Intervista Letto 2329  |    Stampa articolo

Intervista ad Anna Rosa Macrì vincitrice del premio "G. A. Arena".

Roberto Saporito
Foto © Acri In Rete
Anilda Ibrahimi, per la narrativa con “Rosso come una sposa”, Michele Sovente, per la poesia con “Bradisismo” e Anna Rosa Macrì, per la saggistica con “L’ultima lezione di Bagi” sono i vincitori della sesta edizione del premio nazionale letterario “Giuseppe Arena” tenutosi ad Acri. Il riconoscimento speciale, riservato ad una personalità della cultura che si sia distinto negli ultimi anni, è andato, invece, a Sergio Zavoli. Dunque, per la saggistica la premiata è stata la Macrì, voce e volto noto della Rai calabrese.

Perchè ti è venuto in mente di scrivere questo saggio?
Vedi, io mi definisco una giornalista fuori campo, perché credo, come mi ha insegnato il mio maestro Biagi, che siano i fatti i veri protagonisti delle notizie, delle storie, delle inchieste, e non noi giornalisti, che siamo soltanto i testimoni. Ma durante la realizzazione di Rt, Rotocalco televisivo, la rubrica di Raitre che ha segnato il ritorno di Biagi in tv dopo il cosiddetto editto bulgaro, ho capito che era Biagi, la nostra redazione, il nostro lavoro che andava raccontato. Basti dire che lo studio televisivo di Rt era in casa Biagi, dentro la stanza delle bambine, la stanza cioè delle sue figlie e che lui, a 87 anni era emozionato come un ragazzino a lavorare di nuovo con la sua vecchia redazione. Insomma, avevo il dovere di raccontare.

A chi è rivolto l'ultima lezione?
A chi ha amato Biagi, e sono tanti, e a tutti i ragazzi che vogliono fare il mestiere di giornalista. E a tutti i Calabresi, perché c’è molta Calabria, dentro il libro.

Nel testo ci sono richiami alla vita professionale e privata di Biagi. Come l'hanno presa i familiari?
Oh, benissimo. Bice Biagi è stata mia compagna di lavoro a Rt-era ieri ed è diventata una delle mie migliori amiche.

E adesso ti senti più giornalista o scrittrice?
Mi sento una che sa scrivere.

Per tanti anni hai lavorato in Lombardia. Quali le differenze tra il modo di fare giornalismo lì e in Calabria?
Tutto il mondo è paese, non ci sono isole felici, ma il modo di lavorare della Rai milanese, il paragone lo faccio adesso con la Rai romana, mi assomiglia molto. E’ rigoroso e intransigente. Si è amici prima e dopo il lavoro. Durante, non si fanno sconti a nessuno. Lasciami dire però che i tecnici Rai di Cosenza sono straordinariamente bravi.

In una parte del libro hai scritto che questa regione ti ha lasciato partire? Perchè?
Io sono spesso partita da questa regione per fare il mio mestiere da un’altra parte. Un po’ per gusto, mi definisco una giornalista navigante, nel libro ma qualche volta per necessità. Questa è la regione delle appartenenze. Se poi la aggiungi alla Rai delle appartenenze… Io non appartengo a nessuno. Sono sempre stata una di sinistra, ma non ho padroni né padrini. Va benissimo finché sei un’operaia dell’informazione. Quando per esperienza, o per età, o, perché no per meriti, ma so che merito è una parolaccia, ma io la dico lo stesso, potresti fare di più, se non appartieni, sei un tipo strano e capisci di essere ingombrante. Roba di ieri. Adesso, non m’interessa più. Ho poco tempo davanti, tanto da scrivere, e soprattutto tantissimo da leggere.

Biagi diceva che i calabresi hanno testa. Sei d'accordo?
Sì, sono d’accordo. Ho girato moltissimo per il mio lavoro. Conosco la Calabria paese per paese, viottolo dopo viottolo, e conosco molto anche dell’Italia. I Calabresi sono davvero straordinari. E in Calabria, posso dirlo, c’è una zona in cui sono straordinarissimi, per intelligenza, ironia, profondità. Nel bene e nel male. E’ la Locride.

Un pregio di Biagi e un suo difetto
Il pregio è l’onestà intellettuale, l’essere “perbene” come uomo e come giornalista. Il difetto? Aveva delle spigolosità nel carattere, una certa incapacità di essere diplomatico, di fingere. Ce l’ho anch’io e non so se è davvero un difetto, certo può renderti la vita difficile.

Perchè biagi aveva tanta fiducia in te?
Perché aveva occhio per chi apparteneva alla sua razza. Lascia perdere la sua genialità di giornalista, inarrivabile… lui sentiva che ero, che sono una “perbene”. Io non baro con la gente, mai, ne ho grande rispetto. Ma per qualcuno ho grandi antipatie. Lui diceva: è nostro dovere non piacere a tutti. E dunque è nostro diritto che non tutti ci piacciano.

E cosa ti è rimasto dopo questa lunga ed importante esperienza?
La consapevolezza di avere avuto una vita professionale, dunque una vita, privilegiata, di essermi divertita, appassionata, emozionata. Ho viaggiato, ho conosciuto, ho imparato. Ho aggiunto, come lui diceva “una virgola al mondo”. Non è poco
Vedi, sono stata la curatrice de “Il fatto” (Raiuno, sei milioni di telespettatori a sera), di “Rt- Rotocalco televisivo” e di “Rt-era ieri”. Non ho fatto in Rai un briciolo di carriera, ma ho un bagaglio professionale e umano che non ha prezzo e che nessuno può toccarmi.

Da poco è partito “Buon giorno regione”. Quale l'obiettivo?
E’ una trasmissione d’informazione rivoluzionaria. Intanto la Rai ha investito sulle realtà regionali mettendo sul tavolo lo stesso budget e lo stesso modello produttivo a Nord come a Sud, nelle regioni forti come in quelle deboli. Non è poco in tempi di Lega al governo. E poi è una trasmissione che si occupa davvero della gente. Niente notizie istituzionali, a parte le finestre sul tiggì, naturalmente, niente faccioni di sindaci o assessori, niente microfoni aperti sul politico più o meno amico. Buongiorno regione dà spazio alla cosiddetta informazione di prossimità, i problemi che interessano la gente, che riguardano la vita quotidiana delle persone. Sai come diceva Biagi? Alla gente interessano tre cose: salute, soldi e amore. Aveva ragione.


PUBBLICATO 02/02/2009

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