Si, lo so che Acri ha ben altre cose da offrire, ma le sagre mangerecce di paese sono gli appuntamenti che fanno spostare settimanalmente centinaia o migliaia di persone dalla provincia in una specifica località.
Ad Acri ci sono numerosi musei (come il MACA, per menzionare il più propositivo) e si creano tante occasioni culturali in diversi campi (letteratura, medicina, storia, urbanistica, motoristica, archeologia, geografia, pittura, musica, ecc.), che, nell’arco dell’anno, vengono seguite da migliaia di persone. Purtroppo queste presenze sono occasionali e momentanee (“mordi e fuggi”).
D’estate, con le estemporanee di pittura, con il SilunaFest e con i tanti appuntamenti musicali nell’Anfiteatro Comunale e nelle piazze cittadine, è tutt’altra cosa: una moltitudine di persone invade il centro storico e si ferma per tutta la serata perché trova da soddisfare soprattutto la gola, oltre la mente, gli occhi e le orecchie. In estate, infatti, si registra un turismo che “morde e rimane” fino a tarda sera, per ogni appuntamento!
Non si potrebbe fare altrettanto nei mesi invernali? Qualcuno potrà obiettare che i mesi invernali sono inadatti per promuovere il turismo dalle nostre parti, paese interno, per giunta di montagna e con strade tortuose e malridotte! Non sono affatto d’accordo (come non lo sono gli abitanti di altre realtà che accolgono turisti continuamente)!
Intanto, faccio notare che d’estate, nonostante abbiamo ben presente di abitare in un paese all’interno della Sila (con le strade nelle medesime condizioni), ci diamo da fare ad organizzare eventi su eventi. Dobbiamo, allora, essere propensi a programmare attività anche durante la bassa stagione, nei mesi invernali.
In Acri permangono ancora diverse pratiche familiari, ma le tradizioni tipiche (sono rimaste pochissime, purtroppo!) appartengono esclusivamente alla cultura contadina (tranne i bocconotti, che fra non molto saranno importati da Mormanno o da Corigliano).
Le famiglie di Acri, che risiedono nelle tante contrade, sono dedite tuttora alle pratiche contadine: coltivazione di orti, di vigneti, di uliveti e allevamento di animali da cortile (polli, qualche capo ovino e, immancabilmente, uno o due maiali). Da tempo, infatti, nelle faccende familiari non si impiegano più gli asini ed i buoi, eccezion fatta per le poche aziende zootecniche e casearie di contrada Giamberga (ad oltre 1.100 m s.l.m.), che allevano animali (ovini, suini, bovini) e trasformano i loro prodotti, commercializzandoli anche in ambito nazionale.
Gli abitanti delle campagne, pur rimettendoci economicamente, coltivano e allevano per soddisfare, almeno in parte, il fabbisogno familiare con qualcosa di genuino, non disdegnando scambi (a mo’ di baratto) con i propri vicini. Queste pratiche originali sono residuali di un mondo quasi arcaico, ma tuttora connaturali con l’ambiente aspro di montagna, le cui popolazioni resistono al fascino esercitato dalle comodità delle città o a quello della frenesia estiva dei paesi costieri. Le lavorazioni e le trasformazioni dei loro prodotti stagionali, sono espressioni di laboriosità, di genuinità, ma sono anche portatrici di sapori veri, antichi, quasi dimenticati o addirittura sconosciuti a coloro che o sono emigrati o non hanno mai fatto parte di questo ambiente.
Una vera filosofia di vita sana (seppure modesta) quella praticata dalla popolazione stanziale delle campagne di Acri. Gli abitanti di questo territorio si trovano, infatti, nelle condizioni ottimali per soddisfare i canoni dell’agriturismo puro (quello che, per intenderci, non richiede né piscine né Beauty Farm ai contadini).
È impensabile che non si utilizzi questa naturale vocazione ambientale come ulteriore fonte economica per centinaia di famiglie: gli acresi tutti, per cultura, sono ospitali oltre ogni misura e sanno lasciare buoni ricordi in chi li frequenta! In questo periodo, lo sanno bene coloro che vengono invitati da amici, nelle campagne di Acri, a gustare i “frittudi”, le parti meno “nobili” del maiale cotte nello strutto, a fuoco lento, in un grosso pentolone di rame (“quadara”), conditi di peperoni sottaceti, rape, verdure, fette di arance ed accompagnati da ottimo vino! Per gli acresi è quasi un onore ricevere un tale invito, riservato esclusivamente a persone intime e stimate.
Chi non è nato ad Acri potrebbe anche storcere il naso per una pietanza di carni, squisita senz’altro ma ricca di grassi e rustica (richiedente, all’occorrenza, anche l’uso delle mani). Voglio ricordare, però, che la cucina popolare utilizza sovente particolari parti degli animali e diventa trainante economicamente ovunque sia proposta: a Napoli, per esempio, vengono venduti cotti piedi e muselli di bovino (con l’aggiunta di sale, pepe e limone); a Palermo, il pane con la milza (cotta in un pentolone) e frattaglie arrostite di vitellini; in Acri è comune anche lo spezzatino di trippa con le “stigliole”; in Romania la ciorba di trippa (burta); in Ungheria e in tutta l’Europa Centrale si cuoce (sempre in un tipico pentolone) e si vende gulash nelle sagre paesane.
I titolari di aziende agricole dediti anche all’allevamento degli animali nonché alla trasformazione dei prodotti e delle carni, potrebbero organizzare insieme agli esercenti della ristorazione, e con il coinvolgimento della Pro-loco di Acri, edizioni settimanali di sagre di “frittudi”, “scarafuogli”, “vozza” bollita, “suzu” (gelatina di maiale), da adesso fino a Pasqua nelle varie contrade: basterebbe solo calendarizzarle e promuoverle sui social locali e provinciali.
Una cosa importante: questa esperienza dovrebbe essere mantenuta anche negli altri mesi dell’anno per soddisfare le esigenze dei turisti itineranti, qualificati e vogliosi di fare trekking nei luoghi meno frequentati o sconosciuti, in qualsiasi momento. Il territorio di Acri potrebbe riservare inesauribili attrazioni per coloro che intraprenderebbero i Cammini basiliani di Calabria! Basterebbe che questo territorio venisse interessato da apposite varianti al percorso dei Cammini basiliani apparso e pubblicizzato in rete e sui media regionali, qualche settimana fa.