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La pentola vuota

Foto © Acri In Rete
Filippo Gallipoli
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In molte situazioni è impossibile dire la verità senza risultare odiosi o irritanti. Chi sollecita la nostra opinione, in genere, si aspetta una menzogna, soprattutto quando è richiesto un giudizio sulla propria opera, letteraria o artistica che sia. In tal caso possiamo usare la “pietà del silenzio” o essere magnanimi oltre il dovuto, ma non possiamo desistere dal dire la verità sul complesso delle istituzioni che regolano la nostra vita sociale. Se mentire agli altri è disdicevole, mentire a se stessi è da imbecilli.
E’ per questo che abbiamo apprezzato e spesso condiviso le opinioni di chi evidenzia, in verità con moderazione, atti contrari ai principi di giustizia. Quando questi interventi mancano e sui muri non appaiono più scritte di protesta, ma solo frasi sgrammaticate su improbabili amori e deliranti passioni sportive, allora la società mostra segni di decadenza e povertà di pensiero.
Siamo dalla parte di quelli che “osano” esprimere la propria opinione, con quelli che si “associano”, con i “presidianti” (subito sedati, per carità!). Ascoltare le ragioni degli altri è segno di “onestà intellettuale” che può anche portare consensi elettorali quando non è solo una locuzione alla moda.
A proposito qualcuno ha chiesto: “Dove sono finiti gli intellettuali?”. Pensiamo che in Acri ci siano tanti, giovani e non, che usano l’intelletto e coltivano interessi culturali non meno che altrove.
Gli intellettuali acresi, negli anni ‘70/’80 sono stati infamati e calunniati ma sempre presenti. Chiamarono in causa, tra l’altro, la “responsabilità dei sindaci in materia edilizia…”- hanno fatto la loro parte. Oggi tocca ad altri “accogliere e stimolare’” le nuove generazioni.
Perfino gli studenti, nella loro “timida protesta” ci sono sembrati esitanti e timorosi di “esporsi”.
Come li vogliamo questi ragazzi? Liberi e vigili o sottomessi e stupidi? Che si aspetta a dare ai giovani un luogo ove possano incontrarsi, riunirsi, “crescere insieme”? Ma, si sa, le aggregazioni “autonome” non sono mai state gradite, sono difficili da “controllare”.
Il consenso non si ottiene operando in modo sconsiderato, con sperpero del denaro pubblico, con opere disastrose e disastrate, con concessione di comodo, scelte inadeguate e acquisti incauti.
I musei si fanno si fanno con il contenuto qualificato, non con i contenitori fatiscenti. E’ inutile “mettere tanta carne a cuocere” quando c’è solo la pentola….Chi pensa che si voglia “attaccare” questo o quello si sbaglia di grosso. E’ fuori discussione, abbiamo già puntualizzato a riguardo.
E’ tempo che le amministrazioni, e chi per esse, riflettano a facciano “una narrazione esatta” del loro operato. Il nostro paese merita di più e di meglio.
Giuseppe Antonio Arena, sul cui nome si è “giocato” abbastanza, aveva preso le distanze da chi pensava a “santificare” il passato e “giustificare” il presente. Sul modello dell’intellettuale suggerito da G. Salvemini, lottava contro ogni ingiustizia sociale, ma, come tutti noi, non riconosceva a nessuna dottrina il monopolio legale della verità.
Peppino non avrebbe voluto vedere, oggi, le strade vuote, lo spegnersi delle luci, lo spegnersi delle menti.

PUBBLICATO 23/03/2016 | © Riproduzione Riservata





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