Mediterraneo Minaccia o Opportunità
Angela Maria Spina
Il Premio Padula – patrimonio culturale della città di Acri e della intera regione –
nell’edizione 2013 ha scelto di connotarsi come già accaduto nelle precedenti edizioni per
spessore, respiro e alta valenza culturale. La stessa che in un momento storico come
quello che stiamo attraversando, diventa ossigeno dell’iniziativa, dei contenuti e
dell’impegno civile.
In un difficile momento storico come quello che stiamo attraversando, in cui gli interessi economici esasperati e sempre meglio ingigantiti prevalgono sulle relazioni fra uomini e popoli, che invece millenni di storia hanno confermato; parlare di mediterraneità è sembrata quasi una provocazione, poiché c’è chi sostiene la superiorità di civiltà su altre e tratta gli individui come “animali da fatica”; o chi guarda a quel solco di terre e di mare con falso perbenismo di circostanza. Il paradigma concettuale della mediterraneità ad Acri invece è stato sovvertito con la VI° edizione di un premio nazionale dal respiro internazionale, evento storicizzato e prestigioso. Il Mediterraneo “via d’acqua” e nel contempo “mare di terra” interessato a viaggi, commerci, pesca e guerre, tema dell’edizione 2013, è diventato ossimoro attraverso cui guardare, raggiungere e toccare i non luoghi interiori di vite, storie e vissuti, cristallizzate nella sofferenza e nel disagio. Il prodigio lo ha fatto una Fondazione culturale intitolata a “Vincenzo Padula” che oltre il solco della retorica e del tappeto rosso, passerella di volti e nomi noti e popolari quest’anno Ben Jelloun, Pupi Avati, De Sica, Jacona, Papaleo, Ravera. Hanno indagato il tema suggestivo del “Mediterraneo interrogandolo come Minaccia o Opportunità” complici intellettuali cineasti, studenti e una regione intera, coniugando l’idea della medialità o mezzanità all’interazione storica di individui e vite umane, nel solco di strade, speranze, sogni e radici esistenziali, di donne uomini e bambini, al tema dell’effettivo godimento dei diritti. La mediterraneità ha assunto un significato valoriale preciso e inequivocabile: opportunità di confronto e arricchimento, relativizzando la centralità contro le ragioni dell’indifferenza, in un viaggio di conoscenza, occasione per scegliere se continuare a guardare questa latitudine geografica con occhi nuovi, oppure disarcionare convinzioni pregiudizievoli. L’assonanza semantica tra mediterraneo e medialità richiama il significato di accoglienza e inclusione, delineando un dentro come luogo della mediazione dell’intelligenza e dello scambio; e un fuori luogo della diversità, thesaurus ovvero riserva della diversità. Il realismo della ragione impone di guardare al mediterraneo come ad un "cimitero liquido" che richiede ad esempio una revisione organica della legislazione nazionale e delle direttive europee, che faciliti l’ingresso legale dei migranti e dia asilo ai profughi. Pensare dunque alla dimensione della mediterraneità come ad una sorta di "cittadinanza politica" dalla quale far discendere la trasposizione del concetto di Autonomia individuale e collettiva, è essa stessa mediterraneità: è destinazione verso cui si è orientata la riflessione acrese a tutto tondo, come "forma di uguaglianza umana fondamentale, connessa al concetto di piena appartenenza ad una comunità il cui contenuto sono i diritti". Sicuramente nell’era globalizzata l’identità non ha un volto preciso, si articola in mille sfaccettature; ma il riconoscimento che gli individui hanno e debbono avere, rimanda al tema della Dignità, quella cioè che è una proprietà intrinseca che si attribuisce a tutti gli individui in quanto persone, che trova nello scambio linguistico e nella interazione dialogica, una soluzione di reciprocità equilibrata che può riferirsi a tracce storiche filosofiche e antropologiche precise, ancora da sperimentare e scegliere. Il Premio Padula ha concorso ad affermare l’essenza profonda della mediterraneità, tentando di sintetizzare nel riconoscimento dei bisogni dei profughi e dei disperati del mondo, all’ interesse ed all’attenzione che ne è cifra e misura di drammi umani che siamo stanchi di vedere consumare a ottanta metri nel fondo al mare. Che sia necessario trovare una base democratica, che funzioni come garanzia per realizzare un’”integrazione differenziata”, cioè destinata alla sempre maggiore differenziazione, è con ogni evidenza un compito specifico di un’ idea “altra” di Integrazione madre di tutte le questioni che si legano al mediterraneo. Spetta certamente alla macchina della politica, il compito di favorire quell’integrazione adeguata che è ossigeno e sintesi alla conciliazione delle visioni del mondo, ma che spesso gli individui i singoli o le comunità riescono a trasformare in coesistenza di complesse forme di vita culturali, etniche, sociali, nelle quali talvolta si armonizza o concilia l’inclusione e l’eguaglianza nel “buon senso della civiltà” cioè un attimo prima che arrivi la politica. Sperimentando o praticando la scoperta della diversità e della laboriosità come risposta e beneficio della convivenza quotidiana, ben prima che siano fatti decreti o provvedimenti legislativi, è più facile saper trovare un modo adeguato e magari anche efficace, per riempire di senso la mediterraneità, come continua ad avvenire alle nostre latitudini calabresi e siciliane, là dove invece la cecità della politica si rivela fallimentare. Forse basterà cominciare dal Risemantizzare il concetto di mediterraneo per inventare parole nuove con le quali spiegare chiarire e comprendere questo “universo del sud del mondo” fatto di odori, colori, suoni e vite, che reinterpretano il suo valore originario e profondissimo, per costruire una traccia sulla quale incidere una nuova storia possibile per l’umanità intera. |
PUBBLICATO 12/11/2013
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