CULTURA Letto 1326

Ritratti di donne. Deledda, una voce femminile importante ma poco nota


Foto © Acri In Rete



Oggi vogliamo ricordare l'autrice sarda Grazia Deledda, vincitrice del premio nobel per la letteratura nel 1926 e scrittrice impegnata per tutta la vita nella stesura delle sue opere, tanto da lasciare un vastissimo corpus letterario con numerosi romanzi e novelle. Ho voluto concentrare la mia attenzione sulla Deledda poiché nonostante sia l'unica donna vincitrice di un nobel e le sue pagine siano intrise di meravigliose descrizioni paesaggistiche e numerosissimi spunti culturali, ancora oggi, le scuole tacciono sull'autrice. La critica invece a lungo ha discusso sulla scrittrice e si è concentra sulle sue opere e le sue tematiche fornendo svariate opinioni. Trovo che la letteratura di Grazia Deledda sia carica, oltre che di nozioni di etnologia e studi della tradizione a cui l'autrice si dedicava, anche di significati sottili e intrisi di magia. I quattro elementi sono presenti in quasi tutte le sue opere, interagiscono con le vite dei personaggi e spiccano nell'indole stessa del loro carattere; gli elementi sono fondamentali in quanto espressione della natura da cui la scrittrice attinge la propria ispirazione e che spicca tra le pagine del mondo che rappresenta , una Sardegna immersa in splendidi paesaggi,tanto bella quanto regolata da leggi umane crudeli ed arcaiche. La Sardegna è un'isola e la posizione del luogo ha condizionato la storia del territorio e quella dei suoi abitanti, uscire dai luoghi sardi comportava grosse difficoltà di tipo materiale e psicologico; Si tratta di una terra tra le più antiche del mediterraneo orientale, paragonata e spesso identificate con l'antica città sommersa di Atlantide che secondo la tradizione era sita nel centro dell'Egeo. Grazia Deledda vuole narrare di questa terra, la Sardegna sospesa tra mito e leggenda ed il modo di vivere del suo popolo, dei pastori sardi che nonostante siano quasi totalmente privi di cultura vivono contemplando la vita e quello che potrebbe esserci dopo e sono dotati di una particolare saggezza che non può trovarsi in nessun altro libro. L'autrice scrisse soprattutto di Barbagia e Baronia ed in particolare di Nuoro, la Sardegna primordiale dei pastori sardi che proprio grazie alla scrittrice trova espressione, Grazia si sofferma a descrivere le abitazioni semplici del luogo,un recinto magico e sacro dove avvengono vari avvenimenti e cui centro di vita è caratterizzato dalla cucina, ed è proprio qui che accadono le cose più belle e quelle più brutte di tutti i giorni. L'amore per la scrittura dell'autrice nasce proprio all'interno della sua casa, la giovane ragazza era figlia di un uomo benestante , crebbe in una famiglia di stampo patriarcale insieme a sei fratelli; Il padre possedeva una attività commerciale e per questo motivo i pastori si recavano spesso a fargli visita, proprio in queste occasioni , la piccola Grazia ascolta i racconti ed osserva i modi della gente di Sardegna che veniva ricevuta nella sua abitazione. L'autrice inizia a scrivere le sue prime novelle all'età di dodici anni, all'interno del suo cortile da dove poteva osservare il grigio e l'azzurro dei monti ed il verde dell'orto. La sua attitudine nello scrivere destò le preoccupazioni dei suoi parenti che ritenevano fosse sconveniente per una donna occuparsi di simili faccende quando poteva e doveva ,dedicarsi ad altre cose più pertinenti ad una fanciulla. Tuttavia, tutte queste preoccupazioni non intaccarono la passione della giovane Grazia che per ricevere le riviste dal continente, si procurava i soldi vendendo di nascosto l'olio rubato dal frantoio del padre e lo rivendeva a qualche contadina. Fondamentale fu il suo contatto con la natura, nella fase di formazione e durante la composizione delle sue prime scritture, si recava spesso sul monte dell'Ortobene, fondamentale alla Deledda come lo fu quello dell'Infinito per Leopardi, fu la visione del paesaggio da questo colle che creò la giovinezza poetica della scrittrice come afferma lei stessa nel libro “Nell'azzurro- Fior di Sardegna”: “ I paesaggi sono bellissimi, con sfondi di montagne più azzurri del cielo. Il mondo, che pure è così bello con tutto il suo male e il suo dolore, è lontano come un mondo scomparso. Questa montagna ha visto nascere, forse anzi ha creato la mia giovinezza poetica.” Fu sull' Ortobene che l'adolescente Grazia scoprì il mondo e ne immaginò alcune sfumature,in questo luogo ebbe la consapevolezza della verità delle parole dei pastori analfabeti ma misteriosamente sapienti che avevano tessuto i loro racconti in casa dell'autrice e poté scorgere,per la prima volta, quell'universo di passioni e di vita che fino a quel momento erano solo concetti lontani ed astratti. Nella Sardegna rappresentata dalla Deledda spiccano i quattro elementi, espressione di natura in ogni suo scritto: IL MARE ( ACQUA) : Bagna la Sardegna, la scrittrice lo vede come una possibilità di fuga nel vasto mondo, ispirazione e mistero, qualcosa da attraversare per giungere in altre realtà. La prima volta che si reca al mare lo fa dalle parti del santuario della Madonna del Rimedio, reso famoso dal romanzo “Canne al vento”. IL VENTO ( ARIA) : Presente costantemente in Sardegna, metafora di qualcosa che c'è e non c'è come il fluire della vita e il destino. FUOCO: Deledda descrive diverse attività che si svolgono intorno al fuoco come i racconti attorno al focolare, la preparazione del Carasau il pane sardo, il fuoco della passione dei sentimenti dei suoi personaggi e quello delle principale feste sarde che si svolgono nel cuore dell'inverno intorno ad un fuoco rituale. TERRA: Legame dell'autrice con la natura, con i paesaggi, i monti, il verde della Sardegna. La Deledda ebbe sin da subito un obiettivo, essere il cantore della sua terra con il mondo esterno, diventare famosa,il nipote della scrittrice Alessandro Madesani durante un'intervista affermò che Grazia, appreso l'intento del D'Annunzio di recarsi nella terra Sarda per studiarne il popolo, si lamentò poiché c'era già lei a dedicarsi allo studio della sua terra. Si autodefinì: “Piccina ma ardita e coraggiosa come un gigante.” La scrittrice si occupò di etnologia e studiò il folklore isolano in chiave poetica e antropologica, osservò la Sardegna delle feste e dei riti come quello dei Mamuthones che sancisce l'appartenenza della capra al pastore e viceversa o la festa di S. Antonio a Ottana , dove ragazzini si sfidano a cogliere arance da un'altissima pira. Il folklore durante il romanticismo era visto positivamente, fu Croce attraverso il suo discorso a definirlo arte popolare priva di “ A “ maiuscola e ad attribuirgli un senso negativo. La letteratura Deleddiana ha inoltre una forte connotazione erotica, l'autrice si concentra su racconti d'amore e trasgressione amorosa; è la passione che anima la vita ma che tuttavia porta sempre e comunque allo sfacelo. Le pulsioni passionali possono allontanare l'individuo dalla società che finirà con il rinnegarlo e non accettarlo, oppure non seguire gli istinti carnali potrebbe generare il rimpianto per tutta la vita. Tra le forti passioni soggetto dei romanzi di Grazia spicca anche l'odio e soprattutto il senso della vendetta, una caratteristica della Sardegna è quello di fare in modo che il sangue si plachi solo con altro sangue, si tratta di vere e proprio faide che erano scatenate spesso da proposte di matrimonio rifiutate. Il senso della giustizia è necessario ai Sardi ed il loro Dio è un Dio vendicativo simile a quello dell'antico testamento e lontano da quello del perdono. Spicca nel pensiero deleddiano la dicotomia di libertà-dovere che percorre tutta la sua opera. Numerosissimi i critici famosi che diedero delle opinioni sull'autrice Sarda,(in questa introduzione ne cito solo alcuni, nei capitoli successivi saranno analizzate le varie ipotesi degli studiosi). Pittarossa dichiarò che la Deledda era la creatrice di un nuovo epos; Benedetto Croce si scagliò contro l'autrice e il suo regionalismo ripetitivo e sentimentale; Francesco Flora invece le attribuì un sentimento istintivo della natura e definì i suoi paesaggi come risultato delle sue impressioni infantili dove le cose e gli uomini vivono nei luoghi in comunione tra loro; Natalino Sapegno definì quello di Grazia, un lirismo ingenuo e non decadentistico, solito a condensarsi in figure morali e sfondi di parabola con una rappresentazione della vita elementare, carica di credenze e magia della Sardegna più arcaica.

PUBBLICATO 09/03/2021  |  © Riproduzione Riservata

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