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A singolar tenzone: contro una buona scuola preferirei una scuola buona

Foto © Acri In Rete
Angela Maria Spina
A Proposito dello spot sulla Buona Scuola... due parole voglio proprio dirle... Perchè questa storia della Buona Scuola l’ho marchiata a pelle .... dunque ho titolo fondato per poterne parlare...
Sono troppi insospettabili anni che ho sviluppato sulla Scuola buona un’idea plurale, aperta, audace forse anche utopistica (qualcuno mi fa notare!!)
La Scuola rappresenta appieno la prospettiva del mio interesse professionale e umano, punto di riferimento, che più spesso di quanto non si creda, riesce nobilmente ad assolvere alla sua funzione ed al suo ruolo specifico. Che talvota fatichiamo ad affermare ma non a riconoscere.
La Scuola è per molti di noi docenti, quella che conosce i segreti, le cicatrici, le parole, le risate dei suoi attori protagonisti cioè l’essenza intima e profondissima di alunni, docenti; solo dopo, un attimo dopo arrivano loro: i genitori.
Questa Scuola Buona, comprende l’ingegno, le interruzioni, gli alti e i suoi bassi, le intuizioni, quello che rispetta il tempo e quello invece che lo richiede più lungo; quello che lo fa disteso, lento, con ansia da prestazione, quello che cura il luogo e lo fa verde di natura, di alberi e prati, di camminate, di sentieri e percorsi insieme, per capire ciò che sembra conosciuto e ciò che non lo è, e deve invece essere scoperto, e forse anche conquistato.
La scuola che è dimensione praticante di credo pedagogico, di un investimento troppo importante per essere aggredito, denigrato e deriso anche da uno spot pubblicitario, che chiede al paese di fare Opinione, di dire la sua e concorrere a fare anche egli (“buon qualunque signor nessuno”), la buona scuola, fatta però –in questo caso - solo di parole vuote, di stereotipi nazional popolari che risultano cioè come: aria fritta!
Si. Avete capito bene...aria fritta!!. Perchè all’invito al convivio, avrei gradito altresì venissero chiamati a raccolta i dotti, gli eruditi e gli scienziati della materia, a dibattere e argomentare, non certo gli in-colti, e im-provvidi, Non specialisti della Non disciplina... Perchè sapete, se proprio ho da farmi curare, preferirei –comprenderete- sapere di affidarmi al meglio della cura e della ricerca “scientifica”. Poiché come si conviene la Scuola, e le Buone Idee sulla Scuola, possono averle solo coloro che la studiano a fondo, la ricercano approfonditamente e soprattutto coloro che la conoscono dettagliatamente e magari la fanno anche, non altri. Solo alle opinioni di costoro mi inchino riverentemente, non certo agli improvvisati critici dell’occorrenza argomentativa, a quelli strumentalmente indotti e spronati al sondaggio d’opinione, che di scuola proprio non ne Capiscono un amato Niente.
Si comprende troppo bene la ragione del coinvolgimento popolare: dare fiato alle trombe solo in funzione di un improponibile falso e meschino coinvolgimento, che non porterà a nulla se non ad un inutile spreco insignificante di fiato, che continuerà a scorrere placido sotto ogni ponte.
La Scuola – lo penso da tempo- richiede solo il coraggio di Buone scelte politiche e governative che nessun governo, nessun legislatore, è stato fin ora in grado di assicurare; e che “specialisti del settore” hanno già avuto modo di analizzare e “vivisezionare” ben a fondo, indicandone già da tempo, interventi opportuni, necessità e azioni specifiche di bisogni concreti: quelli cioè delle proprie energie gettate avanti, pro-gettate per qualcuno, per qualcosa, come i ponti costruiti per andare dall’altra parte delle nostre competenze e magari anche dei percorsi all’indietro, che se utili, permetterebbero di raggiungere sponde o approdi comuni, più sicuri e consistenti per la società del futuro prossimo venturo.
La scuola che riesce a collegare, per costruire, per andare a prendere chi non è in grado di attraversare i camminamenti, è quella che salva dal delirio di una realtà contraddittoria e schizzofrenica, da un mondo di adulti frenetico e ossessivo spesso disturbato... La scuola che Insegna a guardare osservare ascoltare il cielo, i tramonti, i fiori, i suoni, tutte le cose belle di questo magnifico creato, e su tutti i rapporti civili tra esseri umani.
Per me la Scuola Buona parla la lingua del coraggio, della passione, dell’impegno, arricchisce il vocabolario complesso della cittadinanza e delle rappresentanze nella realtà dell’oggi, quella che ne coltiva i pensieri, le emozioni e i sentimenti. E’sempre Aperta, Pronta e Autorevole. Ma da tempo sa di esserlo e compie questa sua funzione (dubitabilmente possibile) – anche se il premier – la scopre come conduzione dell’acqua calda.
Quella Scuola Buona crede in se stessa, nel suo compito fondamentale per la formazione dei singoli e della collettività, per la costruzione di un sapere condiviso, di una cultura e di una civiltà, in cui sa che c’è sempre posto per tutti, nessuno escluso, soprattutto per il più piccolo e “invisibile”...
Quella stessa Scuola Buona però, deve poter disporre – in concreto - delle risorse materiali e umane Migliori, perché il tutto può sempre realizzare ogni cosa, accogliendo presente passato e il futuro nelle classi ogni mattina; ma è incapace di rimandare a domani tutto quello che sa di poter fare nell’oggi.
La Scuola buona è quella che Insegna la Meraviglia, lo Stupore, la Bellezza e le Virtù dell’Intelligenza e della Solidarietà.
Quella che sconfigge le solitudini e paure grandi o piccole; quella che parla “strano” ma dice sempre con “chiarezza” ciò che pensa e conosce profondamente; la scuola che comunica con lo “straniero” o magari solo con chi le vive troppo al di fuori per comprenderne l’essenza; che talvolta erroneamente è alimentata anche dai vuoti e biechi preconcetti strumentali di frontiera, che si polverizzano tutti dietro le false barricate della apparente diffidenza; ma che sono sempre in grado di far apprezzare tutto il buono che c’è già o che vogliamo ritrovarci dentro, anzi che no.
La Scuola buona è quella fatta prima di tutto di magnifici Buoni Docenti (e ve ne è tanti!) quelli che cercano nuove parole e non sanno di averle già spese o inventate da tempo, inconsapevoli delle loro continue invisibili vittorie o dei relativi successi.
Noi Docenti sognatori apriamo la nostra casa nella nostra scuola, anche quando genitori ipercritici, urticanti e prepotenti, si oppongono e frappongono fra noi e i nostri ragazzi e la complessa attività pedagogica protesa verso il mondo. Anche quando quei genitori rifiutano ogni ragionevole collaborazione di buon senso e criticano col solo fine di distruggere (come non dovrebbero) e demolire ciò che non conoscono: ruoli, compiti e funzioni.
La nostra Scuola buona ha imparato a “giocare” col tablet ma continua a preferigli gli abbracci e i sorrisi che rendono sicuri. Quella fatta di Riconoscimenti verso chi conosce il valore della fatica e dello sfinimento, di chi lavora e si impegna – nonostante tutto - ogni giorno di tutti i giorni, ricercando la dimensione intima e insospettabile, dello studio e della ricerca, dell’applicazione professionale e umana, per farla progredire ed evolvere con passione e talvolta molta pena.
La Scuola buona è quella che sprigiona l’estensione e la profondità di ciò che si fa corpo, senza essere materia: quella che realizza un lavoro da cui non è possibile dismettere la funzione ed il ruolo dell’essere docente, sull’autobus ogni mattina, per strada, a casa, in quell’esercizio continuo di pensiero, che cerca sempre il come e cosa fare al meglio, per tutti gli alunni di ogni classe-universo.
Io sono docente di questa Scuola buona : La Mia, quella che ho sempre Saputo Praticare, Riconoscere e Mettere in Campo.
Conosco e non ignoro tutti i depositi difficili del sé, quelli inquieti e turbolenti di adolescenti variopinti, ma ancor di più quelle di giovani tristi o smarriti, resi cupi ed oscuri –anche- da famiglie scellerate, con cui ogni insegnante della comune Scuola buona si porta a calcolare vicinanze o distanze, soprattutto quando non si definiscono confronti, nei monologhi del dentro e del fuori i problemi e le relative povere soluzioni, che servono a misurare ogni giorno: assenze silenziose e insufficienze doloranti, talvolta anche senza alcuna possibilità di trasformazione, in orizzonti di infelicità esistenziali. Come quei piccoli significanti passi del venirsi incontro e scendere a compromessi- che folgorano- nell’accezione nobile e responsabile del termine.
Anche in questo caso dopo anni di insegnamento mi sento quella docente della scuola buona - ormai da tempo ho scelto di esserlo - in quanto tale, sono al servizio solo della mia propria coscienza, in presenza della mia conoscenza, del mio voler essere in relazione con i miei alunni, anche attraverso quel filo sottile e follemente tenace, che mi rende ciò che sono e non altrimenti quello che vorrebbero diventassi.
Per fare più giusta e adeguata la trama di tutte le storie di scuola che ripongo e voglio ritrovare in essa, che vivo e che voglio continuare a scrivere di questo mio ambiente naturale, anche come funzione della professionalità e soprattutto come sfida delle complessità intrinseche di questa difficile professione, che tutti continuano ad ignorare e non rispettare per meschina viltà.
La mia buona scuola è stata violentata da anni di precarietà irriverente, che mi ha concesso di conoscerne le più profondissime dinamiche malate ed oscure, ancora tutte da eliminare dal sistema. Quelle stesse che sotto forme e sembianze diverse continueranno a squalificarla e abbrutirla, depotenziandola nel valore e nelle dignità, contrattuali ed economiche, sociali e civili; ingannandola e continuando ad attrarla ancora attraverso le chimere delle turbolenze elettorali, che continueranno a riversarle addosso.
La mia Buona Scuola continua ad essere offesa e vilipesa ancora, anche , quando chiamano a raccolta gli incompetenti ad occuparsi di essa, su quello per cui in molti non avrebbero titolo ad esprimersi.
La scuola buona: è un bene annientato, è sempre saccheggiato da una politica sfacciata e arrogante; è sempre depredata nelle risorse, subisce Danni reiterati e guasti continui fuori da sè, con attacchi pervertiti alla consistenza della sua essenza, alla dignità dei suoi lavoratori, che come -in ogni settore- sanno di riuscire ad essere appassionati, tenaci e anche inesauribili, se solo riconoscono di volerlo, nonostante ne siano umiliate funzioni e specificità, in un battito di ciglia, sempre privati del rispetto, della dignità dei diritti o anche in quella dei propri doveri, procurando tutto ciò che serve e che continua a non esserci, o altresì concorrere a Non ottenere.
Nella scuola buona certamente non ci saranno solo tweet o pdf o numeri su registri elettronici che non sia possibile condividere online; ma nemmeno le consultazioni artefatte a crocette, che non sono roba seria, nè roba per vincenti; quì concorriamo solo ad alimentare sogni, aspirazioni e talenti, non solo di chi può permetterseli, ma soprattutto di coloro che non ne hanno.
La Scuola buona non è un premio a punti per pochi, che si ottiene a risposta esatta, è una scuola che non compete, non separa, non pratica la gogna, non mette gli uni contro gli altri, non arma, ma armonizza, pacifica e riesce a far convivere. E’ Pacificamente Rivoluzionaria - sarebbe facile chiarirlo - Riconoscendo lo Status ai suoi buoni docenti, tutti quelli che magari silenziosamente dimostrano di esserlo nelle nebulose di un meccanismo artefatto e stritolatore, lui sì confuso.
La buona scuola può essere solo un pensiero positivo, una visione di migliore presente possibile, che serve a pervadere solo chi ne resta fuori da essa senza cognizione alcuna. E’la pratica di chi vuole realizzarla insieme, ma non Deve respingerla con intolleranza, pregiudizio, talvolta arroganza o peggio ignoranza.
Sarebbe già scuola buona quella degli scatti di dignità dei docenti, degli scatti di merito dei buoni ed appassionati; è già buona scuola quella che apprezza i gufi come i saggi del sapere e del silenzio, capaci di vedere oltre la notte di questo nostro cupo tempo presente, ove si demolisce solo per incapacità di recuperare, con troppe chiacchiere, solo purparlé, smarrendo tutto il sano buon senso, per rincorrere false chimere.
La buona scuola da sempre sa ascoltare e fa parlare, ma soprattutto sa concretizzare con conseguenzialità, perchè ci crede nella forza delle parole, ma molto di più crede nelle buone idée e quella del Rispetto potrebbe essere la prima.
Francamente mi piacerebbe che quella oscena campagna d’informazione sulla buona scuola, promossa dal Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca possa avere fine, con buona pace della scuola vera.

PUBBLICATO 06/11/2014





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