POESIA Letto 4688  |    Stampa articolo

Notte di Natale

Foto © Acri In Rete
Vincenzo Padula

Di una volta, ora vi racconto, di Dicembre era una sera: il Levante s'era aggiunto col Ponente, e tira e tira
si scippavano i capelli; e scompigliavano le stelle

Nero come uno straccio era il cielo; e disperse
come pezze da cucina vagavano le nuvole, spaventate,
mentre il buio pesto e nero, col coltello, poteva essere affettato.

Quando, scalzo e tutto pelato, da Sion , per la via camminava
un vecchietto infreddolito. Con un'ascia legata in vita,
morto di freddo era il poveretto, ma di uomo di dio, l'aspetto aveva

Attaccata dietro a lui, per la strada sconnessa e buia
camminaca, in camiciotto, (senza essere io di malocchio)
una signora, così bella, e cosi ben fatta, che anche una stella, ne evita il confronto.

era incinta la poverella , pregna e grossa, e muoveva tonda tonta la panciottella, che una barca, ti sembrava, quando carica di grano, và per mare piano piano.

e la bella ragazzotta, che cammina dietro a lui
per dirvelo non c'è parola... divento muto per l'emozione e di voi chi se lo sogna? si chiamava, la Madonna.

Per il freddo ed il cammino, la faccina le era smorta! un palazzo c'è vicino e s'accostano alla porta
poi, e tramando nelle mani,vi bussarono piano piano

Ingordi, i ricconi, si ingozzano e non rispondono; c'è un odore di cose buone, i piatti vanno e vengono, ed arriva il tintinnare, di bicchieri, fino al portone.

c'era li vicino, ma fuori mano, fatta di creta e di ginestra una casetta di bifolco che alla luce si mostrò. Spuntellarono i paletti, e la porta gli si spalancò

San Giuseppe, che aveva il manto, se lo sgancia in tutta fretta e lo spande li in un canto, e la madonna si ci sedette
e le sbocciano vicino, d'ogni fiore un Vurbino.

e nel mentre che dormivano, per la gioia e l'emozione si risveglia la Madonna, per cercare quella mela
che in regalo, dentro il sogno, aveva avuto.
Eccolo li! Bello e vispo, accovacciato sulla gamba

si ritrovò il Bambinello, che gemeza: Mamma, Mamma. Beata lei, gran fortunata, durante il sonno era figliata.

dormi, bellezza mia, dormi e riposa chiudi la boccucccia che pare una rosa dormi tranquillo, che ti quardo io; zuccherino mio.

Dormi e chiudi l'occhietto tondo tondo, che quando dormi tu dorme tutto il mondo; che il mondo e di te il servitore; tu, tu ne sei il Signore
dorme il mare e dorme la tempesta, dorme il vento e dorme la foresta
e pure nell'inferno, il dannato; resta ora ripostato.

Ti tengo in braccio e sento una gran paura: tu sei dio ed io sono la neonata. Mi brulica sul petto, e vuole fasciato, colui che mi ha creato.

statti tesoro mio, con mamma tua, adesso che ti ho, niente voglio più; con te voglio nel mondo camminare ; per sempre e cantare

e dire a tutti questo e figlio mio; la mamma è poverella, ma è figlio di dio dal cielo è caduto un bambinello; dentro alla mia vita.

la senti dentro il bosco questa voce? Non è il vento, no, chi è che ci soffia dentro? È la quercia che grida: il mio legno, la croce è di dio.

No non piangere, no! Perche o banbino, mi tremi, come una rondine, nel petto per adesso dormi senza pensieri, tanto poi, ci sarà la mamma tua

Sopra le braccia mie, sopra le ginocchia, salta, alza la testa, ed aprili gli occhi! Quanto sei bello! Che fiorellino steso; dammi un gran bacio.

Cosi cantava la Vergine Maria, mentre cullava il bambinello; ed il cielo basso basso si faceva
per ascoltare quel canto bello; ballava la terra e si muoveva, mostrando tutto verde il suo mantello ed il vento standosene incappottato, gridava dentro il bosco: è nato, è nato .

Ed ogni fiume portò una gran piena, chi d'olio, chi di latte , e chi di vino,
miele e farina, fuoriusciva dalle querce, ed era carico di fiori, come dire, anche lo spinoso rovo. Ritornata pareva la primavera, come andando scuotendo il suo grembiule;

la Vite rifece l'Uva, il Grano le sue spighe, e le "Scattille" si rifecero gran fiche.

il Portone del cielo si spalancò, e con un fruscio forte e con il vento, quattro truppe di arcangeli ne discesero, di una grande bellezza,, chera uno spavento, a squadroni si miserò sul pagliaio, e tenendosi per mano, a cento a cento, si misero a cantare con un suono:

sia gloria a lui, e pace sia all'uomo buono

a quel grido, forte e da banditore, che gli angeli spandevano nel paese, subito si svegliarono le greggi, i mandriani, i cascinari ed i pastori. Videro le campagne non più scure, sopra i montio videro le luci, sentirono suonale le cornamuse e videro ballare montoni e pecorelle.

ed ognuno rimaneva rincitrullito, e con le mani gli occhi si stropicciava, ma un angelo passando li avvertì: è nato. È nato quel dio, che aspettavamo. Ed ognuno per la via si riverso a rompicollo. Chi cantava, chi ballava e chi senza pensieri, faceva con la zampogna : 'lleru, 'lleru, 'lleru.

Ed io, simpatici ragazzi, pure io allora, mischiare mi volevo con quella folla, ma qualla andava carica di regali, ( che problema) io, io solo non aveno chè donare. Andavo, nelle tasche mie cercando. Ma che avevo da cercare! Non c'era niente. Che feci allora? Feci questa ballata
e Gesù, il Bambinello , mi fece andare, da allora, con la testa, da poeta incoronata.

Libera traduzione di, (***): Anonimo.
Manoscritto, trovato per caso in un vecchio baule, ridotto e dattilografato da: Giuseppe Pancaro


PUBBLICATO 24/12/2015





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