Le fatiche letterarie del dott. Massimo Conocchia
Vincenzo Rizzuto
Ho letto in questi giorni i due volumi di Massimo Conocchia: “Voglia di emergere”,
Calabria Letteraria Editrice 2014, e “Donne del Sud”, Edizioni Orizzonti Meridionali, 2015.
Due racconti-saggio che ho trovato davvero interessanti non solo per contenuto,
ma anche per la ricchezza di una larga documentazione, fatta di intelligenti riferimenti
storico-letterari, frutto evidente di approfondite e larghe letture.
Conocchia, come si sa, è un apprezzato cardiochirurgo nonché docente della medesima disciplina, ma con questi due saggi, parte dei quali dedicati a momenti autobiografici, dimostra di sapersi muovere a suo agio come scrittore, con raffinata perizia letteraria, attraverso un periodare non solo colto ma anche accattivante. Il lettore infatti, almeno per quello che mi riguarda, una volta iniziata la lettura delle prime pagine dei lavori di Conocchia, viene attratto sempre di più a proseguire fino alla fine, e questo non è poca cosa!, considerato che troppo spesso la lettura di un autore viene abbandonata dal lettore annoiato. Uno dei pregi della scrittura di Conocchia è la capacità di calarsi nella realtà vissuta, pulsante, attraverso un periodare scorrevole e puntuale in cui niente è sprecato e superfluo; un periodare con cui si descrivono gli avvenimenti inquadrati sempre nel contesto storico-sociale con estrema puntualità, pur trasfigurati con una affabulazione che a volte assurge a lirismo poetico, specie quando tocca aspetti intimi dell’autobiografia; allora l’autore, quasi confessandosi, si commuove e in questo medesimo stato d’animo trascina anche il lettore. Sì, nei lavori di Conocchia aleggia di continuo la commozione, che non è però mai angusta chiusura in se stesso, ma aspirazione a divenire, con delicata pudicizia, nobile sentimento universale di ogni luogo e tempo. Così vanno intesi infatti i grandi sacrifici, le delusioni, le aspirazioni di riscatto, la povertà materiale, i valori della famiglia e tutti gli altri aspetti dell’esistenza umana, che l’autore attribuisce a se stesso o agli altri protagonisti dei suoi saggi. Insisto a rubricare i due volumi come saggi perché, pur in forma narrativa, essi sono veri e propri studi a carattere storico e socio-antropologico, che danno al lettore un quadro abbastanza dettagliato documentato della società meridionale del secolo scorso, senza cadere in noiose elucubrazioni. Io credo che la scrittura di Conocchia vale la pena non solo di essere letta ma anche meditata, soprattutto da parte dei più giovani, perché può fornire ad essi una conoscenza critica del recente passato, quel passato delle loro radici, fatto spesso non di frivolezze e di sollazzi, ma di grandi sofferenze materiali e morali, che hanno scandito profondamente l’esistenza di intere popolazioni condizionando le basi della storia futura, cioè del nostro presente. E Conocchia, quasi come un nonno, fa rivivere al lettore la tragedia della due guerre mondiali, il dramma dell’emigrazione biblica vissuto dal meridione, l’analfabetismo di intere comunità, l’abbrutimento della grande miseria, che hanno costituito il grande degrado delle nostre popolazioni. L’autore, da esperto psicologo e conoscitore dell’animo umano, si cala nelle infinite vicissitudini facendole toccare con mano al lettore, in una comunione di sentimenti e di valori, che diventano sempre catartici e mai fine a se stessi. Per tutto queste valenze pedagogiche, io credo che valga la pena di leggere i due lavori. |
PUBBLICATO 21/12/2015
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