OPINIONE Letto 4457

E se un giorno decidessimo di andare via tutti?


Foto © Acri In Rete



Ci avete fatto caso? Ci stiamo sempre più abituando alla precarietà, alla provvisorietà, alla filosofia che “tanto non c’è nulla da fare, andrà sempre peggio”, al lasciarci prendere in giro dalle estenuanti e continue campagne elettorali, dove c’è sempre qualcuno pronto a promettere il completamento di quelle opere pubbliche che, per una cittadina in “declino” come la nostra, rappresentano l’ultima possibilità di restare in vita da qui a 20 anni.
Così a poco a poco, magari senza accorgercene, rinunciamo anche ai nostri più elementari diritti.
Acri è una città in dissesto finanziario, lo sappiamo ormai da tempo. Questo implica tasse al massimo e impossibilità di intraprendere nuove opere mirate al benessere dei cittadini.
Non è il caso di banalizzare un discorso complesso come quello della raccolta dei rifiuti solidi urbani, ma a causa del famigerato dissesto che, nonostante la raccolta differenziata sia passata dal 24,06 del 2015 al 65,41 del 2018, il canone annuale per la raccolta dei rifiuti resta sempre lo stesso (neanche 10 euro in meno per dire “bravi continuate così”).
Se a questo aggiungiamo la recente difficolta di conferire normalmente i rifiuti, possiamo accorgerci di come la nostra vita quotidiana sia sempre più impregnata di difficoltà che in un mondo normale non avrebbero motivo di esistere.
Ed è ancora il dissesto finanziario ad essere la causa principale della precarietà (per usare un eufemismo) in cui versano le strade cittadine.
Ogni giorno è come assistere ad una corsa fra piloti di rally che, per evitare le buche, improvvisano manovre così spericolate che solo per pura fortuna (o per lungimiranza degli altri) non si tramutano in tragedia.
Ma scusate, costa tanto cercare di rappezzare quei canyon che si sono formati in alcune strade cittadine? In fondo basterebbero qualche centinaio di chilogrammi di asfalto preparato (quello in busta, per intenderci).
E poi immagino che, quando un privato o una azienda effettua degli scavi sul suolo pubblico, ci siano delle normative comunali che regolino il ripristino del manto stradale. Allora perché quando si effettuano questi scavi, il più delle volte vengono ricoperti con la stessa terra dello scavo e con uno strato di cemento (quando va bene) che cede alle prime piogge o al passaggio di un mezzo pesante.
Io credo che la regola debba essere: “Hai scavato? Ora ripristini com’era prima e se il manto cede dove hai effettuato lo scavo, torni a ripristinarlo ancora e, se non puoi farlo (per esempio per mancanza di tempo), lo facciamo con i soldi della comunità, ma tu rifondi il danno”.
Non mi sembra niente di che, solo una regola del vivere civile per fare in modo che la comunità non si accolli le spese di chi cerca sempre la strada della furbizia imbecille. Perché a causa di questi precari dell’intelligenza deve rimetterci sempre la comunità?
Magari sono un semplicione, ma a volte penso che manchi la buona volontà.
Prendete ad esempio la perdita di acqua (potabile?) che si è verificata da almeno un mese presso la rotonda del Liceo scientifico. E’ stata presa qualche iniziativa per mettervi riparo?
Non è una risorsa che stiamo perdendo? Probabilmente siamo all’inizio di un cambiamento climatico che vedrà la nostra regione sempre più desertificata e ci concediamo il lusso di perdere una risorsa preziosa come l’acqua.
Nel mondo si costruiscono grattacieli di 57 piani in 19 giorni (Mini Sky City); ponti di 55 km di cui 6 con tunnel sottomarino (Makao-Hong Kong) in 8 anni; in Francia, in 3 anni, si è costruito uno dei ponti veicolari più alti al mondo (ponte di Millau 343), più alto perfino della Torre Eiffel; in cinque anni hanno costruito un ponte che collega la Danimarca alla Svezia (Ponte di Øresund).
Da noi per 800 miserabili metri di galleria, dopo 12 anni ancora non si intravede la fine dei lavori.
In Cina in dieci giorni costruiscono un ospedale da 1000 posti letto, e qui in un mese non si è provveduto a riparare neanche la perdita di un tubo d’acqua.
E poi ci meravigliamo, che chi può, scappi da questi posti.
Povera mia città, come ti hanno ridotta!

PUBBLICATO 10/02/2020  |  © Riproduzione Riservata

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