Ieri, primo febbraio, ho seguito con grande attenzione la trasmissione: ‘Presa diretta’ di Riccardo Iacona sulla sanità in Lombardia e in Calabria; una trasmissione molto interessante nella prima parte, quella sulla Lombardia, ma assai deludente nella seconda, quella sulla Calabria, sulla quale il servizio è risultato del tutto povero di approfondimento sulle grandi e gravi carenze che presenta l’assistenza sanitaria in tutte le sue espressioni, un servizio del tutto inadeguato alla grande professionalità e onestà intellettuale che Riccardo Iacona si è guadagnato da tempo sul campo.
L’indagine infatti si è limitata a superficiali, piccole interviste a singoli cittadini che, presi per strada, hanno raccontato le loro disavventure lungo il cammino delle varie prestazioni sanitarie cercate e non trovate nella nostra Regione, e che hanno raccontato, infine, il ricorso storico all’emigrazione in strutture sanitarie di altre regioni, alle quali ogni anno la Calabria ha versato e versa centinaia di milioni di euro.
Ma questo è saputo e risaputo da tutti, perché non c’è famiglia in Calabria che da decenni non sia dovuta ricorrere a strutture ospedaliere di altre regioni per cercare di curarsi, di sfuggire alla morte; e per dire solo questo, forse, non c’era bisogno della prestigiosa ‘Presa diretta’, che invece avrebbe potuto impegnarsi con più coraggio nella messa in evidenza di ben altre ‘povertà’ della sanità calabrese, povertà di cui non si sono occupati nemmeno i numerosi commissari straordinari, che si sono succeduti ormai da più di un decennio in questa nostra terra ‘amara e bella’, come ha cantato in modo struggente Modugno.
Si sarebbero così potuti mettere in luce reati come la liquidazione più volte delle medesime fatture a fantomatici fornitori di servizi mai presati; l’impossibilità di accedere tempestivamente nelle strutture pubbliche ad analisi di laboratorio, ad indagini strumentali come la Tac, la Risonanza magnetica, o a visite specialistiche, che invece vengono offerte a pagamento da strutture private e da professionisti troppo spesso dipendenti pubblici e riluttanti a rilasciare regolare fattura; per non parlare di reparti ospedalieri, come quelli odontoiatrici, spesso, troppo spesso esistenti nei nostri ospedali solo negli organici, ma che non erogano alcuna effettiva e costante prestazione, per cui il malcapitato di turno, a cui si caria un dente, per sottrarsi tempestivamente al dolore deve avere il portafoglio ben pieno per recarsi dal libero professionista in studi privati o in cliniche di lusso che offrono a iosa raffinati ‘maquillages’ dentali, per non parlare di una semplice cataratta, per intervenire sulla quale nelle strutture pubbliche è necessario aspettare mesi e mesi.
E la nostra Regione, compresi i commissari straordinari, di fronte a tale sfacelo, che cosa hanno fatto in decenni di gestione dissennata? Hanno chiuso tutti i presidi pubblici, compresi ospedali appena costruiti o ristrutturati, unitamente a costose attrezzature come Risonanze e sale operatorie, comprate e lasciate dall’inizio inutilizzate; il tutto per favorire l’apertura di centinaia di cliniche private, che hanno divorato e divorano milioni di euro: si pensi che nella sola provincia di Cosenza operano oltre 150 cliniche private, per non contare gli innumerevoli laboratori di analisi, dove si paga anche con l’esenzione totale per patologia, perché la Regione, retta da sempre da una classe politica imbelle e quasi sempre collusa con i ‘poteri forti’, non assicura la copertura di tutte le prestazioni.
E allora?: il malcapitato, che non può pagare, si tiene il mal di denti, la sciatica, il neo sulla fronte, non fa nessuna prevenzione su eventuali malattie serie e campa alla meno peggio finché il ‘destino’ glielo consente.
Ed ecco la domanda di sempre: come mai da noi avviene tutto questo?, forse perché da noi interi, estesi pezzi del territorio sono in mano non dello Stato, ma degli atavici ‘poteri occulti’ che in ogni anfratto della società, dalla politica alle Istituzioni, controllano ogni movimento, ogni scelta, ogni attività produttiva; hanno le mani nelle Università, nella Scuola, nella gestione degli Uffici pubblici, dei concorsi, delle cooperative cosiddette onlus, riuscendo così a tenere sotto mano tutto il funzionamento della complessa ‘macchina sociale’.
Dobbiamo a questo punto stare molto attenti, però, a non cadere nell’errore di attribuire tutta la colpa a questi ‘poteri occulti’, perché così non è.
Anche il corpo sociale ha le sue colpe quando si adagia su se stesso dispensandosi da ogni onere di controllo e di rifiuto di tutto ciò che gli sta intorno, di tutto ciò che si agita al di fuori della propria porta di casa, come cosa che non gli appartiene e richiede impegno. Il nostro popolo non può continuare a dormire, a subire, a fare a meno dei propri diritti e doveri, ricorrendo solo ed esclusivamente alla raccomandazione, all’onorevole di turno e al gratuito, come erano qualche tempo fa i famosi mobili di ‘Aiazzone’.
La democrazia non è mai un bene gratuito, la si deve conquistare con l’impegno diuturno, con la conoscenza dei propri diritti e doveri, con sacrosanto sacrificio, difendendo ad ogni costo il bene comune, la solidarietà, l’onestà, la libertà e il rispetto degli altri, valori senza i quali nessuna società giusta può esistere.
Qualche decennio fa questi valori venivano sostenuti e diffusi dalla famiglia, dai Partiti, dalla Scuola e dall’Università, ma anche dal contesto sociale ancora memore della lotta ai totalitarismi, oggi invece sono valori peregrini ovunque, e il ‘pensiero debole e liquido’ regna sovrano, specie in alcune aree del Paese come il nostro Sud, dove regna sovrana la mancanza di tutto: lavoro, istruzione adeguata, Scuole, sempre meno diffuse, fiducia nelle Istituzioni, condanna del malaffare e presenza adeguata dello Stato, che pretende rispetto di leggi, fortemente invece inapplicate verso quegli stessi ‘poteri forti e occulti’, che così si sostituiscono ad esso.