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Acri fossa comune

Foto © Acri In Rete
Angelo Sposato
Una sinfonia incompiuta eseguita con tegami battenti, il senso in ossimori della città di Acri. La morte conduce a credere vita altrove. Ma la fine è fine. Acri, infatti, è finita ed è senza resurrezione non essendo figlia di dio, ma degli uomini, degli acresi. Si sfilacciano polemiche, diatribe per questo o quel fatto e tutto si cala in un tempo ammuffito nel quale la città si trova. Non ha contemporaneità, non ne ha chi la gestisce e non l'ha mai avuta. L'Europa condanna l'Italia per le torture alla scuola Diaz a Genova nel 2001, ma il sindaco ed ex sindaci, assessori ed ex-assessori sanno cosa ha significato quel 2001? Non credo. Sono più importanti i colpi di parole arrangiate con i cronisti locali. Sono più importanti i calcoli senza idee. Roba vecchia, quanto tutta una giunta comunale, roba da bocciofila alla domenica, roba da emigrati negli Stati Uniti. Nessuna considerazione sui tempi, nessuna su quanto una dimensione locale debba riconquistarsi l'identità, oggi, ancor di più decentralizzata dallo Stato. Ma gente che parla di politica senza idea collettiva di anime individuali, parla solo di fumo, nemmeno buono. E poi le strade, i trafori, l'energia senza alcuna stesura e la pompa magna, molto più magna. Magari fosse stata di più una pompa! 
Acri non può certo risorgere, Acri può essere solo ricostruita. Non da queste giunte comunali, non dal familismo, non da potenziali Kennedy. 
Che ci vuole a sentire i tempi, a comprendere la versatilità di un luogo, a stanare e combattere l'individualismo della necessità, al quale attinge la mancanza di futuro? Che ci vuole a fare storia, a leggere un posto lontano come vicino? Che ci vuole a capire che si vive in una realtà ottocentesca di notabili poco colti, di una borghesia che si riserva l'accesso al benessere e poi dispensa un po' di miele per catturare più mosche possibili, lasciandogli credere di esser fuori dalla merda e di aver raggiunto un riscatto sociale?
Non ci vuole molto. In questo stato di cose senza cognizione temporale, storica e culturale, però, il difficile è poterlo volere

PUBBLICATO 12/04/2015





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