Caro direttore, cari redattori, cari cittadini acresi, il nostro bilancio del dopo festival ci piace condividerlo con voi. Resta(r)tenon ha fatto solo spettacolo, nessuno di coloro che ha prestato la sua voce sulla padana era preoccupato dell’effetto della performance quanto dell’autenticità del gesto e della parola offerta, proseguendo il lavoro costante di un Laboratorio di idee, stimoli, proposte, visioni. Ogni sera Resta[r]te ha offerto all’attenzione un tema, ogni sera un mondo ha preso forma e lasciato traccia, con un riverbero che ha alimentato l’intero tempo del festival facendo di ognuna delle serate un piccolo mondo, un prezioso evento, innanzitutto per noi direttamente implicati nell’organizzazione degli eventi, ma siamo certi anche per i tanti che con affetto e condivisione ci hanno accompagnati e ci hanno chiesto di “tornare”! Un festival dedicato a persone che si formano in quel gioco vitale tra Restanza e Ritorni, temporanei e permanenti, tra sud e nord e tra nord e sud. Pronti a restituire quanto ricevuto da questa terra inquieta e dolce che ci trattiene e ci allontana. Come quell’amore capriccioso che non puoi lasciare, ma che non ti appartiene mai del tutto. Una pedana senza retorica a diretto contatto con il pubblico, per dare voce, per dire la nostra, con forza, con orgoglio e anche con audacia. Generazioni di giovani e meno giovani che si sono messi accanto con esperienza, competenza, motivazione e voglia di imparare. Non è stato facile ma la nostra ispirazione alla resilienza ha trasformato ogni ostacolo e lo ha reso più lieve. Con pochissime risorse, offerte con gioia da imprenditori locali e non, è stato possibile realizzare un piccolo festival con grandi ambizioni. Questa è una prima sintetica riflessione post-festival per condividere con chi legge, un bilancio con franchezza e trasparenza, in attesa di una serata di fine agosto: una serata a sorpresa, di festa e di gioia, che vorremo realizzare per ringraziare e salutare la città e i cittadini. Una riflessione per rilanciare oltre che per ringraziare ogni ospite che ha portato la sua voce sulla pedana del Palazzo Sanseverino-Falcone e ha contribuito a costruire e arricchire la prospettiva culturale di HortusAcri e della comunità acrese. Ogni voce, ogni gesto, ogni nota, tutto quello che è accaduto nelle sette serate, ha costruito trame, ispirazioni, cultura viva che parla di noi, di Acri, degli acresi, qui e nel mondo, apre una luce sulla parte più creativa e propositiva di questo nostro luogo, di questa terra inquieta e potente che troppo spesso ha lasciato e lascia spazio a brutture, a vuoti, assenze, ingiustizie, degrado e abbandono. Perciò fare e dare voce, di questo si tratta e vorremmo continuare a progettare: voce e voci per interpretare in modo vivo, e da più punti di vista, il presente, soprattutto il futuro e a questo ci serve la Mappa del Talento Acrese, che è già arrivata a circa ottanta nomi e si arricchisce ogni giorno, sfatando il mito negativo del “nemo profeta in Patria”, della scioccainvidia provinciale, che si ha per l’amico, il vicino, il parente che è riuscito, ce l’ha fatta, e porta ovunque il nome di Acri. Resta(r)te non è stato, dunque, e non sarà solo festival per la nostalgia degli eroi passati, non per lamentarci di ciò che qui non ci piace, non contro qualcuno a cui opporci e non per entrare nei calendari dell’estate acrese. Anzi abbiamo gettato ponti di dialogo con privati, istituzioni, persone, realtà locali e non, pensando a questo piccolo festival, che abbiamo iniziato a preparare da almeno sei mesi, e che abbiamo desiderato, voluto e realizzato per tutti quelli che ci hanno creduto, che hanno detto si, che hanno accettato la gratuità e con generosità sono venuti a raccontare loro stessi come cittadini di Acri e del mondo. Un piccolo festival dedicato al restare, al tornare, a quel movimento che ci fa essere individui mobili, non stanziali. Questo, dunque, non è solo un ringraziamento a tutti, protagonisti, pubblico, amici, ospiti, ma vuole essere piuttosto un primo, positivo, anche autocritico, bilancio di un’esperienza viva nel corpo della nostra comunità acrese. Sono possibili però anche movimenti contrari, questo vorrebbe essere HortusAcri che sarebbe però ben poca cosa senza chi ha detto con entusiasmo “si, ci sono” e che - in tutte le partecipate sere, portando se stessi con parole, immagini, suoni, teatro, con il dialogo, con la critica, con la riflessione pubblica -ha detto “io lo faccio, io resisto, io ci credo”. Abbiamo fortemente proposto di parlare una nuova lingua ispirata al bello, al nuovo, al cambiamento, amondi culturali altri, a bellezze nascoste da risvegliare. Una nuova lingua che inizia a essere compresa e parlata anche da altri, che si fa cultura viva, porta nuove visioni, suoni e forme. Ci piace pensarci come un innestotra il fare e voler fare, per accordare e scambiare energia nuova conquella attiva esistente.Infine, quante cose noi di HortusAcri abbiamo imparato, quante porte abbiamo cercato di aprire, quanti quadri abbiamo osservato, quanti suoni ci hanno nutrito, quanti temi sono stati aperti, quanti quelli ancora da esplorare, su cui perseverare, da innovare. Di tutto quanto appreso faremo tesoro per le prossime iniziative e per il festival del prossimo anno. Avremo ancora bisogno del supporto di tutte e tutti. HortusAcri siamo noi, tutte e tutti, siamo Acri, il paesaggio, i luoghi, le terre e le cose, le idee e i desideri che saranno la nostra guida e il nostro stimolo costante per i progetti imminenti e per il futuro.