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CATERPILLAR, ovvero come si guida un cingolato.

Domenico Gallipoli
Foto © Acri In Rete
In un qualsivoglia dibattito politico, a cominciare da quelli che si accendono nelle più blasonate trasmissioni televisive, andando a finire ai discorrimenti più caserecci che si consumano nel breve spazio che va dalla piazza dell'Annunziata al contiguo Bar Silano, immancabilmente, inesorabilmente, puntuali come la cartella delle tasse, regolari come l'uscita dell'ultimo film di Harry Potter, si presentano invariabilmente due paroline magiche: qualunquismo e demagogia.
Non appena uno degli interlocutori manifesta e propone una possibile, pragmatica, attuabile, soluzione ad uno degli innumerevoli problemi che affliggono la società contemporanea, viene inequivocabilmente accusato di fare demagogia. Conseguentemente chi crede in soluzioni facili, di semplice attuazione, sicuramente un tantino ingenue, ma per le quali manca concretamente, questa è la pura verità, la volontà di metterle in atto, inevitabilmente, al toccare i tasti dolenti, viene portato per forza di cose ad essere consapevolmente sfiduciato verso le istituzioni e chi le gestisce, porgendo il fianco così scoperto all'abile avversario che non perde occasione per bollarlo come qualunquista.
Pertanto il politico esperto, prima di esporre il proprio pensiero, manifestare le proprie idee ed esternare la sua volontà, mette in atto un comportamento che gli permetterà, se non altro, di riuscire a parlare qualche minuto in più ed avere così maggiore "visibilità" mediatica. Questo meccanismo di difesa sintetizzato nell'enunciato acrese mi jettu avanti pe' u cadiri si concretizza nelle parole del dibattitore di turno che inizia così l'enunciazione del suo pensiero:
- Premetto innanzitutto che non voglio fare della demagogia e bla bla bla…-
Questi due sostantivi, qualunquismo e demagogia, funzionano né più e né meno come i freni dei mezzi cingolati. Spingendo una leva e tirandone un'altra, il mezzo sterza a destra o a sinistra a seconda di come abbiamo agito sui comandi. Se le molliamo tutte e due il mezzo va avanti dritto, se viceversa le tiriamo a noi il veicolo si arresta. Parimenti accade nel discorso politico. Si può dirottarlo in una direzione o nell'altra non appena esso prende una piega pericolosa, mollarlo o bloccarlo del tutto con il sapiente utilizzo di queste due magiche parole. E queste parole magicamente appaiono proprio nel momento in cui si comincia a parlare di possibili tagli allo stipendio dei politici...
Ma se non diamo una definizione di ciò che è o dovrebbe essere la politica non riusciremo mai a comprendere fino in fondo.
L'arte di governare i popoli è la definizione "scolastica" di politica ma, se consultiamo Wikipedia, troviamo questa più consona spiegazione: "Politica è quell'attività umana, che si esplica in una collettività, il cui fine ultimo, da attuarsi mediante la conquista e il mantenimento del potere, è incidere sulla distribuzione delle risorse materiali e immateriali, perseguendo l'interesse di un soggetto, sia esso un individuo o un gruppo."
Ora mi sembra che abbiamo le idee più chiare e limpide come senz'altro le ebbe prima di noi Raoul Follerau che aveva ben compreso il significato della politica. Tuttavia egli non si abbandonò mai alla rassegnazione.
Nato in Francia nel 1903, colto e benestante, poeta giornalista e scrittore dedicò tutta la sua vita ai sofferenti del mondo, in particolare ai lebbrosi. Percorse 32 volte il giro del mondo, visitando 95 paesi, incontrando, avvicinandosi, occupandosi dei lebbrosi. Promosse iniziative originali come "L'ora dei poveri", chiedendo a ciascuno di devolvere almeno un'ora l'anno del proprio stipendio a sollievo dei poveri e nel 1954 fondò la Giornata Mondiale dei Lebbrosi affinché i malati di lebbra fossero curati come tutti gli altri malati, nel rispetto della loro libertà e dignità di uomini.
Tra il 1964 e il 1969 anima la campagna "Il costo di un giorno di guerra per la pace", rivolta all'ONU, cui aderiscono quattro milioni di persone in 125 Paesi chiedendo di far sospendere, per un giorno l'anno, le spese militari delle grandi e piccole potenze e di devolvere la somma a favore dei lebbrosi.
Raoul Follerau muore a Parigi il 6 dicembre 1977.
Durante la sua vita scrive messaggi ai grandi della Terra: al generale Eisenhower, presidente degli Stati Uniti d'America, e a Malenkov, presidente del consiglio dell'Unione Sovietica. Sono appelli, senza tanti riguardi, rivolti ai capi delle superpotenze, alle loro coscienze.

Voglio riportare un frammento della prima lettera di Follerau ad Eisenhower e a Malenkov del 1954:
...quanto vi domando è così poco… Quasi niente…
Datemi un aereo, ciascuno di voi un aereo, uno dei vostri aerei da bombardamento. Perché col costo di questi due velivoli di morte, si potrebbero risanare tutti i lebbrosi del mondo. Un aereo in meno in ciascun paese, ciò non modificherà l'equilibrio delle vostre forze…
Voi siete i semidei di questo secolo. I semidei, una volta, li temevano, li ammiravano da lontano. Non ricordo che i popoli li amassero molto: erano troppo lontani… Così è di voi… Siete troppo lontani… E troppo lontani l'uno dall'altro.
Non credete che sia questa una bella occasione per fare qualche cosa?
Dieci milioni di povera gente, non è tutta la miseria del mondo. Ma è già una grande miseria.
Due bombardieri! E si avrebbero tutte le medicine necessarie per guarirli!
Il problema non ne sarebbe ugualmente risolto? Lo so. Ma datemi intanto due aerei: e vedrete come si schiarirebbe.
E quale speranza nascerebbe allora in milioni di poveri cuori che non saranno soltanto quelli dei lebbrosi…!
Per il momento, io sono l'unico a sperare. Ma spero tanto, così tanto che mi ascolterete, che voi finirete per ascoltarmi…

Chi dice di lavorare in silenzio non danneggia le nostre orecchie ma offende la nostra vista. Mozioni, appelli, solidarietà, sensibilizzazione, o piuttosto una diffusa strumentalizzazione?
Avremmo fatto volentieri a meno di un faccione in bella vista all'entrata del paese, come avremmo volentieri rinunciato a vedere su queste pagine, un "rettile cantante" alla vigilia del Natale. E c'è pure qualcuno che cade dalle scale...
Scrive Don Sergio:
"È un dramma, il Natale, è la storia di un Dio presente e di un uomo assente.
Non c'è proprio nulla da festeggiare, non abbiamo fatto una gran bella figura, la prima volta.
Natale è un pugno nello stomaco, una provocazione, un evento che obbliga a schierarsi.
"

I politici di professione non sono la norma, la maggior parte gode di un altro reddito. Per carità, non si vuole togliere il pane di bocca a nessuno ma, indubbiamente, davanti ai loro nomi ci sono vari titoli: avv., arch., ing., dott., prof.,etc
Quarantonove consiglieri regionali (Calabria), trentasette consiglieri provinciali (Cosenza), venti consiglieri comunali (Acri), più tutti i vari assessori, presidenti e sindaco.
Il gettone di presenza di un mese del loro mandato, la speranza di una bambina.

Demagogia? Qualunquismo? Forse.
Lo stipendio di un solo mese, pensateci...

Dal "Sole 24Ore" del 7 gennaio 2008
IL BALLETTO DELLE INDENNITA'
Alla Camera gli stipendi dei deputati non aumenteranno. Il presidente Bertinotti lo ha fatto sapere alcuni giorni fa, dopo che si era sparsa la voce di un possibile adeguamento alle indennità percepite dai colleghi di Palazzo Madama, il cui stipendio era già lievitato prima della Finanziaria di 200 euro lorde mensili. Una disparità che per legge e per molti deputati andrebbe colmata ma che vede opporsi il presidente Bertinotti e altri onorevoli che, anzi, rimbalzano al Senato la soluzione del problema chiedendo che sia la diaria di Palazzo Madama ad essere abbassata. Insomma un balletto di cifre e decisioni che bla bla bla bla bla bla...

PUBBLICATO 10/01/2008

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