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La porta semi aperta del paradiso o dell'inferno

Foto © Acri In Rete
Angela Maria Spina

Attraccato nel porto di Corigliano Calabro il mercantile Ezadeen che trasporta circa 450 immigrati di nazionalità siriana, tra cui una cinquantina tra donne e minori, soccorsi dalla Guardia costiera nel Mare Jonio al largo delle coste Calabresi, dopo che gli scafisti avevano abbandonato l’imbarcazione. Corigliano come Lampedusa?
Le operazioni di sbarco degli immigrati coordinate dalla Prefettura di Cosenza e la collaborazione di alcune organizzazioni di volontariato per garantire assistenza ai migranti, indicano la destinazione tra il paradiso o l'inferno dei tanti immigrati che saranno avviati nei centri di accoglienza, là dove come rito si procederà alla loro identificazione.
Senza urgenze sanitarie per i disperati del mare, sospesi tra cielo e terra, tra vita e morte, da circa tre giorni in balia del mare rabbioso; il cargo battente bandiera moldava privo di equipaggio, carico di migranti è quella che comunemente viene definita una nave fantasma, che farebbe anche di Corigliano una nuova "Lampedusa Calabrese" frontiera cioè dell’immigrazione clandestina.
Dopotutto i Calabresi non lo scoprono adesso, da tempo ormai hanno imparato ad accogliere ed ospitare, attraverso esperienze di buon senso e coraggio come l'esperienza di Badolato, la casa di Abou Diabo ad Acri, e di tutte le meritevoli iniziative volte a favorire l’integrazione delle persone immigrate, dei rifugiati e richiedenti asilo, dei minori stranieri e delle vittime di tratta, di diverse altre realtà calabresi spesso sommerse e poco appariscenti.
I Calabresi sanno tutti per lo più che questi viaggi del dolore e al tempo stesso della speranza, con navi semi dismesse, acquistate cioè a poche centinaia di migliaia di dollari da trafficanti di uomini, servono al commercio moderno di esseri umani, dei nuovi schiavi della dinamica servo/padrone...
Le Carrette del mare, sempre abbandonate dagli scafisti in vista delle coste italiane, dopo aver fruttato guadagni milionari ai trafficanti di vite sospese tra vita o morte, tra dolore e felicità, tra inferno e paradiso, diventano l'ossimoro di questa disperata realtà del nostro tempo presente. L’Ezadeen, lungo una sessantina di metri e battente bandiera della Sierra Leone, è una nave mercantile costruita nel 1966.
Sarebbe di proprietà di una compagnia con sede a Tripoli, in Libano, solitamente utilizzata per il trasporto di bestiame vivo.
Secondo il sito Vesselfinder.com, l’11 ottobre scorso si trovava nel porto siriano di Tartus.
Il 19 dicembre invece in quello di Famagosta, sulla costa orientale di Cipro. Ed era diretta al porto francese di Sete. Giovedì pomeriggio il mercantile è stato lanciato verso il porto di Corigliano Calabro col suo carico di circa 450 migranti di nazionalità siriana, tra i quali Donne e Bambini.
Giunti in acque italiane definite “Sar” (ricerca e soccorso), a circa 80 miglia da Crotone, i migranti hanno lanciato l’allarme. In zona sono arrivate le motovedette della Guardia costiera e la nave islandese Tyr della missione Frontex. Impossibile, però, per gli uomini della Guardia costiera salire a bordo, anche dopo che il cargo si è fermato per avere esaurito il carburante. Con onde alte sette metri, il rischio di un abbordaggio era troppo elevato. E così, come già successo a Gallipoli, i marinai si sono dovuti calare a bordo col verricello di un elicottero dell’Aeronautica militare. Una volta ai comandi, i militari si sono anche resi conto che questi erano fuori uso; si è reso quindi necessario l’intervento della nave islandese, che ha trainato la Ezadeen verso il porto di Corigliano Calabro.
Quanto accaduto conferma la nuova strategia messa in atto dai trafficanti: per scampare all’arresto, lasciano le navi ingovernate, col rischio di farle finire sugli scogli. Una metodica già nota alla Guardia costiera calabrese, che recentemente si è trovata ad affrontare casi analoghi.
Per questo tipo di “sbarchi” l’organizzazione usa navi dismesse da 2-3 anni, di cui non vi è più traccia nei registri navali ma che ricompaiono misteriosamente in queste circostanze, da cui il nome di “navi fantasma”.
Il trend delle navi 'fantasma', abbandonate dall'equipaggio, come in questo caso abbandonato a 40 miglia al largo di Capo Leuca, spiega l'Ammiraglio Giovanni Pettorino, comandante dei reparti operativi della Guardia Costiera, "È il terzo caso che registriamo in queste ultime settimane (...) di una nave abbandonata al suo destino con centinaia di persone a bordo"; di "mercantili al termine della loro vita operativa, come carrette del mare acquistate a 100-150 mila dollari saranno riempite di centinaia di migranti, in prevalenza di nazionalità siriana, che arrivano a pagare ciascuno anche 6 mila dollari per la traversata dalle coste turche alla volta dell'Europa".
I trafficanti arrivano così a guadagnare fino a 5 milioni di dollari per ogni viaggio "e quindi non avranno alcuna remora ad abbandonare la nave, considerandone il margine di guadagno" assicurato dal business dell'immigrazione irregolare.
Navi mastodontiche dai 60 ai 100 metri, da consentire la navigazione anche d’inverno, col mare grosso, mentre in passato venivano usate solo vecchie carrette di pochi metri e gli sbarchi erano concentrati solo nella stagione estiva.
Dopo la partenza dai porti della Grecia o della Turchia, a distanza di sicurezza dalle coste italiane, gli scafisti inseriscono il pilota automatico, o comunque danno i rudimenti di navigazione a qualcuno dei migranti a bordo, e abbandonano la nave.
Un vero e proprio business milionario, quello dei migranti in rotta verso l'Europa: secondo l'Organizzazione internazionale per l'immigrazione, che ha sede a Ginevra, gli immigrati sono costretti a pagare tra 1.000 e 2.000 dollari per il viaggio, cifra che avrebbe fruttato ben oltre un milione di dollari ai trafficanti che operano su navi come la Blue Sky.
Altre Due navi da carico sono state infatti intercettate nei giorni scorsi dalla Marina Militare Italiana, sempre cariche di immigrati, soprattutto di nazionalità siriana.
Il nostro paese come è noto si trova ad affrontare da diversi anni un afflusso crescente di immigrati clandestini che cercano di raggiungere l'Europa dal Mediterraneo a rischio della loro vita; anche attraverso una vera e propria trasformazione in controtendenza della domanda e dell'offerta, che ha spinto a
modificare l’approccio tra scafisti e profughi, disposti a pagare prezzi sempre più alti in alcuni casi si arriva a pagare ottomila dollari a testa, per viaggi che dovrebbero condurli verso la libertà e che più spesso si trasformano nella porta dell'inferno.
Si potrebbe parlare di un cambio di strategia, che oltre ad essere rischioso per i migranti e per gli stessi soccorritori, costretti a salire a bordo di navi in movimento in condizioni meteo marine spesso rischiose, provoca anche un altro problema: l’occupazione delle banchine dei porti di attracco limitano, a volte per periodi molto lunghi, le normali attività commerciali degli scali, con danni anche per gli operatori e l’economia della zona.
Ma allora perché più spesso di quanto non ci accorgiamo ci si trova attori protagonisti o testimoni di atteggiamenti discriminatori o malamente retorici che portano molti di noi ad infierire -senza alcun ritegno- sulla presenza di questa carne umana?
L'indignazione è d'obbligo, la rivalsa: un gesto di solidarietà e Partecipazione al Dolore, con equilibrato senso del reale.


PUBBLICATO 05/01/2015





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