Il randagismo ad Acri haraggiunto dimensioni tali da produrre toni esasperanti e cittadini esasperati. Al punto che qualcuno ha pensato di ridurne la portata e di farlo ricorrendo al metodo più sbrigativo, cioè all'avvelenamento. L'episodio di circa una settimana fa rappresenta un ulteriore campanello d'allarme da non sottovalutare. Quanto accaduto è solo l'ultimo episodio di una vicenda che nel corso degli anni ha assunto i termini di un vero e proprio allarme sociale. Mute di cani sempre più numerose invadono le vie del centro, concentrandosi soprattutto nella zona dell'area verde del gazebo, frequentata anche da molti bambini. Di sera poi avventurarsi in unapasseggiata per le vie del centro diventa quasi temerario.
Il Comune fa sapere che se vengono avvistati cani dall'atteggiamento aggressivo verranno immediatamente trasferiti nel canile di Mendicino. Un trasferimento di gruppo sarebbe impensabile, anche perché diventa particolarmente oneroso per le casse comunali. Negli anni scorsi la comunità montana “Destra Crati” progettò la realizzazione di un canile comunale, ma non se ne fece più nulla.
Il compianto Giuseppe Tempesta, assessore all'Ambiente della giunta guidata da Nicola Tenuta, avviò l'anagrafe canina e procedimenti attraverso cui rendere sterili i cani randagi, in maniera da ridurre progressivamente il fenomeno. L'obiettivo era ambizioso, ma implicava due condizioni: un tempo relativamentelungo e lacollaborazione dei cittadini.
Quel che è certo è che il randagismo ad Acri ha raggiunto proporzioni allarmanti e i cittadini vorrebbero sapere dagli amministratori, non che cosa questi non possono fare, ma le soluzioni da mettere in atto per risolvere i problemi. E quello del randagismo è un problema.




Fonte: "Il Quotidiano della Calabria" del 18-05-2008.