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Zavoli: se il partito me lo chiede, accetterò l'incarico.

Roberto Saporito
Foto © Acri In Rete
No, per carità, di Rai non ne voglio parlare.” Ma poi, incalzato dal cronista, cede. Con molta eleganza e un pizzico di voglia di dire come stanno veramente le cose. Sergio Zavoli si trova nella cittadina silana per ritirare il riconoscimento speciale nell’ambito del Premio Nazionale letterario “G. Arena”, dedicato al letterato, scrittore e docente acrese morto nel 1995 all’età di sessanta anni.
In quella che si rivelerà una vera e propria lezione magistrale, Zavoli parla di tutto; politica, cultura, mezzogiorno, economia.
Ma di Rai, o meglio di presidenza della commissione di vigilanza, non en vuole sapere. Solo al termine del suo intervento, e dopo una meritata standing ovation, affrontiamo l’argomento. E lui, ammette, che lo fa per la prima volta da quando si è fatto il suo nome. Grazie, Calabria Ora ne sarà fiero.

 
Dott. Zavoli la posso chiamare presidente?
Mi chiamano tutti così ma si riferiscono a quando ricoprivo il ruolo di presidente della Rai.
 
Veramente intendevo presidente della commissione della vigilanza.
Ne parlo oggi per la prima volta. Guardi, sono stato tirato in ballo all’improvviso e senza essere stato coinvolto.
 
Come andrà a finire?
Sono anche un uomo di partito ( Pd, ndr ) e come tale sono a disposizione.
 
Quindi accetta?
I miei programmi alla soglia degli ottanta anni erano diversi.
 
Cioè?
Dopo anni di radio e tv e un po’ di politica volevo fermarmi per riposare e riflettere su cosa avevo fatto nella mia vita. Credo che ognuno di noi ad un certo punto debba fare questo.
 
Perché, allora, il ripensamento?
Ripeto, se mai il mio partito mi chiederà di fare il presidente della commissione di vigilanza non mi posso tirare indietro. Però che si sappia una cosa.
 
Quale?
Non voglio calpestare i piedi a nessuno e non posso fare la figura del ridicolo. Nei mesi scorsi ci sono andato vicino.
 
Le piace la tv attuale?
Troppo spettacolarizzazione, troppo sangue. I tg dovrebbero anche indagare perché milioni di persone nel mondo sono ancora senza elettricità.
 
Cosa salva?
Può sembrare strano ma la vedo poco ma i programmi di attualità sono i soli a meritare la sufficienza.
 
Quali caratteristiche deve avere il cronista o il giornalista?
Intanto quanto più è bravo quanto più sarà breve. Quando un giornalista inizia a essere antipatico a qualcuno allora significa che sta facendo un ottimo lavoro ma alla base deve essere colto, sensibile, affabile e un po’ inventore.
 
In che senso?
Deve raccontare le cose che vede ed anche quelle che non vede ma senza farsene accorgere. Le racconto un aneddoto. Durante i funerali di Einaudi io ero il coordinatore dei collegamenti che ad un certo punto sono saltati. Sono stato capace di intrattenere i radioascoltatori inventandomi di tutto. Ci sono riuscito perché mi sono spogliato della vergogna e perché sono stato bravo ad avvicinarmi alla realtà.
 
Ma il giornalista deve esser obiettivo, però.
No, deve raccontare le cose dal suo punto di vista senza farsi influenzare. Lo diceva anche il grande Biagi.
 
A proposito quale erano i rapporti con lui?
Ottimi, ci sentivamo ogni mattina e poi chiamavamo Fellini.
 
Perché ha scelto di fare politica.
Semplice, perché mi stavo accorgendo che i comici stavano impadronendosi della politica. E questo non lo posso accettare.
 
Senta, ma questi premi servono o sono solo passerelle?
In realtà come queste hanno un alto significato. C’è voglia di emergere, di riscatto di non assuefarsi, di non gettare la spugna. Avanti Calabria.

PUBBLICATO 26/01/2009

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