra non potersi pronunciare a meno di non essere disposti a ricevere scomuniche, censure ed anatemi. Per chi come me ha avuto la fortuna di non vivere quegli anni, pronunciare la parola fascismo sembra debba rappresentare un tabù. Vorrei però far osservare che, data l’evoluzione dei tempi, il fascismo delle purghe all’olio di ricino, dei manganelli, delle epurazioni potrebbe (forse) essere stato sostituito da forme più sottili ed insidiose di assolutismo, con modalità che però, oggi come allora, passano per la più alta carica istituzionale, chiedendo (oggi come allora) il consenso del popolo in nome del quale rivendicano un ruolo primario nel palcoscenico europeo (esattamente come in passato). Ma allora – mi chiedo- possibile che l’esperienza non insegni nulla? Possibile che, ora come allora, si portino sugli scudi, personaggi forieri di proclami ancorati ad un concetto di culto della personalità come segni profetici della ricerca del potere assoluto? E cosa potremo fare come singoli cittadini se non avremo a disposizione neppure il voto a fungere da deterrente?
Mala tempora currunt!!

PUBBLICATO 04/08/2014





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