Già altre volte, nella nostra attività critico-letteraria, ci siamo occupati delle opere di Giuseppina Aiello, prolifica poetessa-scrittrice cosentina, e il giudizio che sempre ne abbiamo tratto è quello di un'autrice dalla spiccata sensibilità ispirativa e di una linearità espressiva non comune.
Recentemente, per i tipi della Casa Editrice Menna, ha licenziato una nuova e per certi versi originale fatica letteraria: "L'handicap vissuto dentro e fuori una famiglia cosiddetta normale", lungo racconto di evidente sapore autobiografico, in cui oltre a ribadire le peculiarità ispirative ed espressive di cui si è detto, ci rappresenta una realtà, quella dell'handicap, che si instaura all'interno di una famiglia cosiddetta normale - come peraltro recita il titolo - ma le cui problematiche vanno ben oltre il luogo comune e le frasi fatte che siamo abituati ad ascoltare, per abbracciare la sfera più intima dei sentimenti, che realmente conosce chi li vive in prima persona.
Appunto, la presenza di un portatore di handicap in una famiglia dall'apparente normalità, muove considerazioni di tipo logistico (la cura, l'assistenza, il conforto psichico e fisico), ma anche di tipo squisitamente affettivo, dove il soggetto, per una ragione quasi di compensazione, viene gratificato, almeno nelle famiglie di più spiccata sensibilità, di un amore ben superiore a quello che solitamente si prova verso gli altri componenti della famiglia; ed è spontaneo e meraviglioso nello stesso tempo, quantunque possa incorrere nel rischio di generare nel soggetto una frustrazione ancora più profonda.
Ecco allora che le problematiche dell'handicap non sono di facile interpretazione, nonché di scontata soluzione, come ci si vorrebbe far credere. L'autrice in questo toccante racconto ci accompagna nel percorso evolutivo del soggetto portatore di handicap, 'Ndonio, l'amore di cui è circondato, le cure assidue che gli vengono prestate, il suo desiderio quasi ossessivo di essere normale e rendersi autonomo, fino alla sua immatura scomparsa, che lascia nella famiglia un solco talmente profondo che, pur a distanza di tanti anni, non si è più colmato.
Via dalla retorica e dalle frasi fatte e scontate, il racconto di Giuseppina Aiello si dipana con lo stile che le è proprio: semplice, lineare, discorsivo, mondo da fronzoli e arzigogoli, questi ultimi anche troppo spesso ricorrenti nelle opere di noti e meno noti autori, che anziché rendere la lettura gradevole e di facile acquisizione mnemonica, di contro l'appesantiscono e la rendono a volte perfino aliena al comune lettore.
Ed è la dote che maggiormente riconosciamo all'autrice, che in questa opera ce ne fornisce una nuova e più concreta testimonianza, ancor più se consideriamo la delicatezza dell'argomento, dove sarebbe facile sconfinare e adagiarsi alla retorica: cosa che invece lei rifugge e tantomeno vi si compiace.