Il Piano Strutturale di Acri, ovvero quello che un tempo si chiamava Piano Regolatore, segna il passo da quando la Legge regionale 19/02, ormai a dieci anni dalla sua attuazione, ne ha istituito l’obbligo per tutte le amministrazioni Calabresi.
Dopo vari fallimenti iniziali, questo nuovo strumento urbanistico che dovrebbe differenziarsi per modalità e contenuti dai vecchi PRG, è attualmente in corso di stesura ad opera di un gruppo di lavoro guidato dalla docente Francesca Moraci della Facoltà di Architettura di Reggio Calabria.
La procedura, prevista dalla legge regionale, obbliga la partenza del Piano con un Documento Preliminare da cui deve poi scaturire il vero processo di elaborazione del Piano Strutturale, soprattutto con la partecipazione di cittadini, forze sociali, soggetti attivi.
Ad oggi, nel caso di Acri, questa procedura è stata sovvertita perché si sta procedendo, da alcuni anni, con idee e proposte condotte sostanzialmente attraverso Laboratori di progetto che hanno visto soprattutto gli studenti di Architettura e Pianificazione, protagonisti di questa fase.
Lo stesso invito divulgato in questi giorni dai media locali, ai cittadini acresi, ad essere presenti a Reggio Calabria, il 14 maggio prossimo, va in questa direzione: voler spostare l’elaborazione del Piano Strutturale su un livello sperimentale accademico, che rischia, seguendo queste modalità, di fare assumere ad uno strumento così delicato e importante, scarse ricadute sulle previsioni di cambiamento per il vero percorso amministrativo del Piano, che, nel contesto di Acri, realtà estesa e complessa, ben altro meccanismo richiede, inclusa l’istituzione di un vero Ufficio del Piano.
Se di questa procedura a colpi di “Laboratori di progetto” possiamo condividere l’originalità e attualità di procedere sul livello delle proposte, c’è, al contrario da chiedersi come le Amministrazioni di Acri, risultino in questa e altre precedenti fasi, palesemente soggetto passivo, ossia del tutto incapaci di indicare esse stesse una visione di futuro, senza perciò attendere che la bacchetta magica delle idee di Piano Strutturale, facciano il miracolo atteso di cambiare lo stato attuale delle cose.
Quando si commissiona, a chiunque, un progetto così complesso come un Piano urbanistico, il primo ad avere le idee chiare deve essere il committente, perché il progettista segue e traduce con la propria esperienza i desideri di sviluppo di crescita, di rigenerazione urbana e quanto altro.
Quale sia la dunque direzione di questo Piano, quella che avrebbe dovuto o voluto avere, ad oggi non è dato intenderlo, soprattutto perché su questo delicato, quanto difficile strumento, si gioca ancora un pezzo di possibile futuro di Acri, e non solo dei centri urbanizzati, ma delle infinite e potenziali risorse che il paesaggio di questo vasto comune ancora conserva intatte e in attesa di possibili valorizzazioni.
Altre realtà ammnistrative, più grandi o più piccole hanno scelto la via del “consumo di suolo zero”, cioè non lasciare costruire altro cemento, oltre quello esteso e ad oggi realizzato: non è l’edilizia il volano di sviluppo del sud, lo dimostrano i fatti, nel fallimento di un modello urbanistico ed economico oggi in agonia proprio per questa scelta miope!
La ricchezza di Acri, come di altre tante realtà meridionali sono ancora la bellezza della natura, il cibo, l’aria, la cultura, la storia, la memoria, l’agricoltura biologica, il paesaggio e le sue dense variazioni cromatiche, un turismo lento e adeguato alla lontananza da grandi infrastrutture.
Noi tutti abbiamo il dovere di vigilare, suggerire, orientare scelte che non ci vedano succubi di decisioni altrui: un Piano Strutturale è tale solo se è davvero vissuto con la partecipazione di cittadini e forze sociali, che oltre ad indicare desideri, idee, percorsi, maturano con la diversa consapevolezza di una crescita differente e sostenibile.
La legge regionale urbanistica, tra le diverse cose positive, prevede l’istituzione di un Urban Center, ossia un luogo specifico dedicato alla condivisione con tutta la città, del percorso di costruzione del Piano Strutturale, un luogo dove si espongono le elaborazioni in progress; basta anche l’atrio del Municipio, per esempio, e suggeriamo agli amministratori acresi di istituirlo il prima possibile, di credere in questi ed altri percorsi innovativi, di fare in modo di essere veri committenti di questo Piano, di non attendere che siano altri a tracciare la rotta di un diverso futuro, di imprimere un iter diverso e realmente democratico, partecipato, trasparente, fattivo, propositivo, perché il disegno urbanistico è una conseguenza di una scelta del modello economico.
Proprio per questo il Piano strutturale di Acri, dovrebbe essere sviluppato nella nostra città/comunità, come un laboratorio permanente nel quale raccogliere dati, elaborare, progettare e interfacciarsi con la comunità.
“I piani si fanno camminando sul territorio, possibilmente a piedi”, sosteneva durante la prima occasione di redazione Pierluigi Cervellati.
L’amministrazione di Acri, dia un segno di cambiamento e attenzione a questi e altri temi, ne vale del futuro di una grande comunità che ancora può sperare nel cambiamento!