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Semiologia di una bara.

Maurizio Garotti
Foto © Acri In Rete
Il rinvenimento di una piccola bara con la croce rivolta verso l'abitazione dell'ex vicesindaco Ottone Martelli, inaugura una nuova era nella storia politica di Acri. Un'era pericolosa e insidiosa, che potrebbe creare una frattura tra ciò che è il paese e ciò che sarà e, soprattutto, potrebbe rendere necessario un aggiornamento dei codici di lettura usati per capire e valutare l'attività politica di un individuo e di un'intera amministrazione comunale.
Non so che macabra, folle e meschina (per non dire vigliacca) soddisfazione può provare colui (o coloro) che ha collocato la bara di legno tra due cassonetti dell'immondizia a cinque metri dalla casa della famiglia Martelli, ma la prima domanda che mi faccio è: perché metterla in mezzo ai due bidoni per rifiuti e non direttamente davanti casa o nell'imminenza di essa?
Un gesto di questo tipo, che ricorda tanto le intimidazioni proprie della Mafia, richiede una lettura semiotica, intendendo con ciò una lettura in base ad un codice comprensibile nell'ambito di una comunità o di un gruppo sociale e politico ristretto.
Il sig. Martelli dichiara che l'azione "costituisce presumibilmente un grave atto intimidatorio nei confronti dell'attività politica" da lui svolta; ma allora chi meglio di lui può decifrare l'anima del messaggio racchiuso in quella bara? Perché Martelli con la sua affermazione fa di questo macabro gesto un segnale non tanto gratuito, ma lo presenta come l'estrema ratio, l'ultima via per creare ombre e domande intorno all'attività di colui che occupava un Assessorato importante come l'Assessorato al Bilancio e, ora, è esponente di Missione Sviluppo? A quale attività politica dell'ex vicesindaco è da indirizzarsi la bara: ai resti dell'amministrazione comunale o alla nuova famiglia partitica del Martelli?
L'interpretazione del gesto può portare a varie e diverse spiegazioni, ma il clima politico si sta surriscaldando, alcuni equilibri creati in questi anni di governo del centro destra sono saltati; che poi fossero equilibri di potere talmente instabili perché fondati sull'enorme impiego di risorse finanziarie per lavori pubblici di dubbia utilità e privi, quindi, di una forte base ideale e culturale, è un altro discorso; ma ora qui mi interessa capire cosa sta mutando nella vita politica e nel linguaggio politico locale.
Il filosofo statunitense Charles Morris diceva che i segni possono venir studiati da tre diversi punti di vista:
  1. quello semantico, che non sarebbe altro che il rapporto dei segni stessi col referente (il referente nel nostro caso non è solo l'avv. Martelli, ma tutto il contesto politico che le recenti elezioni provinciali hanno mutato);
  2. quello sintattico, cioè nel rapporto di combinazione reciproca tra referente e segno stesso, nonché con chi ne fa uso;
  3. quello pragmatico, intendendo con ciò il rapporto del segno con chi ne fa uso (nel nostro caso l'autore del gesto che ci è ignoto).

Ora questi tre punti di vista sono concatenati, fino al punto da creare una lettura non univoca, ma di certo inquietante: il gesto/segno macabro di cui è indubbia l'intenzione fortemente comunicativa, è maturato nel momento in cui alcuni equilibri di partito sono mutati, e sono venuti a mancare anche alcuni punti di riferimento (punto di riferimento era l'avv. Martelli, per chi lo era non azzardo immaginarlo!).
Il rapporto di combinazione reciproca tra contesto politico, mutazione degli equilibri di potere e mancanza di punti di riferimento per altri gruppi di potere è evidente e, se si parla di potere (di giunte che potrebbero non essere riconfermate alle prossime elezioni amministrative, di gruppi massonici che pensavano di fare il pieno alle elezioni provinciali rimanendo, però, delusi dal risultato) il panorama non è dei migliori.
Sul terzo punto, cioè il rapporto del segno con chi ne fa uso, non possiamo che collocare l'autore del funebre gesto, tra gli stupidi, a meno che l'avvocato Martelli non sia a conoscenza del codice di decifrazione del gesto stesso e, se così fosse, ci farebbe piacere conoscerlo.
Ma resta la prima domanda a cui non trovo risposta: perché porre la bara in mezzo ai due bidoni per rifiuti e non direttamente davanti casa? A cui si aggiunge un'altra e meno misteriosa ipotesi: qualcuno aveva questo funereo sopramobile in casa e ha deciso di sbarazzarsene e, venendo meno alle direttive comunali che impongono regole precise per eliminare rifiuti ingombranti, ha deciso di metterla adagiata tra i cassonetti di raccolta dei rifiuti urbani.
La cronaca del fatto è chiara, c'era questo luttuoso oggetto tra due cassonetti dei rifiuti in via Domenico Mauro che, poi, a cinque metri abiti la famiglia Martelli può essere un particolare importante per creare polveroni…o no?


PUBBLICATO 28/6/2004

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