13° edizione del Moda Movie all’acrese Marco Taranto.
Redazione
Quindici i giovani stilisti che hanno proposto, ad una giuria fra le più qualificate del settore, i loro modelli, fra questi anche il nostro giovane concittadino Marco Taranto, di solo 21 anni, iscritto al primo anno di Università presso la facoltà Comunicazione e Dams, frequentante il secondo anno dell' Accademia "New Style" Cosenza. Ha presentato due modelli che più degli altri rappresentava il tema di questa edizione "La donna Fatale" due abiti che riuscivano a mettere in piena luce il fascino e le capacità seduttive della donna. Molti i nomi importanti della moda che hanno seguito con attenzione l'evolversi dell'intera manifestazione e che hanno avuto parole di elogio per i giovani stilisti in concorso e particolarmente per il nostro Marco che con i suoi abiti ha entusiasmato sia gli esperti del settore che i semplici appassionati. Marco Taranto, il giovane stilista vincitore di questa edizione, vince oltre al primo premio di € 550,00 anche la possibilità di frequentare uno stage, previsto per il vincitore, presso la sartoria di alta moda romana Tilù. A Marco abbiamo chiesto di raccontarci dei sui abiti: Allontanandomi dall' iconografia del cinema, dalle dive ammalianti alle dark ladies, temi banali, ho cercato di condurre e scoprire una nuova strada di ricerca, quella teatrale. Partendo dalla convinzione che la donna fatale sia per me fuori dalla portata quotidiana, dal possesso terreno, dalla voglia peccaminosa,ho ricercato questo prototipo nell' extraquotidiano, nell' idealità, nel possesso mentale virile, nelle futili idee, quei pensieri definite da Diderot "puttane", ma che portano allo sprigionarsi delle azioni. Per eccellenza, l' extraquotidiano si ritrova nel teatro, luogo dell' immaginazione, dell' immedesimazione, unico spazio circoscritto in cui la donna sia al possesso visivo di tutti, ma di nessuno. È da qui che ho diramato il mio discorso nella ricerca di una donna possente che abbia infuocato il talento di un noto musicista, l' enfant prodige Amadeus Mozart. Tanti gli elementi particolari che ho ricercato in quell' epoca: dal design interno all' apparizione del paralume con candela, dai noti violini di Cremona alla viola d'amore fino ad arrivare ai tessuti pesanti, ma frivoli che rendevano gli interni dei palazzi "spazi aperti". Per un'artista, per cui conta più cantare la donna, e non possederla come proprietà privata, nasce la voglia di scoprire la vita segreta di Amadeus ed è proprio nella sua datazione che appare il nome di Aloyse Weber. Un incontro giovanile, un' attrazione non fisica, ma uditiva per la voce soprana dell' Aloyse, quest' ultima con il suo carattere forte, impregnante di fiato ispiratore porta a fare accendere il lume dell' irrazionalità e delle pura ispirazione del giovane talento. Fu lei ad ardere con un tizzone le sue dita, fu lei a conquistarlo venalmente, mentre a prenderlo come essere fisico fu Costanza, che lo sposò. Davanti a clavicembali, violini, paralumi, ella compariva, si proiettava la sua immagine come immagine - tentazione e amante, come musa, unico essere che nonostante la sua forza ascendente all'iperuranio umano, dava materialità alla terra. Tutto ciò viene riportato nella scelta stilistica degli abiti. Il primo: un cappotto senza maniche con tre colli rivoltati a pergamena dalla scelta cromatologica quali il verde smeraldo, con motivazione che la voce dell' Aloyse era uno smeraldo verde, al verde acido, contatto con la melma popolare e dei borghesi del tempo ,al celeste , l' idealità. Sotto una camicetta con uno sparato richiamante la forma inferiore del violino con due applicazione a forma di S, tipico dello strumento. Una coulotte da cui partono due gambali richiamanti alla linea perfetta del paralume, e un corpetto avvolgente a pergamena, tutto perché la donna è musica, e la musica armonizza il corpo nell' esplosione dei sensi. Il secondo vestito: un soprabito dallo stile romano richiamante il ricordo del loro primo incontro nei Fori imperiali, da cui parte un' enorme abat-jour, sotto un mini - abito con frange realizzata a mano, con tessuto floreale da tappezzeria, perché in provocazione dell' epoca, questo tessuto veniva utilizzato per coprire le gambe dei tavoli per non far ricordare alla mente dell' uomo la sinuosità corporea della donna. Quindi plissè sfuggenti ed evanescenti fino a tessuti carnali, terreni, il famoso gioco ascensione- discendente che mantiene l' uomo nel suo punto zero, in equilibrio psichico. Aloyse, l' irrazionalità pensante, dà voce al talento, un corpo imprigionato dal pentagramma che negli spazi diventa una nota preziosa per chi nel silenzio degli intervalli sente il brusio sinfonico dell' emozione. Un abbandono della mente al suo libertinaggio, lasciandola padrona di seguire ogni pensiero che li si presenta, perverso o saggio che sia. Questo è il messaggio che ho cercato di mandare mascherandomi dietro a un volto noto perché la moda non deve essere slogan di omologazione, un' ariete che guida il gregge della massa inerme, ma comunicazione del proprio ego. Dare sfogo alla fantasia culturale può rendere vivi gli uomini, o forse più che tutti solo quell' aggroviglio di giovani, tra cui io, che ci definiscono squatter, o generazione x dell' indifferenza o generazione q dell' incapacità a relazionarsi con gli altri. Provocazione su provocazione ho tentato di dare un significato ad ogni materiale che ricercato, e mettendomi alla prova ho visto realizzare immagini psichici in materialità, tanto da essere stato definito dalla giornalista Capparelli "Lo stilista dall' animo puro". Per terminare solo una cosa, a chi reputa la moda notizie flash di omologazione a cui tutti tendono, non è assolutamente vero, essere diversi non significa vestirsi in controtendenza o far finta di essere comunisti sognanti o ancora sentirsi come quelli che non verranno mai capiti dalla gente. La normalità non compete alla moda, perché quest' ultima è spettacolo della pazzia che diventa normalità. La particolarità e soprattutto l' essere singolare e irripetibile deriva solo dal sentirsi inferiori a tutti, mantenendo quella resilienza, una volta la si chiamava forza d' animo, e tener vivo il sentimento che non è languore, non è malcelata malinconia, o struggimento dell' anima. Il sentimento è forza e vergogna (inteso dalla etimologia antica da vereor gognam cioè temere la gogna, la nostra esposizione pubblica). È meglio non pensare come i suonatori d'arpe, che dicono di amare la nostra generazione perché sappiamo dire noi. Nella moda il noi si ritrova nel consumismo sfrenato e l' "io" lo ha il direttore creativo, l' io esiste ma non perché si cura l' egocentrismo, ma perché si vuole essere fuori dal cerchio di chi non sente, ma soprattutto di chi ti derive e ti reputa nessuno. Solo il nessuno dà voce alla generazione del pugno chiuso e Mozart rientra in questo in grande modernità. "Preferisco l' abito che è ritenuto nulla, piuttosto che non volere niente". A Marco i complimenti per la sua affermazione e l'augurio di sempre più importanti successi.
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PUBBLICATO 25/06/2009
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