La scuola italiana ed i tanti "marchesi del Grillo" - Parte 2
Leonardo Marra
Prima di iniziare questo mio intervento, mi preme mettere in chiaro un aspetto fondamentale. In tutti i miei interventi non ho mai avuto intenzione di offendere chicchessia, dato che, oltre a rappresentare una forma di maleducazione, l’offesa personale, a mio avviso, persegue l’unico risultato di mortificare unicamente chi la pronuncia. Ogni mio intervento, fosse esso più o meno ironico, più o meno pittoresco, ha sempre avuto (ed avrà sempre) l’unico scopo di identificare uno spunto di riflessione su quanto accade intorno a noi. Pertanto, semmai fosse successo, porgo le mie scuse a tutti coloro i quali possano essersi ritenuti offesi da qualche mia affermazione, a loro avviso, fuori luogo.
Detto questo veniamo al punto. Dopo la pubblicazione del mio ultimo pensiero a titolo: “La scuola italiana ed i tanti marchesi del Grillo”, sono stato contattato dalla dirigente scolastica del Liceo Classico-Scientifico che, in maniera appassionata e decisa, mi ha invitato a riflettere su alcune considerazioni da me esternate in quel frangente e che, a suo avviso, meritavano delle precisazioni/correzioni. Precisazioni che pubblico volentieri. La Dirigente scolastica mi chiede di precisare che non è mai stato negato il diritto di assemblea ai ragazzi dell’Istituto da lei diretto e che la soluzione alternativa da lei prospettata non era quella di riunirsi ognuno nella propria classe, come da me riportato, ma di effettuare due assemblee distinte (una per il biennio ed una per il triennio). Inoltre, mi chiede di precisare che esiste una aula magna nel Liceo Scientifico, ma essa risulta insufficiente (oltre che inadeguata sotto il profilo della sicurezza) a contenere gli studenti del Classico e dello Scientifico (circa 460 studenti) contemporaneamente . Ancora, la Dirigente mi invita a riflettere sulla frase dove affermo: “questo Liceo riesce ad organizzare solo visite periodiche al palazzo Sanseverino” ed a riportare le iniziative a carattere culturale alle quali gli Istituti, da lei diretti, hanno partecipato. Fra gli altri la rappresentazione dell’Antigone a Lampedusa, la partecipazione al premio Padula, al premio Arena, alla mostra fotografica sulla città di Acri, al convegno “Adolescenza e cefalea” ed ultimo, in ordine di tempo, il progetto “Salvaguardiamo il nostro cuore”. Prendo atto e, come detto, riporto molto volentieri queste precisazioni, anche se a mio avviso nulla modificano di quella che vuole essere la mia segnalazione di un malessere diffuso nei giovani e la superficialità con la quale la scuola (in generale), approccia il problema. Nella parte conclusiva del mio “articolo” affermo che la scuola (italiana) rappresenta una istituzione socialmente non al passo coi tempi, il cui intendimento è di formare futuri cittadini con una sufficiente cultura sulla guerra austro-prussiana, sul pensiero di Schopenhauer, sugli integrali doppi, sull’acido desossiribonucleico o sulla letteratura romantica della fine del XVIII secolo, ma poche o nessuna idea su quello che succede intorno a loro, quali ne sono le cause e come affrontare le situazioni di disagio senza rimanerne sopraffatti. Per carità, tutti gli argomenti didattici succitati hanno una valenza importantissima nel processo di sviluppo e di formazione dei ragazzi, ma mi sarebbe piaciuto che ci si fosse soffermati in maniera un po’ meno superficiale, su quel mio pensiero, riflettendo sul fatto che questi ragazzi hanno l’unica colpa di vivere una crisi economica, esistenziale e di valori non voluta e non cercata da loro, della quale poco o nulla sanno, sulla quale nessuno dà loro gli strumenti per ragionarne e della quale risultano essere le principali “vittime”. Quando auspico la possibilità che gli studenti possano approfondire i temi sociali di attualità, esprimo la speranza che possano farlo collegialmente, perché solo confrontando le diverse modalità di approccio o punti di vista si può ampliare il senso critico e la capacità di interagire in positivo con i coetanei oltre che con gli stessi insegnanti e la dirigenza e, dato che in piazza si finisce per parlare unicamente della juventus, del milan o dell’inter, gli unici luoghi deputati a tali approfondimenti restano la famiglia, la scuola e le sedi di partito. Molto spesso nella prima non c’è una adeguata preparazione e nell’ultima si è ormai perso il carattere “formativo” che una volta era peculiare di ogni “sezione”. Resta solamente la scuola! Partecipare ai concorsi letterari, teatrali o fotografici è senz’altro cosa buona e giusta, ma siamo proprio certi che così facendo riusciamo a solleticare, intercettare e canalizzare l’interesse anche della maggioranza silenziosa? Qualche giorno fa qualcuno, leggendo il mio articolo, ha detto: “questa non è una generazione persa, sono le famiglie che si sono perse, perché non hanno più la funzione educativa di una volta e chiedono alla scuola qualcosa che questa non potrà mai dar loro perché la scuola non può sostituirsi alla famiglia”. Sono restato per ore a pensare a questa affermazione. Alla fine sono riuscito a partorire solo domande: sarà che la famiglia di oggi si è trovata catapultata in una società dai ritmi e modalità così invasive e veloci da esserne sopraffatta e quasi annientata? Sarà che non c’è stato il tempo per acclimatarsi a queste variazioni repentine della vita quotidiana? O forse perché tra le tante ansie ed i mille espedienti per cercare di sopravvivere e non finire stritolati dalla povertà, le famiglie non trovano più il tempo per comunicare adeguatamente con i loro figli? E allora che fare? Lasciare che quella maggioranza silenziosa si attacchi alla bottiglia a quindici anni e creare dei disillusi ancor prima che possano “provarci”? Facciamoli discutere anche di questo a scuola, magari i ragazzi troveranno le risposte prima di noi e prima che sia troppo tardi. Ecco, questo, al di là delle precisazioni, è quanto avrei voluto eccepire alla dirigente scolastica. Non sono riuscito a farlo in quel momento, lo faccio ora… con calma. |
PUBBLICATO 12/12/2014
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