A scrivere stavolta siamo noi, due papà calabresi di Acri in provincia di Cosenza delle classi 1956 e 1960,
giovani pensionati, fortunati di aver svolto il proprio lavoro stando vicino alla famiglie, orgogliosi di aver
fatto la nostra breve gavetta rispettivamente nei settori dei trasporti e delle forze armate nelle regioni del
nord Italia quali Piemonte e Trentino Alto-Adige.
Quanto detto, descrive brevemente il percorso lavorativo che ha segnato in maniera indelebile la nostra
realizzazione professionale e familiare: in meno di 2 anni siamo riusciti a tornare, con il sistema
trasferimenti, nel nostro territorio, abbiamo messo su famiglia a poco più di 20 anni diventando papà e mariti
presenti dopo il nostro turno di lavoro. Con gli opportuni sacrifici abbiamo costruito le nostre case, abbiamo
portato in vacanza i nostri figli e li abbiamo cresciuti senza mai fargli mancare nulla. Dopo la loro maggiore
età abbiamo deciso di investire per il loro futuro che vedevamo roseo e pieno di soddisfazioni, mandandoli
all’Università nelle migliori città di Italia che avrebbero offerto loro un percorso di studi più che
soddisfacente.
Purtroppo non è andata così , tutto svanito nel corso degli anni post laurea: i nostri figli
lontani da casa da più di 12 anni, vittime dei blocchi delle mobilità, con uno stipendio da fame di circa 1500
euro al mese, affitti da capogiro e spese da sostenere mensilmente. I figli laureati, titolati, professionisti
preparati e sempre pronti a lavorare, colpiti nella loro dignità. Siamo ad oggi costretti in alcuni casi a doverli
sostenere economicamente per integrare i loro stipendi, ci vorremmo occupare dei nostri nipoti,
accompagnarli a scuola, a fare sport, accudirli quando sono malati e invece non riusciamo a farlo perché
abbiamo dei genitori ultranovantenni e non possiamo di certo abbandonarli a loro stessi.
Ci chiediamo quale
sarà il futuro dell’economia del nostro paese considerate le precarie condizioni economiche del comparto
Sanità, pensiate sia fallimentare o no lasciare i professionisti nelle attuali condizioni socio-economiche?
Cari Presidenti e cari Ministri ma voi da quale regione d’ Italia provenite? Ve lo ricordiamo noi….forse ogni
tanto lo dimenticate... Lei presidente Mattarella è siciliano, Lei presidente Conte è pugliese, ministro Di
Maio lei è campano, ministro Speranza lei è lucano, ministra Catalfo lei è siciliana; pensate a quanto siano
belle le vostre regioni e a quanta carenza di personale ci sia nelle strutture ospedaliere... le nostre strutture
sono valide ma lo sapete cosa ci sentiamo dire ogni volta che dobbiamo prendere un appuntamento per una
visita specialistica o altro? Scusate ma c’è poco personale, non abbiamo disponibilità. Noi siamo in sostanza
i pazienti di serie B e per assurdo i nostri figli lavorano in regioni del nord Italia che invece garantiscono
almeno un numero adeguato di professionisti per le prestazioni erogate.
Tanti, come i nostri figli, ci hanno parlato dei sistemi sanitari regionali, ci hanno inoltre suggerito di scrivere
ai presidenti delle varie Regioni per la questione mobilità libere, ma noi come padri crediamo ancora nel
Governo e nella Repubblica, vi chiediamo di prendere in considerazione la proposta di legge De Pilla scritta
dalla moglie di un infermiere e di bacchettare i presidenti delle Regioni che a dire il vero, stanno
confondendo le aziende sanitarie pubbliche con quelle private….bloccano, indicono, revocano, assumono a 3
mesi, 6 mesi…..si avvalgono di cooperative sociali e dei liberi professionisti ma non indicono mobilità con
cadenza annuale e concorsi pubblici. Noi siamo a favore dell’abrogazione del nulla osta in quanto molto
spesso risulta un ostacolo insormontabile per i dipendenti. A tal proposito chiediamo al Ministro Di Maio e
alla ministra Catalfo di rivedere la norma del decreto concretezza “articolo 3 comma 8” di luglio 2019 sulle
mobilità, ripristinandole come obbligatorie e precedenti ai concorsi pubblici.
A questo punto nella disperazione più totale, come padri vorremmo fare una proposta che crediamo sia
necessaria, in quanto siamo ben consapevoli che le mobilità libere non faranno tornare nell’immediato tutti i
professionisti sanitari nei loro territori: la proposta è quella di venirgli incontro assegnando un alloggio di
servizio al dipendente sanitario e alla sua famiglia da parte dell’ente di appartenenza, magari sfruttando i
tanti edifici dismessi di proprietà dello Stato nei vari Comuni d’Italia.
Ci auguriamo che qualcuno tra Voi abbia la cortesia di prendere in considerazione la nostra proposta e
soprattutto di ascoltare chi viene dal basso, chi tutti i giorni vive il disagio di stare lontano dai propri affetti e
dalla propria terra. Chiedetevi come mai i professionisti sanitari stanno manifestando in massa nelle
principali piazze italiane, probabilmente vivono tutti lo stesso disagio sociale ed economico, sono loro quelli
che vi accolgono in pronto soccorso quando ne avete necessità, sono loro quelli che vi soccorrono in
situazioni di pericolo, sono loro quelli che vi sono vicini quando siete in ospedale... vorremmo terminare la
nostra lettera con una citazione di Ippocrate: “Un uomo saggio dovrebbe considerare la salute come la più
grande delle gioie umane, ed imparare come, col suo stesso pensiero, trarre beneficio dalle sue malattie.”