Ho riflettuto molto prima di capire se fosse il caso o meno di dare una risposta a quanto accaduto rispetto al dibattito sui diritti civili e della comunità LGBT+ e, parafrasando un grande attore come Gigi Proietti, mi sono anche data una risposta: ‘ ma chi to’ fa fa’, ma lassa perde’!’.
Lasciare però che tutto si dissolva in qualche commento ostile e rettifiche varie per poi finire nel dimenticatoio, favorendo quella che a detta dei giornalisti interessati è ‘libera opinione’ senza filtri legati al rispetto e al buonsenso, è comunque un rischio. Premetto anche, prima di essere tacciata di saccenza e presunzione, che le mie posizioni sono solo un punto di vista, che non vi è intenzione di fare la lezioncina a qualcuno con l’obiettivo di modificare il pensiero altrui, e non vi sono interessi di parte, poiché altrimenti commetterei l’errore di chi invece, come dimostrato, crede di possedere la verità sul genere umano spiegando cosa sia giusto e cosa sia sbagliato a livello morale, cosa sia socialmente accettabile e, ancor più grave, cosa sia ‘naturale e sano ’ da ‘malato’.
Non faccio la giornalista di mestiere, sono una lettrice per passione, ma le parole e il loro uso invece sono parte integrante del mio lavoro e quindi cercherò di esprimere la mia riflessione con ciò che maneggio maggiormente, ovvero la comunicazione umana. Come affermato da alcuni principi di pragma-linguistica, le parole sono ‘azioni’, atti concreti che influenzano e modificano la realtà esterna.
I comportamenti umani sono complessi, variegati, difficili da spiegare e per tale motivo nel nostro vocabolario utilizziamo costantemente categorie e classificazioni per dare ordine alle cose, definizioni , etichette.
Un quadro di Renè Magritte, uno dei simboli del surrealismo che mira a definire lo stacco tra rappresentazione e realtà, è il ‘tradimento delle immagini’ ( questa non è una pipa) , 1929. ‘Chi oserebbe pretendere che l’immagine di una pipa sia una pipa vera? Chi potrebbe fumare la pipa del mio quadro? Nessuno. Quindi, non è una pipa». Allo stesso modo, nella comunicazione, possiamo disambiguare significati o confutare con espressioni puramente linguistiche ciò che vediamo davanti ai nostri occhi. Quindi, in sintesi, la pipa rappresentata non corrisponde alla vera natura della pipa, che non si può esplorare e conoscere solo con un’etichetta.
Ma allora come può un parlatore definire la realtà con slogan e convinzioni, verità enunciate che sono solo l’espressione di un pensiero soggettivo? La natura, così come viene definita, è etichettata esattamente come una pipa sul foglio, a seconda di ciò che siamo in grado di conoscere, di comprendere e ahimè soprattutto di tollerare e accettare come esistente. La tradizione è frutto di abitudini, di regole sociali convenzionali, di comportamenti prevedibili e controllabili che creano sicurezza. E da dove deriva il mio vivere sicuro e in pace? Proprio da ciò che posso gestire, dalla possibilità che ho con la mia parola=azione di allontanare ciò che è diverso, che mi fa paura, che non è comune. La maggior parte di coloro che condanna l’omosessualità, il genderfluid e tutto ciò che ruota attorno all’identità sessuale, vede in una manifestazione di successo amoroso e di gioia relazionale esplicitata come un ‘circo’ (testuali parole) una trasgressione, una perversione per cui indignarsi, così come il modificare il proprio corpo come un’offesa a Dio o chi per lui. Trovo che ciò per cui valga la pena indignarsi potrebbe essere un padre violento o assente, una coppia di genitori che non comunica con il proprio figlio, un partner narcisista che offende e denigra l’altro, un uomo invidioso del successo della sua donna in quanto donna, un uomo o donna che tradisce ed è infedele ma alla fine, in nome della tradizione, torna sempre a casa la sera perché questo resta l’elemento centrale: salvare le apparenze per non essere condannati dal giudizio sociale. ‘La famiglia sana è fatta da padre e madre’, recitano gli slogan, perché solo così un figlio può crescere sano ed equilibrato: solo questa ‘immagine’ esattamente come quella riportata nel quadro, può fornire gli strumenti necessari all’armonia della società; solo un amore discreto e che porta alla fecondazione e creazione può dirsi degno di essere vissuto, poco importa ciò che avviene dopo, se il figlio lo desidero o meno, se mi impegno ad amare la persona che mi è accanto anche dopo aver superato le fasi iniziali della relazione.
Esistono coppie di fatto formate anche da persone dello stesso sesso che sostengono affettivamente e anche economicamente il partner e i suoi eventuali figli senza diritti o sostegno di alcun tipo dallo Stato, così come esistono coppie unite giuridicamente e sacralmente che non hanno nessun rispetto reciproco. Lungi da me dal voler fare retorica attraverso questi esempi, ma preferisco presentare argomentazioni piuttosto che offese e ‘deliri’ di
saggezza.
Tornando alla dicotomia malato-sano, l’unica cosa che trovo davvero scandalosa è la mancanza di empatia e ‘mettersi nei panni’ degli altri, non di certo due genitori omosessuali che portano il figlio/a al parco, a scuola, a viaggiare e che lo accompagnano nelle diverse fasi della vita con la stessa presenza e amore che può fare una coppia etero, perché così come insegna la psicologia dello sviluppo, sono appunto i comportamenti e le scelte a determinare l’essere umano e influenzare l’apprendimento di un bambino, non ciò che fa comodo sul piano sociale e religioso e che maschera le personali sublimazioni.
Rispetto alla determinazione di ‘malattia’, la categoria diagnostica di ‘omosessualità ego-distonica è stata rimossa dal DSM ( Manuale diagnostico dei disturbi mentali) dell’American Psychiatric Association già nel 1987 e anche L’OMS ha rimosso da tempo la diagnosi di disturbo mentale ad essa associata dall’ICD-10, inserendola nell’insieme dei disturbi psicologici e comportamentali associati allo sviluppo sessuale in cui l’identità di genere non è in dubbio, ma l'individuo desidera che sia diversa a causa dei disturbi psicologici e comportamentali associati e può cercare un trattamento per cambiarla.
Non descrive l'orientamento sessuale innato in sé, ma un conflitto tra l'orientamento sessuale che si desidera avere e l'orientamento sessuale che si possiede effettivamente.
In sintesi, l’unica cosa ‘patologica’ emergente è il disagio del vissuto della persona in un corpo e in un sistema di comportamenti, socialmente definiti, associati al suo genere e in cui non si riconosce, e non sicuramente l’attrazione verso una persona dello stesso sesso.
Attualmente è il termine disforia di genere ad essere maggiormente indicato per descrivere questa condizione e le persone inquadrate possono far fronte a percorsi di consapevolezza e terapia psicologica e vocale per le cure ormonali associate, reinserimento sociale e lavorativo dopo eventuale transizione MtoF (Male to Female) o FtoM.
Qualcuno dirà, tornando a Magritte, non è forse anche questa una classificazione, un’etichetta?
Si che lo è, ma basata su ricerca scientifica e medica, sulla volontà di comprendere l’arcobaleno della natura umana rispettando le diversità senza giudicarle ma cercando soluzioni per il benessere di tutti.
Per chi preferisce stigmatizzare, giudicare e usare toni da medioevo, consiglierei una riflessione sull’impatto che le parole inquisitorie possano avere sulle generazioni in fase di definizione del proprio sé e anche un ‘tantino’ di accettazione della realtà, al di là del quadro che si vuole appendere e imporre a tutti i costi.