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Virtuosi, non virtuali.

Sac. Sergio Groccia
Foto © Acri In Rete
Viene quasi da scusarsi a parlare oggi di virtù: roba da preti, moralismi antiquati, diranno molti. Eppure di virtù hanno parlato fior di filosofi non cristiani. Di virtù cardinali, che sono come le strutture portanti dei nostri comportamenti dalle quali come da un albero si diramano rami e rametti, parlò un filosofo d'età non cristiana, Platone, nella sua opera Repubblica: e cioè Prudenza, Giustizia, Fortezza, Temperanza, quasi punti cardinali per l'orientamento della vita. E siccome tutto ciò che è seriamente umano è già cristiano, le quattro virtù cardinali sono entrate anche nel catalogo delle virtù cristiane con tutte le loro derivazioni comportamentali: obbedienza, pazienza, onestà, lealtà, veracità, magnanimità, sobrietà, umiltà, perseveranza, solidarietà, semplicità... e così via, tutte riconducibili a una virtù-madre e opposte a quei vizi capitali e mortiferi che sono: superbia, avarizia, lussuria, ira, gola, invidia, accidia (dal greco akedia "disinteresse","negligenza" "indifferenza").. Sono "virtù difficili", ovviamente, che richiedono un profondo serio prolungato lavoro di conoscenza di sé e di lotta continua e motivata contro le devianze. E tuttavia, se si lotta seriamente per conquistarle diventano facili e gratificanti. Occorre educare i giovani alla lotta e non mortificarli con mete mediocri. Urge una virtù virtuosa, ovviamente, non una virtù virtuale, inesistente.
D'altra parte l'aver aperto le porte ad una vita trasgressiva in nome d'una libertà senza remore, senza più quell'autodisciplina che rende facile la virtù e gradevole la vita soprattutto nelle relazioni con gli altri, sta procurando i dissesti sociali che tutti lamentiamo. Amo dire che "se uno pensa d'essere un martello, gli altri saranno sempre chiodi da battere": e cioè se ritiene d'aver sempre ragione e non impara le vie dell'umiltà, della pazienza, del perdono, della riconciliazione..., le ribellioni cresceranno, le famiglie si spaccheranno, regneranno l'arroganza e la presunzione... I cosiddetti "valori" (e cioè le cose che valgono sempre, a prescindere dai capricci) sono sempre più declamati e sempre meno vissuti e promossi.
Urge tornare all' educazione, alla formazione, a cominciare dall'interno della famiglia, della scuola, dalla chiesa , delle strutture ricreative, se si hanno ancora a cuore i figli.
Urge la collaborazione piena di tutte le agenzie educative.
Torniamo ad educare! È l'urgenza più urgente, dal momento che la mala educazione ha raggiunto livelli pesanti di intollerabilità. E non parlo neppure di educazione cristiana, ma già solo di educazione umana, ragionevole, fatta di rispetto e di legalità.
Dico provocatoriamente: "Torniamo a Pinocchio!", il burattino della borghesia ottocentesca che imparò ad essere uomo con l'aiuto del grillo parlante e della fatina, fuggendo le insidie di Lucignolo e del gatto con la volpe!
C'è chi parla ormai di "catastrofe educativa", mentre l'educazione è primaria e fondamentale, poiché l'umano si genera mediante l'atto educativo! C'è crescente difficoltà nel trasmettere alle nuove generazioni i valori-base dell'esistenza e di un retto comportamento. E quel che si dice dei processi educativi dell'umano nei giovani deve dirsi ancor più dello spirituale e del religioso, anzi della fede. I vescovi italiani nella loro Nota pastorale dopo il Convegno di Verona invitano ad accettare questa "sfida educativa", chiedendo "un rinnovato protagonismo", anzi "un investimento educativo capace di rinnovare gli itinerari formativi".
Il tempo presente è straordinariamente favorevole a nuovi cammini.

PUBBLICATO 12/02/2008

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