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Rassegna teatrale, sabato si chiude con

Foto © Acri In Rete
Comitato Pro Centro Storico
Un pubblico di adulti divertiti e piccini attenti a non perdersi una battuta nella terza serata della "Rassegna teatrale in dialetto calabrese " ha fatto da cornice alle sedici bravissime e simpaticissime mamme facenti parte della "Compagnia del sorriso ..mamme alla ribalta " Con lo spettacolo "C'era una volta .....e vissero tutti felici e contenti " Sabato 28 marzo ultima e attesissima rappresentazione Saranno con noi gli attori del Parco Tommaso Campanella Con Lo spettacolo teatrale che ha per titolo: “Donnu Pantu ara taverna d’Acri” per la Regia di William Gatto.
Si tratta di una pièce teatrale della durata di 80 minuti circa, avente a soggetto Don Domenico Piro, detto Donnu Pantu, personaggio istrionico apriglianese, della Calabria del XVII, che ebbe sagacia vivacissima, autore di versi sornioni, ed al contempo boccacceschi e peccaminosi.
Tra “Cazzeide” e “Cunneide” poemi autentici di una letteratura erotica popolare calabrese in fase embrionale, sarà servito metaforicamente agli spettatori, il frutto proibito dell’amore nel palazzo nobiliare Falcone Sanseverino di Acri.
L’ispirazione di un umano errare, la ricerca della conoscenza, il pensiero dell’uomo, circoscritto nel peregrinare di Edipo, che scopre la Sfinge a Tebe, generano in Donnu Pantu immagini metaforiche allusive intrise di carica erotica, e rappresentano gli elementi cardine dello spettacolo teso al recupero delle tradizioni acresi identitarie.
Al ritmo delle ”Canzuni” e la “Briga degli studienti”, si pone in luce nel racconto come potrebbe essere opportuno per un giovane imparare una buona professione artigianale, durante le giornate primaverili e non certo a dilettarsi a fare i letterati che non consente di arricchirsi; non è il caso del vispo giovanotto Ciccino, nipote della compianta Tiresa a Tavernara, badante della nobildonna Camilla Sanseverino, proprietaria del palazzo, venuta in Val di Crati per risolvere le questioni affittuarie dei suoi possedimenti, che è intenta a prendersi cura della formazione dell’acquisito nipote.
Convoca pertanto il famoso cantastorie dei cunti della terra bruzia, ed il ruspante prete presilano Pantu, per una lezione che sproni la formazione del giovane che sogna di riaprire un giorno, la taverna del caffè lasciatagli dalla zia, implementandone le attività mediante la sua passione, il teatro.
In un ambiente fatto di malandrini, briganti, di “puetazzi che incriccanu lu mustazzu”, e di “mercanti arabi perdijornate” si inneggerà al desidero sessuale legato al carpe diem per incitare Ciccino attraverso la poesia, a menare ore liete nella allegra movida partenopea tenendo d’occhio lo studio e la religione, attraverso la filosofia di vita dei maestri che indottrinano il giovane, dotato di immaturo, ma sfavillante ingegno artistico, a godersi la vita napoletana che pulsa come un armonioso, mare in tormenta.
Interpreti d’eccezione il cantastorie e Pantu denuncianti attraverso una comune ironia satirica, il Viceregno di Napoli cosentino, spagnoleggiante e post-rinascimentale, alternando morali, e filosofie del maestro cosentino Telesio e del suo discepolo Campanella da una parte, e versi erotici sensoriali dall’altra. Lo spettatore mediante il tema del viaggio adolescenziale ed emozionale del giovane Ciccino, e del confronto intergenerazionale, sarà condotto per mano alla scoperta degli elementi naturali necessari per la degustazione della preziosa bevanda al color del manto di monaco, elisir di lunga vita…









PUBBLICATO 27/03/2015





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