Cercando Pandosia perduta, nuovi itinerari turistici tra Acri e Castrolibero
Samantha Tarantino
Ci sono città che i secoli inghiottono in una strana amnesia. Trovarne l’origine sarebbe come scoprirne una nuova identità, forse quella vera.
È il caso di Pandosia, piccola colonia preellenica che la leggenda vuole fondata nel meridione d’Italia, dal leggendario Italo, re degli Enotri. Tale ne fu l’importanza che ebbe anche propria moneta risalente al V secolo a. C., in cui era raffigurata da un verso, la divinità con diadema e dall’altra il dio del fiume Crati. Gli storici antichi, Strabone, Tito Livio, Plinio il Vecchio (colui che morì durante l’eruzione del Vesuvio che distrusse Pompei, Stabiae ed Ercolano) in realtà, raccontano di una Pandosia bruzia e di una Pandosia lucana. Due regioni con una stessa origine. Il popolo del vino, gli Enotri. Pandosia fondata diciassette generazioni prima di Troia (dal greco Pan-tutto, dono) è il nome di una giovane ninfa che le fonti accostano spesso a Diana. E come spesso è accaduto nella storia delle colonizzazioni greche o romane si crea, in altro luogo, l’impianto originario della madre patria. Ed in effetti, la Pandosia originale si trova in Epiro su una Acropoli sotto cui scorre il fiume Acheronte. Ed un fiume Acheronte scorre sia nella Pandosia Bruzia, che in quella lucana nella val D’Agri. Ma oggi dov’è Pandosia Bruzia? Con questo nome due sono i probabili luoghi che le fonti storiche citano. Una parte, la vuole riconoscere nella cittadina di Acri (Ακρα, sommità), l’anticaAcheruntia, il cui nome ricorda il fiume più volte citato. Acri, durante le guerre Puniche, strinse alleanza con Cartagine, sconfitta poi dai Romani. Si mise in contrasto agli Ostrogoti di Totila e fu teatro di una delle battaglie tra Aragonesi ed Angioini. Molti reperti archeologici risalgono all’epoca brutia e soprattutto il castello (Rocca dei Bruzi) che doveva avere forma trapezoidale, sorto per difendere tutta la piana di Sibari ed oggi visibile solo in parte. Altre fonti riconoscono Pandosia nella zona tra Mendicino e l’attuale Castrolibero, l’antica Castelfranco, vicinissima a Cosenza, dove anche qui numerosi sono i reperti di epoca bruzia tra cui resti di mura difensive (località Palazzotto). Qui la toponomastica e i documenti antichi parlano di un casale dal nome Pantosa o Pandosa (metà del XV secolo.) e della chiesa San Nicola de Pantusa. Nell’ incertezza di localizzare la Pandosia bruzia, restano le fonti storiche che raccontano dell’atroce fine diAlessandro il Molosso, re d’Epiro, (zio e cognato del più noto Alessandro Magno) che proprio qui, tra il 331 ed il 330 a. C., così come gli era stato predetto dall’oracolo di Dodone “A Pandosia dai 3 colli…perderai il popolo”. E la Pandosia dai tre colli, in cui doveva trovarsi l’accampamento dello sfortunato Alessandro, era vicino al fiume Acheronte, nei pressi di Cosenza, al confine tra i possedimenti lucani e bruzi. Raccontano Tito Livio e Strabone che Alessandro il Molosso fu ucciso per mano bruzia e parte del corpo trasportato a dorso di un mulo fino a Cosenza. Fin qui la storia. Gli ingredienti ci sono tutti per un ennesimo itinerario turistico-culturale per appassionati di storia e archeologia alla ricerca della Pandosia perduta! fonte ecodellojonio.it |
PUBBLICATO 24/07/2015
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