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Siamo tutti francesi

Foto © Acri In Rete
Franco Bifano
Si, siamo tutti francesi  lo siamo diventati, senza esserne consapevoli,  ancor prima che lo diventassimo per solidarietà. E’ successo   in quel maledetto istante i cui brutalmente, spietatamente, è stato  aperto il fuoco   contro i ragazzi e le ragazze  che riempivano  il teatro Bataclan,  contro  le famiglie sedute, in una tranquilla serata d’autunno, al ristorante “Le Petit Campodige” e in tutti gli altri luoghi nel cuore di Parigi.  
Nel preciso  momento in cui  quelle persone venivano ferite o colpite  a morte noi,  italiani, spagnoli , tedeschi e tutti i cittadini d’Europa siamo diventati francesi. Cosi come due settimane fa  siamo stati cittadini russi, forse di questo siamo meno consapevoli,  dopo i 224 morti nel disastro dell’aereo precipitato dopo l’esplosione della bomba collocata  a bordo dalla stessa matrice terroristica dell’attacco a Parigi. Diventiamo in automatico  cittadini di qualunque nazione i cui figli diventano bersaglio e vengono  colpiti dalla mano   di questi   assassini in una  guerra che ormai  coinvolge tutto l’Occidente, di terroristi che uccidono e si tolgono la vita  in nome  Hallah.  Come poi si possa uccidere e uccidersi in nome di Dio resta un mistero considerato  che non può esistere un Dio a predicare l’odio. L’odio è un fatto  terreno, un “privilegio”  degli uomini, un effetto collaterale delle miserie umane. Non ha  nulla di divino quindi. Eppure questi uomini si trasformano in  belve e  muoiono con la convinzione  di avere fatto qualcosa di gradito al loro Dio.
Come possiamo difenderci? Quali strumenti abbiamo per fermare questa barbarie di violenza e dolore prima che si trasformi in un incubo, vera strategia destabilizzante  perseguita dai terroristi? Non certo seguendo i suggerimenti dell’onnipresente Salvini (ormai lo troviamo dappertutto come il prezzemolo) l’Islam non è l’isis e il razzismo genera altra violenza. Ancora peggio ottengono certi titoli di giornali “Islamici Bastardi” (Libero del “simpaticoBelpietro). A mio avviso, occorre che l’Europa, l’America, la Russia abbandonino senza indugio le ipocrisie sulla Siria, i tatticismi politici, gli accordi sottobanco, gli interessi geopolitici ed economici (gas  e petrolio). Occorre una nuova e non più rinviabile fase  di politica condivisa fatta anche di nuove alleanze per isolare gli assassini e un lavoro coordinato di inteligence per debellarli. Una politica  portatrice di pace e di depotenziamento dei focolai di guerra che consenta il rientro nei loro paesi delle migliaia di profughi.  Obiettivi ambiziosi? Forse, ma  bisogna almeno provare prima che sia troppo tardi.

PUBBLICATO 16/11/2015





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