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La simbologia del cavallo e la cavalcata fantastica

Foto © Acri In Rete
Gaia Bafaro
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Presso le antiche civiltà, ogni essere vivente era considerato sacro e messo in relazione con il divino, in particolare gli animali erano oggetto di culto e si sviluppò la zoolatria a partire dal 3000 a.C, soprattutto presso gli egiz. Successivamente anche alle divinità umane furono associate fattezze animali , come ad esempio arti o teste caprine, e divennero così creature ibride, basti pensare alla Dea greca Ecate con tre teste una di cavallo, una di cane e l’ultima di rana. Numerose popolazioni avevano degli animali totem che, essendo meno inclini alla corruzione e ai difetti umani , li guidavano e proteggevano e di cui si potevano acquisire date caratteristiche incidendo la pelle del corpo e realizzando tatuaggi con le loro ceneri. Diverse creature sono state utilizzate per la chiaroveggenza e la divinazione, come fecero le popolazioni orientali, nordiche ed europee che erano soliti analizzare il fegato delle bestie sacrificate per predire il futuro ed entrare in contatto con il divino (epatoscopia). Nella cultura agreste, ancora oggi, vengono utilizzati amuleti e talismani derivati da animali o ad essi ispirati, mentre, nella cultura orientale gli antichi maestri di arti marziali hanno tratto spunto, dal loro comportamento, per fondare gli stili di combattimento (Tang Lang Quan, lo stile della mantide religiosa; Hequan, il pugilato della gru bianca; She Quan, lo stile del serpente;). Spicca tra tutti il significato attribuito al cavallo. La simbologia è quella solare, esso incarna l’energia pulsionale, pericolosa se si trova allo stato selvaggio, controllata se è addomesticato. È simbolo di inconscio, libido e della forza del desiderio, domarlo equivale a padroneggiare le forze interiori. Il cavallo è un alleato indispensabile all’uomo, accompagna i messaggeri divini, i guerrieri spirituali e i cavalieri, è presente sia sul campo di battaglia che nel lavoro, assume spesso funzione psicopompa guidando le anime dei guerrieri nel mondo ultraterreno. Numerosi sono i racconti mitologici e religiosi dove esso è presente: il cavallo di Troia che guidò i Greci alla vittoria; Pegaso, cavallo alato nato dal terreno bagnato dal sangue quando Perseo tagliò il collo di Medusa;i quattro cavalieri dell’apocalisse che incarnano la conquista militare (cavallo bianco, cavaliere con arco), la violenza e stragi (cavallo rosso, cavaliere con spada), la carestia (cavallo nero, cavaliere con bilancia) e morte e pestilenza (cavallo verdastro). Cavalieri dell'Apocalisse, xilografia di Albrecht Dürer (ca. 1497–98), cavalcano in gruppo, guidati da un angelo, per portare morte, fame, guerra e conquista militare. Il colore del destriero è fondamentale, solitamente il bianco è legato al bene ed il nero al male, ne è un esempio la battaglia nei miti persiani di Tishtrya, dio della pioggia che prende forma di un cavallo bianco contro Apaosha, demone della siccità che ha un colore nero. Nell’antichità si sviluppò persino una pratica detta Ippomanzia, per anticipare gli eventi futuri, si osservavano i movimenti degli orecchi e della coda e ascoltando il nitrito se ne forniva una interpretazione; presso i germani invece si praticava la cefalomanzia che consisteva nell’utilizzo di teste di cavallo per trarne messaggi profetici, i vaticini erano pronunziati in funzione del suono prodotto dalle mascelle. Nel mito greco-romano il cavallo fu creato da Poseidone e dedicato ad Ade e Marte, a quest’ultimo, ogni ottobre, ne sacrificavano uno e tenevano per tutto l’inverno la coda come simbolo di fertilità. Secondo un’altra versione del mito, i cavalli vengono creati da Poseidone dalla spuma del mare e offerti come dono all’esercito della città greca Atene che invece, preferì Atena e il suo ulivo e che adottò il nome della Dea. Presso i celti, il cavallo era animale sacro alla dea Epona (equus, cavallo) e Giovenale, ci descrive tale divinità dipinta sulle greppie dei cavalli, venerata in ambito militare, spesso accompagnata da uccelli che cantavano al suo passare per risvegliare i morti, con in mano una ruota simbolo del destino. Inoltre Robert Graves ci parla della Dea Bianca, capace di trasformarsi in cavalla, madre di tutti i viventi, antica forza della paura e della concupiscenza, Musa invocata da tutti i poeti, associata spesso all’Incubo o cavalla notturna (night-mare), uno degli aspetti più crudeli della Dea. La si trova rappresentata anche in un opera importante del pittore romantico Fussli: “L’incubo”, dipinto che indaga gli abissi dell’inconscio. Nella scena vi è una fanciulla che dorme in una posizione innaturale, sovrastata da uno strano essere, l’incubo stesso, portato sulla dormiente da una cavalla bianca e spiritata, con gli occhi orbi e vuoti. L’Incubo olio su tela (101×127 cm) di Johann Heinrich Füssli, realizzato nel 1781 e conservato nel Detroit Institute of Arts. A proposito di fantastici destrieri, numerose sono le leggende sulle cavalcate mitiche che percorrono la storia, un esempio è dato dall’episodio di Lady Godiva, sovrana che prese le parti della popolazione di Coventry, sofferente per le tasse imposte da suo marito. Ella diverse volte supplicò lo sposo di andare incontro alle esigenze della gente, ma il sovrano sembrava non volerle prestare ascolto a meno che questa non avesse acconsentito a cavalcare nuda, coperta solo dai lunghi capelli, attraverso le vie della città. Lady Godiva acconsentì e cavalcò su un bianco destriero condotto da una vecchia bruttissima, venne emesso un proclama dove veniva ordinato a tutti i cittadini di rimanere in casa a mezzogiorno e di chiudere ogni fessura. Solo un sarto chiamato Peeping Tom disobbedì e rimase cieco, il marito della virtuosa fanciulla mantenne la sua promessa e il popolo venne liberato dalla grave oppressione. William Holmes Sullivan, (1836-1908): Lady Godiva, 1877. Il maggiore esponente tedesco Gottfried Augustus Bürger appartenente al movimento dello Sturm und Drung che precedette il romanticismo, narra di Lenore una fanciulla che aspettava il ritorno del futuro sposo dalla guerra dei Sette anni e che,non vedendolo tornare,si adirò con Dio. La stessa notte, il suo amato con l’armatura ricoperta di ruggine la rapì su un cavallo spettrale e la sposò in un cimitero,ovviamente il talamo nuziale per gli sposi fu la tomba, dato che il cavaliere era morto: “Guarda qui e là. La luna splende chiara, e noi e i morti cavalchiamo a gara, veloci. Entro oggi scommetto, ti porterò mia sposa al nostro letto.” Questa leggenda, ispirò diversi artisti tra i quali spiccano William Blake che illustrò il rapimento di Lenore e la cavalcata tra gli spettri e il compositore Joachim Raff che ne trasse ispirazione per una sinfonia. Tra le cavalcate fantastiche vi sono nella leggenda irlandese quelle delle fate e degli elfi eroici, appartenenti alla tribù dei Daoine Sidhe, che cavalcano lentamente in una parata. L’arte del cavalcare e l’abilità dei cavalli di tale corteo sono riconosciute ovunque. Queste creature sono i leggendari resti dei Tuatha de Dannan, che un tempo governavano l’Irlanda ma furono sconfitti e cacciati sotto terra dai seguaci del Mitico re spagnolo Milesio. Lady Wilde nel suo libro “ Antiche leggende d’Irlanda” descrive i cavalli di questo corteo veloci come il vento, con collo arcuato e narici frementi, occhi grandi che rivelano la loro essenza di fuoco, potevano vivere più di 100 anni. L’ ultimo esemplare di tale razza di cavallo apparteneva ad un gran signore di Connaught, alla sua morte venne messo all’asta e comprato da un emissario del governo britannico che, tentando di montargli sopra per cavalcarlo, venne scagliato violentemente a terra e rimase ucciso. Thuatha costruivano le stalle nelle grandi caverne di collina, ferravano i cavalli con argento, usavano briglie dorate e nessuno schiavo poteva montarli. La cavalcata di tali esseri era uno splendido spettacolo: vi erano sette volte venti destrieri, con gioielli meravigliosi a forma di stella, sette volte venti cavalieri di nobili natali, ciascuno con un mantello verde e corazze in oro. Tra le leggende celtiche relative alla cavalcata delle fate spicca la ballata di Tam Lin, cavaliere elfico di origini scozzesi che desidera al più presto fuggire e tornare al mondo degli uomini da cui è stato rapito. Tam Lin, intanto, si innamora di una fanciulla mortale di nome Vanna, ella dovrà affrontare delle prove e superare degli ostacoli creati dalla regina degli Elfi per riuscire a riportarlo sulla terra. Vanna dovrà tirarlo giù da cavallo durante la cavalcata del magico corteo, nella notte della ricorrenza celtica di Samahin, sarà allora trasformato in orso e serpente ma la fanciulla dovrà avere fede e continuare a tenerlo stretto a sé finché non tornerà uomo. Vanna riuscirà nell’impresa ma una tremenda maledizione le sarà scagliata addosso dalla regina del piccolo popolo. Sempre in ambito celtico, si narra di un destriero magico che rapì un poeta chiamato Thomas il rimatore portato al galoppo nella terra elfica dalla splendida regina degli elfi, qui vi rimase per sette anni per poi tornare a scrivere sulla terra. Nella storia vi sono diverse cavalcate verso il mondo dell’aldilà, basti ricordare le valchirie bellissime fanciulle guerriere a servizio di Odino che volando su magici destrieri alati, avevano il compito di prelevare dal campo di battaglia i guerrieri più valorosi per portarli nel Valhalla in modo che potessero servire Odino durante la battaglia della fine del mondo ed il Ragnarök. Richard Wagner, ispirandosi a tali guerriere ha composto la famosissima Cavalcata delle Valchirie, capolavoro della musica classica e della tetralogia conosciuta come “L’anello dei Nibelunghi”. Le valchirie WIlliam T. Maud. Vi sono molti destrieri legati agli spiriti , uno dei più noti in campo italiano è quello di Olimpia a Roma, questa fanciulla era stata destinata dal padre alla vita monastica ma la rifiutò e si sposo con Paolo Nini, facoltoso borghese che la lasciò presto vedova. Successivamente sposò Pamphili che la introdusse nella società romana e le permise di imparentarsi con suo fratello: Innocenzo X. Olimpia sembrò subito molto più legata al cognato che al marito tanto che tutti coloro che volevano ottenere favori dal papa dovevano prima intercettare la donna. Divenne potente e ricchissima tanto da ottenere il soprannome a Roma della Papessa e ottenne , il titolo di principessa di San Martino al Cimino e feudataria di Montecalvello, Grotte Santo Stefano e Vallebona. Alla morte di Innocenzo X, il 7 gennaio 1655, si disse che trasse da sotto il letto papale due casse piene d'oro, se le portò via, e a quanti le chiedevano di partecipare alle spese del funerale del papa rispondeva di essere solo una povera vedova. Morì di peste nel 1657. Il folklore popolare la identifica come una donna avida di denaro e potere, una leggenda vuole che il 7 gennaio, giorno dell'anniversario della morte di Innocenzo X, la donna corra ancora per le strade del centro di Roma su una carrozza in fiamme, con i tesori che aveva accumulato. La si vede uscire da palazzo di Piazza Navona attraversare Ponte Sisto, per andare a sprofondare nel Tevere, dove si apre una voragine infernale. Il cavallo è un animale appartenente all’acqua ed al fuoco, gli spiriti dei cavalli spuntano dalla terra, generati dal fuoco sotterraneo o dal mare, nell’Iliade Omero li paragona alla spuma del mare, parlandone come di cavalli bianchi con folte criniere al galoppo sfrenato. I cavalli hanno, attraverso i loro zoccoli, il potere di battere sulla terra per far scorrere una sorgente o per richiamare gli spiriti delle tempeste e sono inoltre definiti signori del tempo per la loro veloce corsa e il ritmo dei loro zoccoli. Anche William Shakespeare canta il cavallo e la sua magnificenza: “La terra canta, quando lui la tocca. Il più banale corno del suo zoccolo è più armonioso della piva d’Ermes”. BIBLIOGRAFIA; Corinne Morel, Dizionario dei simboli, dei miti e delle credenze,Prato,2006 - Graves, Robert, The White Goddess, A historical grammar of poetic myth,Londra,1946 (trad. Ita. Alberto Polissero, La Dea Bianca Milano,Adelphi, 1982) - Brian Froud e Alan Lee, Fate, BUR, 1988.

PUBBLICATO 03/07/2020 | © Riproduzione Riservata





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