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“Barbara e Rosellina Indrieiri le avrei salvate”. Lo “sgarrista” Giuseppe Perri a proposito della strage di San Lorenzo del Vallo

Foto © Acri In Rete
Emilio Grimaldi
Era una bella ragazza. Se c’ero io li facevo salvare.” Giuseppe Perri, capo della cosca “Lanzino - Ruà” operante in Acri e zone limitrofe con il grado di “sgarrista” (secondo la testimonianza del collaboratore di giustizia, Mattia Pulicanò) ne è sicuro. Lo confida al nipote,Luigi Belsito
Per gli inquirenti dell’operazione Acheruntia - che ha posto agli arresti nei giorni scorsi sette persone per estorsione, concussione, usura e reati in materia di armi, e paralizzato lo scudo crociato dell’Udc calabrese con il “concorso esterno” all’associazione mafiosa dell’ex assessore all’Agricoltura, Michele Trematerra, poi derubricato in finalità “personalistiche” a favore di un “singolo beneficiario” dal gip, Pietro Scutieri -  il riferimento è alla strage di San Lorenzo del Vallo, in provincia di Cosenza, del 16 febbraio 2011 in cui furono trucidate Rosellina Indrieri e la figlia Barbara di anni 26 ad un mese esatto dall’omicidio di Domenico Presta, figlio diFranco, allora latitante e ritenuto “supervisore” dell’operato delle cosche nell’hinterland consentino, di Perri e di altri.
È con Presta che avrebbe voluto parlare Perri. Per farlo ragionare invitandolo a “stare calmo” dopo l’esecuzione del figlio. Per dirgli che le donne non c’entravano. Oppure che non si toccano secondo alcune regole non scritte della vecchia ‘ndrangheta. Ad un mese dalla strage, già detenuto, “U’ Guappo”, in forte ritardo rispetto agli eventi, lo ribadisce: “Digli di farlo stare calmo, calmo …. Che se gli va bene, tra tre o quattro mesi esce lui. E poi se ne parla… hai capito  …digli. che lui non dorme né giorno e né notte. Non c’è pace per quello.” E Luigi Belsito, accusato di favoreggiamento della latitanza di Presta, risponde: “Proprio l’altra volta gliel’ho detto.” Un incontro che sarebbe avvenuto ad Acri. Al termine del quale, alle prime luci dell’alba successiva sarebbero andati via. Lui, la moglie e il cugino. “Se ne sono proprio scappati quelli da Acri”, racconta.
E al termine del colloquio alla Casa circondariale di Rossano Calabro Perri lancia un'ultima raccomandazione per il suo “supervisore”. “Ora sai cosa devi prendere? Una radio così…. Una radio per ascoltare le partite … hai visto quelle piccoline … poi la imbusti e dagliela …” Dalle carte dell’inchiesta non si evince se poi Belsito la “radiolina” gliel’avrebbe consegnata oppure no. Quello che è certo è che, a distanza di poco più di un anno dall’ “avvertimento”, viene arrestato a Rende. Era latitante da cinque anni e ritenuto uno dei cento ricercati più pericolosi d’Italia.



PUBBLICATO 15/07/2015





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