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L’immemore bellezza degli scrigni ignorati e gli affreschi ritrovati

Foto © Acri In Rete
Angela Maria Spina
Il Santuario di Santa Maria delle Armi di Cerchiara di Calabria, le cui origini sono state ascritte fin ora tra il XV-XVI sec. è testimonianza significativa dell’arte in Calabria, un importante esempio di rarità architettonica e storica, che come consuetudine per i preziosi scrigni nostrani, sono di imbarazzante bellezza e di indegna sottovalutazione della loro importanza. Infatti in molti ignorano e non considerano in tutto il loro straordinario valore e nella meritata considerazione, quel singolare patrimonio storico artistico che merita di essere strappato all’indifferenza semplicemente attraverso l’onere di una godibile visita guidata.
Il complesso architettonico è scavato in parte nella roccia, ingloba al suo interno una grotta che custodisce la miracolosa immagine su pietra della Madonna, conservata in una teca d’argento. Sorge in un sito già anticamente dedicato al culto, la sua costruzione – secondo la tradizione locale – in molti hanno creduto fosse cominciata nel 1450 allorché nel medesimo luogo, proprio in una delle grotte del monte Sellaro, furono trovate alcune tavolette bizantine.
L’effige della Beata Vergine delle Armi (dal greco tòn armòn - "della grotta"), da cui il Santuario prende il nome, è di una bellezza semplice ma misteriosa, che suggerisce emozioni individuali sospese tra misticismo e razionalismo straordinariamente mozzafiato. All’ interno del Santuario mariano, sono custodite notevoli opere d’arte e argenterie barocche, oltre che di inestimabile valore religioso anche di importantissima rilevanza storica e di rara inebriante bellezza.
Nei pressi del Santuario sono stati inoltre ritrovati i ruderi del monastero di S. Andrea di certa epoca Bizantina, nell’ambito della pregiata tradizione del monachesimo meridionale, guidato dall’abate Pacomio e luogo in cui venne accolto il giovane San Gregorio da Cerchiara.
Oltre la fede, la religione e la memoria storico artistica, tra vecchi e nuovi sguardi indagatori, il magifico scenario naturalistico e paesaggistico che scaraventa quasi sempre fuori dallo spazio cosmico, sospeso in un tempo recente o passato che relativizza in perfetta armonia.
Di recente, la pregevole Fondazione Santa Maria delle Armi di Cerchiara di Calabria, istituita con Decreto del Presidente della Giunta Regionale della Calabria, ha legato la sua iniziativa specifica di conservazione e divulgazione conoscitiva del sito, all’attività della Chiesa e del Santuario Santa Maria delle Armi e dell’omonimo storico Ospizio\Orfanatrofio risalente al secolo XVII e ormai non più in vita, ma storicamente tra i più importanti della intera provincia di Cosenza. L’attività della Fondazione concentrata anche sull’archivio storico, ha portato alla luce e al riordino, grazie al lavoro di volontariato svolto dagli storici dell’arte Paolo Franzese e Milena Magnano, un considerevole patrimonio archivistico che tra gli altri annovera due pregevoli pergamene e molteplici unità archivistiche oltre a considerevoli ulteriori documenti. Inoltre, l’archivio medesimo, recentemente dichiarato d’interesse nazionale, conserva ricchissime testimonianze che consentirebbero di ricostruire non solo la storia della Chiesa e del Santuario, ma anche l’attività assistenziale dell'annesso Ospizio\Orfanotrofio. La rilevanza storica, di questo archivio, si estende anche alle serie documentarie che si riferiscono alla gestione dell'Ospizio\Orfanotrofio attraverso delibere, documenti contabili, le quali attraverso lo studio delle molteplici storie, serviranno a ricostruire un poliedrico spaccato della società, della religiosità e dell'economia di questa magnifica e ospitale cittadina del Pollino e del suo territorio circostante.
La Fondazione Santa Maria delle Armi con il Comune di Cerchiara di Calabria, ha promosso e sostenuto da qualche mese i lavori di restauro del Santuario medesimo, eseguiti da accurati restauratori ed esperti a tutto tondo, anche sotto la direzione della Sovrintendenza ai Beni artistici della Calabria.
In origine erano previsti saggi stratigrafici sulla parete dell’abside ai lati dell’altare, dove dalla documentazione fotografica più antica, risultavano già presenti delle pitture murali, attestate anche da altra documentazione risalente alla metà degli anni ‘50 del Novecento, con la quale si chiedeva l’autorizzazione alla Soprintendenza di Cosenza a decorare, con una scena raffigurante il miracolo della Madonna delle Armi, la parete destra dell’abside; questa medesima fonte faceva però riferimento all’abbattimento e ricostruzione della stessa parete, ciò ha fatto si che nella definizione delle zone su cui si sarebbero dovuti effettuare i saggi si scegliesse di iniziare dalla parete di sinistra al lato dell’altare maggiore dove, da una fessura profonda trenta centimetri, si era intravisto un lacerto di colore giallo. Dopo aver sottoposto ad analisi con XRF il colore a cura di Diarco spin off dell’università della Calabria, la società incaricata di eseguire gli esami diagnostici delle opere pittoriche del Santuario, ha proceduto alla rimozione stratigrafica delle murature fino al recupero di un importante affresco ascrivibile al secolo XIII raffigurante l’Arcangelo Gabriele. Scoperta già di per sè straordinaria e magnifica, soprattutto per la grande qualità dell’opera ritrovata che ha invitato ad effettuare un secondo saggio sulla parete di destra dell’altare maggiore dove su una nuova parete trasversale a quella dietro l’altare si è palesato un affresco raffigurante una Madonna ascrivibile al secolo XV e un secondo affresco con una mano benedicente alla maniera orientale; tale affresco - per ora - non è stato interamente scoperto per ragioni di sicurezza.
Sempre sulla parete a sinistra, al di sopra dell’affresco raffigurante l’Arcangelo Gabriele un varco ha dato la possibilità di ispezionare la parete retrostante all’altare maggiore; come intuito dagli storici dell’arte che hanno seguito i lavori di restauro, è stato rinvenuto proprio dietro l’altare marmoreo, in tutto il suo straordinario splendore, un affresco raffigurante la Vergine con il Bambino ascrivibile agli inizi del XIII secolo. Questo ultimo rinvenimento con gli altri ma sicuramente più degli altri, è di assoluta importanza e valore storico artistico, non è tale solo per la piccola cittadina dell’alto pollino cosentino, incastonato alle pendici del monte Sellaro, ma anche per l’intera regione e per il patrimonio mondiale, dal momento che definisce dal punto di vista degli studi storico architettonici e della conservazione dei beni culturali, certamente un’origine ben più antica di quella attribuita fin ora al pittoresco Santuario, probabile rifugio di monaci orientali. L’orgogliosa conferma avvalora l’ipotesi già avanzata dallo storico dell’arte Paolo Franzese nel suo saggio intitolato La chiesa di Santa Maria delle Armi, dal monastero al santuario del 1999, che aveva già indicato una datazione ben più antica, confermata giusto apposta dai recenti rinvenimenti.
Tali rinvenimenti sono stati divulgati recentemente in conferenza stampa dalle autorità amministrative e religiose, nonchè dal Presidente della Fondazione Luca Franzese, dal rettore del Santuario Santa Maria delle Armi padre Domenico Cirigliano; dal Soprintendente B.A.P per le provincie di CS, CZ e KR arch. Luciano Garella; dall’arch. Mariano Bianchi della Soprintendenza BAP; dalla dott. Rosanna Caputo della Soprintendenza BSAE; dai progettisti e direttori dei lavori arch. Francesco Parrilla ed ing. Salvatore Sirianni; dalla ditta Gianfranco Mirabelli di Rende esecutrice dei lavori; dal prof. Giuseppe Chidichimo presidente di DIARCO spin off dell’Università della Calabria e dagli storici dell’arte, non ultima la responsabile del progetto di diagnostica per Santa Maria delle Armi di Diarco dott.ssa Stefania Bosco. Naturalmente i recenti importanti rinvenimenti imporranno non solo la revisione dell’intero progetto per il recupero e la valorizzazione dell’antico impianto e dei preziosi affreschi, nell’assoluto rispetto degli ampliamenti realizzati dai principi Sanseverino nel XVI secolo e successivamente dai principi Pignatelli, ma anche la stessa attribuzione di una datazione più certa e provata che non potrà che arricchiere ulteriormente la nostra storia. L’importante ritrovamento restituisce quindi agli studi documenti ed elementi importanti per ridefinire percorsi storici e artistici, che come in rare circostanze avviene ci fanno sentire fieri di appartenere ad una così “ricca” regione che sebbene dimenticata dal resto del paese e da noi altri stessi, non è seconda - artisticamente e culturalmente – a nessun’altra immemore bellezza.








PUBBLICATO 24/07/2014





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