OPINIONE Letto 1834

In memoriam di Vincenzo Rizzuto


Foto © Acri In Rete



Vincenzo Rizzuto, nato ad Acri nel 1940, lavorò nella bottega del padre armiere prima di conseguire la laurea in Filosofia e Storia all’Università di Bari nel 1968, con una tesi sull’Antihegelismo di Francesco Acri, che polemizzò con le due culture allora dominanti in Italia, l’hegelismo e il positivismo, in nome di un platonismo cristiano. Studioso acuto di Tommaso Campanella e autore di racconti e romanzi di successo, ha scritto che “non c’è felicità per alcuno quando tutt’intorno ci sono disperazione e dolore”. “Aiutare gli altri, egli diceva, rischiara l’anima. Sono ricchi quelli che hanno sani principi e buoni sentimenti”.
Docente nel Liceo scientifico “E. Fermi” e poi dirigente dell’Istituto Tecnico “A. Nitti” di Cosenza, si è rivelato eccellente educatore, militante politico, sostenitore del rinnovamento sociale attraverso la conoscenza, la rettitudine morale, la libertà unita alla responsabilità senza cui la vita è un inferno. “Agricola incurvo demovit aratri: hic anni labor, hinc patriam parvosque nepote sustinet” (Virgilio). Alla stessa maniera Rizzuto procacciava i suoi frutti per l’anno scolastico. Sedeva in cattedra per aiutare gli allievi a calarsi nella lezione. Dialogava con loro, senza timore delle loro reazioni o distrazioni; si sentiva a suo agio perché era ben preparato nelle discipline del suo insegnamento, distingueva ogni volto, si rivolgeva alla sensibilità degli ascoltatori, rispettava la psicologia di ognuno, gettava man mano una luce sempre più intensa nella ricaduta pratica della sua azione pedagogica, assecondava lo sforzo della classe a pensare in maniera sempre più profonda rispetto a quel che si fa comunemente. L’educatore Rizzuto riteneva la cultura umanistica e quella scientifica indispensabili per l’elevazione dell’uomo e del cittadino e mezzo necessario per agganciare il sapere alla vita, che rimanda consapevolmente verso Dio, essere supremo e creatore di tutte le cose.
La sua narrativa era in linea con il neorealismo, ma era anche innovativa sul piano stilistico e linguistico perché aperta ai risvolti psicologici ed esistenziali delle umane vicende raccontate.
Passato attraverso una dura iniziazione di lavoro manuale, toccò la poesia come sollievo della mente e del cuore e come attività artistica, che rende reale il sogno e permette di rappresentare sentimenti genuini e stati d’animo elementari e popolari.
Nei suoi versi liberi si teneva lontano da ogni rischio di oratoria e cantava l’amore, la pace, le bellezze naturali, la famiglia, la società e la fratellanza: “Fratello, se mi domandi / che cos’è la vita, / all’alba ti dirò: speranza; / il giorno ti dirò: fatica; / a sera ti dirò: stanchezza. / Non chiedermi di più, / altro non so”.
Autorevole esempio di costanza e di alto impegno culturale, Vincenzo Rizzuto lascia una testimonianza di condotta irreprensibile a quanti lo hanno conosciuto o hanno intrattenuto amicizia con lui.

PUBBLICATO 03/03/2024  |  © Riproduzione Riservata

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