La voce umana rappresenta uno dei più affascinanti fenomeni che caratterizzano l’esistenza, con le sue sfumature e le sue risorse: essa ci permette di esprimere le nostre emozioni e i nostri pensieri, oltre ad agire nel quotidiano.
Tanto nella vita lavorativa che privata , siamo portati continuamente ad utilizzare la voce come canale comunicativo preferenziale , svolgendo quelle funzioni che nel 1958 vennero definite da Jacobson come le funzioni del linguaggio, veicolate anche attraverso il repertorio di gesti e aspetti non verbali della comunicazione. Tale aspetto conduce a diverse considerazioni: quanto delle nostre risorse e delle nostre energie impieghiamo nella comunicazione verbale? –In che modo gestiamo la voce nelle diverse situazioni ? siamo in grado di impiegare strategie diverse nella nostra produzione vocale? E soprattutto… quanto ci prendiamo cura della nostra voce?
Lasciando al lettore la libertà di condurre personali riflessioni sui precedenti interrogativi, iniziamo da alcune definizioni. Descrivere la voce umana è un compito non semplice, come quando si prova a spiegare ad un bambino come allacciare le scarpe:’prima si prende un laccio, poi lo si piega , poi si prende l’altro e lo si gira attorno ec.c..’. Insomma, più facile a farsi che a dirsi . Questo perché la nostra conoscenza della voce è in prevalenza procedurale, un processo che in assenza di ostacoli avviene in modo naturale ed immediato. Per comprendere al meglio le proprie risorse e caratteristiche vocali è necessario allenare e potenziare ulteriori canali percettivi e imparare a spostare l’attenzione su informazioni specifiche. Tra i canali più importanti vi sono sicuramente quello cinestesico e uditivo.
Porre maggiore ascolto verso le vocalità altrui e sviluppare autoascolto è un fattore molto positivo per conoscere la propria voce e quindi saper riconoscere limiti e modificazioni del proprio ‘ vestito vocale’, dato che il modo di comunicare ed esprimersi vocalmente è strettamente legato alla struttura psichica e alla personalità dell’individuo. ‘La voce è il suono dei nostri pensieri, nasce dal nostro intero corpo, parla di noi in modo inequivocabile, ci identifica come un’impronta o un corredo genetico’ (Fussi, Magnani 2008). Fisiologicamente, la voce è generata da una serie di processi che comprendono la respirazione, la postura e una serie di strutture anatomiche che costituiscono il tratto vocale. Il flusso fonatorio viene generato nel momento dell’espirazione grazie all’azione di diversi muscoli respiratori ed in particolare del diaframma, a livello della laringe, la produzione del segnale vocale è favorita dalla presenza delle corde vocali le cui mucose sono messe in vibrazione dal passaggio del flusso e dall’azione di diversi muscoli intrinseci ed estrinseci; infine , il segnale vocale generato ad una determinata altezza subisce modificazioni passando per la faringe, le cavità nasali e la cavità orale, sottoposto a processi definiti di Risonanza e Articolazione.
Tale processo organico è sottoposto comunque ad impulsi e comandi che provengono dal sistema nervoso centrale e quindi da quell’entità non ben circoscrivibile che è la mente. La voce stessa non varierebbe di intensità e caratteristiche senza le mutazioni che caratterizzano la nostra vita psichica, i turbamenti dell’animo, la tavolozza delle emozioni . Pertanto, per conoscere e curare la voce è necessario sviluppare sia competenze percettive , come riconoscimento dei parametri e delle strutture che sottendono alla funzione vocale, quanto sviluppare capacità di autoascolto e consapevolezza del proprio stato interiore, emotivo e mentale. Secondo un approccio logopedico integrato è interessante il concetto di ‘confine vocale’, inteso come ‘il luogo dove si realizza l’atto vocale, uno spazio che consapevolmente o inconsapevolmente il locutore circoscrive durante le sue emissioni grazie all’azione di tutto il corpo e di tutta la sua mente’(A. Cimmino 2009) . Per tale motivo, comprendere la propria voce significa anche avere la capacità di riflettere sulle proprie rappresentazioni dell’ambiente circostante e del proprio modo di vedersi nel mondo , un processo che può essere aiutato dal confronto e dallo scambio con terapisti specializzati .
Per aiutare a comprendere meglio tali processi, gestire le eventuali difficoltà e acquisire strumenti per la cura vocale, il ruolo del logopedista può essere estremamente prezioso, tanto più se quest’ultimo è in possesso di competenze specifiche nell’ambito dell’educazione e rieducazione vocale. Il logopedista è un operatore sanitario che si occupa della prevenzione, cura e riabilitazione delle patologie del linguaggio e della comunicazione più in generale , che può anche specializzarsi nella presa in carico della voce parlata e cantata. Egli si pone in primis come ascoltatore , prendendo in carico le richieste e le necessità di confronto del paziente, non limitandosi alla presentazione di eserciziari e tecniche ma ponendosi come interlocutore nella ricerca di soluzioni , variabili da persona a persona. Partendo da un’accurata valutazione delle caratteristiche percettive e del ‘funzionamento’ del soggetto, egli può guidare nell’individuazione delle cause della patologia vocale e nella ricerca di strategie adeguate per una gestione adeguata, in termini riabilitativi e preventivi. La prevenzione e la cura costante sono fondamentali specie per le professioni in cui la voce è il principale strumento , come per insegnanti , istruttori sportivi ed educatori, avvocati e commercianti , ambiti in cui tale aspetto viene spesso sottovalutato.. Nell’universo della Voce artistica, il cantante è sicuramente la figura più a rischio di patologie vocali , dato il grosso impiego di risorse sia nella preparazione che nell’atto performativo: tra le principali cause di danno vocale vi sono l’abuso ( definito surmenage) e il cattivo uso ( malmenage ) delle strutture vocali la cui conseguenza maggiore può essere la comparsa di noduli cordali. Tali eccessi possono essere legati sia alla costanza del lavoro come ad una tecnica inadeguata o che non rispetta l’individualità del soggetto, . Può capitare che molti allievi di canto seguano modelli vocali che non sono appropriati alla loro struttura e alla loro identità vocale, portando ad un uso improprio e ad un minore rispetto della propria vocalità, unica ed irripetibile seppur affinabile attraverso lo studio .
Un’ulteriore patologia frequente nel cantante è il reflusso gastroesofageo, dovuto all’impiego massiccio del diaframma che a lungo andare può alterare la funzionalità dello sfintere esofageo inferiore, causando anche arrossamenti e bruciori a livello laringeo, così come il fumo, l’abuso di alcolici possono favorire comparsa di edemi a livello cordale. Dal colloquio con il terapista possono quindi emergere una serie di elementi utili ai fini di un adeguato programma terapeutico . Rivolgersi ad un logopedista può anche avere finalità preventive , focalizzate sull’’igiene vocale, comprendente metodi e conoscenze per la protezione dell’elasticità e tonicità delle strutture , in primis delle delicate corde vocali, così come l’apprendimento di tecniche di riscaldamento e raffredamento per la performance vocale.
Per tutte queste ragioni è consigliabile che un artista vocale rivolga un controllo costante ed un’ascolto attento delle modificazioni del proprio prezioso strumento, anche ai fini di una migliore ricerca espressiva . Senza dilungarmi troppo su aspetti tecnici , anche se necessari a far comprendere il lavoro del logopedista, vorrei però soffermarmi su due concetti fondamentali, atti a stimolare la riflessione sulla propria condizione vocale e sul personale benessere comunicativo: si parla di voce eufonica quando vi è un effetto piacevole nel suono prodotto; una voce eufonica può essere quella prodotta da un apparato sano, oppure prodotta in modo economico anche in presenza di patologia, fino ad arrivare ad un’eufonia estetica che non sempre coincide con un concetto oggettivo di salute . ( basti pensare alle vocalità di certi generi musicali come il rock e il metal in cui le sporcature e le irregolarità della voce sono fondamentali per il significato artistico).
Di conseguenza, nonostante sia importante capire quando la voce è prodotta in modo sano e sicuro, nel rispetto dell’individualità e della diversità, va detto che ‘non vi è eufonia assoluta se non eufonia per quel paziente ,cioè migliore segnale producibile in quelle condizioni biologiche (Fussi, Magnani 2008). Stesso discorso può essere fatto per la patologia vocale, dove per disfonia si intende generalmente un’alterazione qualitativa o quantitativa della voce parlata che consegue ad una modificazione degli organi coinvolti nella sua produzione. La disfonia può essere organica quando vi sono danni strutturali, funzionale se vi sono mutamenti nei processi e nell’uso in determinati contesti, psicogena quando una particolare condizione psicologica o emotiva ne ostacola il normale utilizzo . Al di là dell’oggettività e dei tecnicismi, tengo a precisare che la disfonia esiste anche se è soprattutto il soggetto a non sentirsi adeguato nel proprio vestito vocale e , in una visione olistica, quando vi è disagio e sensazioni di difficoltà. In termini più semplici, la disfonia non sempre coincide con la patologia vocale organica così come l’eufonia non sempre corrisponde ad integrità anatomica e fisiologica del proprio organo.
In conclusione, la cura della voce dovrebbe essere un intervento sulla patologia e sulla disfunzionalità che considera la persona nella sua interezza, in relazione al contesto ambientale e al suo essere nel mondo, in cui il logopedista rappresenta una guida con cui confrontarsi e creare un’alleanza terapeutica orientata alla risoluzione del problema , il quale deve possedere l’apertura necessaria per collaborare con altre figure ( psicologo, foniatra, insegnante di canto) senza porsi in modo direttivo ma fornendo feedback, flessibilità e tanta, ma tanta empatia.