ACRI, il volto greco della Calabria. Cronaca di un week-end
Paolo Nanè
Il 6 e 7 dicembre 2014, un gruppo di amici del Circolo ACLI di Avola (27 persone, compreso l’autista Giovanni, un giovane trentenne della Contea di Modica, sveglio e capace) abbiamo visitato Acri, un paese di circa 22.000 abitanti in provincia di CosenzaIl centro urbano è situato a 720 m s.l.m. e il suo territorio si estende per oltre 20.000 ettari. Acri è la porta nord della Sila greca e domina la valle del Mucone e la valle del Crati
Perchè Acri? Mi aveva incuriosito un articolo su un giornale specializzato, nel quale veniva appunto segnalato Acri come “il volto greco di Calabria”. Con lo stesso gruppo avevo condiviso una bellissima esperienza di viaggio nella Grecia salentina, per cui è sorta spontanea la curiosità di conoscere anche la Sila Greca, puntando su Acri quale centro più rappresentativo della grecità del territorio. Per altro, avevo letto alcune interessanti recensioni sul MACA (Museo Arte Contemporanea Acri), ospitato nel prestigioso Palazzo Sanseverino-Falcone, ove è possibile ammirare una ricchissima e raffinata collezione di lavori in vetro del maestro Silvio Vigliaturo, che l’autore stesso ha donato alla sua città natìa. Il volto greco di Acri ha cominciato a manifestarsi quando ho intrapreso i primi contatti telefonici con il presidente della Pro loco, dott. Gennaro Russo, che, con grande e generosa disponibilità, mi ha indicato un interessantissimo percorso turistico. Poi, considerato che la nostra visita coincideva per puro caso con una sua temporanea assenza dalla città, mi ha indicato come guida proprio un operatore del MACA, il giovane Massimo Garofalo, che mi sono premurato subito di contattare per prendere gli opportuni accordi, successivamente definiti in concreto attraverso una stimolante triangolazione con Massimo e Gennaro su orari, tempi di percorrenza e quant’altro. Ho verificato dopo, che da vero deus ex machina, Gennaro aveva preso tutti i contatti possibili e immaginabili; in una parola, aveva mobilitato tutte le persone giuste affinchè la nostra visita si svolgesse nel modo migliore possibile. Arriviamo ad Acri il sabato 6 dicembre alle 12,45. Per una migliore gestione dei tempi abbiamo prenotato presso l’Hotel Supersonik, un piccolo tre stelle situato nel centro del paese, con camere ampie, pulite e silenziose, gestito egregiamente dal giovane Franco e dal padre Vincenzo, uomo gioviale, dall’aria vissuta e dal viso di barbuto garibaldino. Veniamo accolti calorosamente da Franco e da suo padre, nonchè da Massimo, con il quale nel corso della mattinata ci siamo tenuti in contatto telefonico, e da una giovane signora, Antonella, che mi viene a salutare per dirmi che, durante la notte, possiamo parcheggiare il nostro pullman nell’autoparco della sua azienda: era stata contattata dal presidente della pro loco e gentilmente si era messa a disposizione. Data l’ora, ci accomodiamo subito nell’ampia sala da pranzo dove veniamo serviti con celerità e amabilità da Franco, coadiuvato da un cameriere di sala, Angelo, professionale e rispettoso: un pranzo luculliano, con pappardelle ai funghi e arrosto di agnello silano veramente gustosissimi. Preso possesso delle camere riservate, alle 15,30, ci presentiamo puntuali all’appuntamento con Massimo per iniziare il nostro corposo giro turistico. La prima tappa è nell’antico borgo di Padia per la visita alla Chiesa di S. Maria Maggiore, la più antica della città. Il nostro pullman ci lascia qualche centinaio di metri al di sotto della chiesa. Affrontiamo la breve salita, ci fermiamo nello slargo antistante alla Chiesa per ascoltare Massimo che ci racconta la storia del monumento, romanico ma con opere barocche. All’interno della chiesa un gruppo di uomini con un paio di ragazzini stanno allestendo un bel presepe natalizio. Li salutiamo e ci salutano. Uno di loro si unisce a noi nel giro interno dove ammiriamo il bel crocifisso ligneo, la cui datazione si aggira intorno al 1200, restaurato di recente con il finanziamento del Rotary Club di Acri: un Cristo sofferente, smagrito, ferito, diverso dalla usuale iconografia. Un breve saluto con gli amici del presepe e usciamo in strada per dirigerci verso la Torre civica, l’unica testimonianza rimasta di un castello normanno distrutto nella guerra Angioina-Aragonese (1800 circa). La Torre, al suo interno, custodisce un antico orologio a pendolo, di fattura francese, ancora funzionante, ma fermo e non visitabile (la solita miopia che opprime nel sud, ma non solo, la valorizzazione dei nostri innumerevoli beni culturali). Dal pianoro della torre si ammira la sottostante bellissima valle del Mucone. Massimo ci chiama a raccolta e ci conduce alla chiesetta di S. Nicola ante castillum anch’essa recentemente restaurata. La chiesa, immersa nella semi oscurità della sera, è sita in un piccolo cocuzzolo e circondata da un intreccio di vicoletti e gradinate che la rendono particormente suggestiva. Al nostro ingresso il rosario in corso si ferma, quasi un saluto, qualche sguardo curioso, poi riprende mentre noi invadiamo la sagrestia e la piccola cella che ospitava mons. Francesco Maria Greco, fondatore dell’Istituto delle Suore Piccole Operaie dei Sacri Cuori. L’interno, risalente all’anno 1000, è a pianta basilicale ad una sola navata in stile romanico. Ancora l’interruzione del rosario e qualche cenno dei fedeli ci accompagnano all’uscita dove ci attende, quasi al buio, don Giampiero Fiore, parroco della parrocchia: uomo di cultura e di fede evidenti, ci intrattiene sulla storia della chiesa mescolando piacevolmente fatti storici, aneddotica e leggende di saraceni con scimitarre infilzate in rocce sanguinanti. Ci salutiamo con calorose strette di mano e, la sera è ormai calata, ci avventuriamo con passi incerti nella discesa di gradinate fiocamente illuminate, ammiriamo il portale d’ingresso del palazzo Mango, sbuchiamo in un pianoro, una specie di belvedere. La visione è emozionante e suggestiva: oltre la sagoma scura della montagna, fa capolino una falce luminosa di luna che illumina il cielo mentre sotto brillano le innumerevoli luci delle case di Acri. Tutti mettono mano alle macchinette fotografiche per immortalare la scena; i risultati non saranno certamente “brillanti” ma la voglia di materializzare il ricordo è veramente forte. Risaliamo nel pullman che ci lascia al bar Bruno, a fianco della Chiesa dell’Annunziata. Sono le 18,15 e Giovanni, il nostro autista ha esaurito l’orario di guida, per cui rientra alla base mentre noi entriamo nella chiesa dove è in corso la S. Messa. Dopo la chiesa dell’Annunziata era prevista una puntata nell’altro centro storico di Acri, il quartiere Casalicchio, in festa per S. Nicola. Tutto si complica perchè fuori ha cominciato a piovere a dirotto. Insieme a Massimo ci rendiamo conto che il percorso di visita non si può completare a piedi. Osservavo Massimo: agitato e dispiaciuto, quasi che la pioggia fosse colpa sua. Per assicurarci un mezzo di trasporto che ci consentisse di muoverci dalla Chiesa dell’Annunziata decidiamo di telefonare all’hotel e alla gentilissima signora Antonella: ecco di nuovo il volto greco di Acri. Dall’Hotel, Vincenzo, il buon garibaldino, organizza subito tre macchine per il soccorso, mentre Antonella si dà da fare per reperire un autista per il loro minibus. A distanza di venti minuti, arrivano contemporaneamente macchine e pullmino. Ringrazio Vincenzo (non posso approfittare oltre della sua cortesia: deve lavorare in pizzeria) e scelgo il pullmino. Corrado, l’autista che gentilmente ha accettato la disposizione di servizio, ci trasporta in un batter d’occhio nella piazzetta antistante alla basilica del Beato Angelo, che visiteremo l’indomani. Ha smesso di piovere. Scendiamo a piedi con il cicerone Massimo che non si stanca di indicarci le emergenze culturali, dalla casa del Beato Angelo all’immagine della Madonna del Pettoruto incastonata nella parete di una casa. Salutiamo, ricambiati, un paio di signori che al nostro passaggio hanno aperto le finestre e con i quali scambiamo qualche battuta. Massimo ci conduce in un vicoletto dove siamo obbligati a procedere in fila indiana e che termina con un muro nel quale è aperta una grossa breccia che immette in un rustico locale, ove un gruppo di persone è affacendato a sfornare i famosi collurielli, gustosissime ciambelline, che, per devozione a S. Nicola, vengono distribuiti gratuitamente, insieme ad una bevanda, a tutti coloro che si presentano. L’emozione suscitata in tutti noi dalla grande cortesia è palpabile. Il tempo passa velocemente: sono quasi le venti. Risaliamo nel minibus e ci trasferiamo al cinema del paese ove ci verrà proiettato in esclusiva La moglie del sarto, un bel film del 2014 diretto dal regista acrese Massimo Scaglione. La sala cinematografica è gestita fratello del regista, che, incredibile ma vero, su sollecitazione dell’infaticabile Massimo, ha accettato, in onore degli ospiti, di cambiare la programmazione della serata. Terminata la visione del film, con un servizio davvero inappuntabile, Corrado ci viene a riprendere per riaccompagnarci all’hotel. Ringraziamo Massimo e Corrado dandoci appuntamento per l’indomani alle nove. Sono le 22 e chiudiamo l’intensa giornata con un giro pizza, serviti simpaticamente da Angelo e da un giovanissimo cameriere in divisa in una sala ristorante tutta per noi. Domenica 7 dicembre, dopo una ricca colazione, anche con prodotti tipici locali (squisiti i buccunotti, biscotti di pasta frolla ripieni di confettura) ci rincontriamo con Massimo. Qualche minuto di attesa e arriva di nuovo il pullman della ditta Zanfini con un nuovo autista, Santo, un signore gioviale e rispettoso, che, in una giornata festiva, si è offerto volontario per agevolare il gruppo dei siciliani avolesi nella visita della cittadina, rinunciando all’invito a pranzo della figlia. La meta è la chiesa di S. Francesco e il convento annesso. Entriamo e, nella breve attesa, ammiriamo il piccolo chiostro interno, modesto ma ben tenuto, e apprezziamo il silenzio e la pulizia che regnano sovrani all’interno dei locali. Veniamo accolti dalla superiora e da una consorella molto giovane delle Suore Piccole Operaie dei Sacri Cuori, dal viso dolce e ispirato, che ci introduce nella bella Chiesa di S. Francesco e ci illustra con amabilità la storia della Chiesa, del convento (databile intorno al 1600) e della comunità locale, nonchè le motivazioni che avevano ispirato il venerabile mons. Francesco Maria Greco (morto nel 1931 e seppellito all’interno della stessa chiesa), che con tale appellativo aveva inteso mettere in evidenza il valore operaio contrapposto a quello del potere. Abbandoniamo questo luogo di pace e di silenzio. Fuori, sotto un tiepido sole che cerca di riscaldare l’aria un po’ frizzantina, risaliamo sul pullman che Santo, gentilmente, ha riportato davanti all’ingresso. Raggiungiamo così il piazzale antistante la Basilica del Beato Angelo. Massimo deve andare ad aprire i locali del Maca, dove ci aspetterà quando noi avremo terminato la visita della Basilica, nella quale però è ancora in corso la S. Messa. Ci affida, pertanto, ad un altro amico, del quale non ricordo purtroppo il nome, che per coprire l’attesa ci anticipa l’apertura del seicentesco convento dei Cappuccini e ci permette di visitare in tutta libertà il Museo del Beato Angelo, nel quale sono esposti reliquie e oggetti legati alla sua vita. Visitiamo pure l’ex chiesetta del Beato Angelo annessa all’attuale Basilica. Fuori piove a dirotto, per cui in tutta fretta ci rifugiamo nella basilica dove assistiamo alla fine della messa. E qui, di nuovo, ecco il volto greco di Acri. Sembra che tutti si siano passati la voce. Il Padre Guardiano fra’ Pietro Ammendola, che ha officiato la messa, fra le diverse comunicazioni, dà ufficialmente il benvenuto al gruppo dei siciliani con parole affettuose e augurali. Scoppia l’applauso in basilica e con esso una totale e forte emozione in tutti noi. E’ un’intera comunità che ci ha accolto! Padre Ammendola si avvicina poi al gruppo, lo ringrazio a nome di tutti e, dopo alcuni convenevoli, ci salutiamo affettuosamente. Fuori dalla chiesa piove ancora a dirotto. Nell’androne esterno un gruppo di ragazzi offrono dei panettoncini per una raccolta di beneficenza. Il pullman attende con la porta aperta a una quindicina di metri; chi ha l’ombrello lo raggiunge velocemente, mentre noto con piacere che uno dei ragazzi dei panettoncini fa la spola accompagnando con il suo ombrello chi di noi ne è sprovvisto. In pullman copriamo il breve tratto che ci separa dal MACA, ospitato nel seicentesco Palazzo Sanseverino-Falcone, residenza estiva del principe Giuseppe Leopoldo Sanseverino VIII, principe della vicina Bisignano. Lì, ad attenderci, troviamo Massimo con due giovani: il primo è Giulio Romagnino, presidente della Commisione Cultura del Comune di Acri, che ci accoglie con un caloroso saluto ufficiale e poi ci lascia per un impegno istituzionale; l’altro è Giovanni Cofone, presidente dell’associazione ACRA (Associazione Culturale Ricerche Archeologiche), che ci intrattiene un po’ sulle origini più remote della città. Questi resterà gentilmente con noi per tutto il tempo della visita. Esaurita la piacevole formalità, Massimo ci guida sapientemente nei diversi piani del palazzo dove sono esposti permanentemente i disegni e i lavori in vetro del maestro Silvio Vigliaturo, ormai di proprietà della comunità acrese. La passione di Massimo per i lavori del maestro Vigliaturo è di grande evidenza e rende tutto più semplice e godibile: una carrellata di notizie, di significati e di colori che per oltre un’ora appassiona tutti noi. Fuori ci attende pazientemente Santo con il suo pullmino. Alle 13,30 siamo in hotel per il pranzo finale al quale, a nome di tutti, ho invitato (costretto) lo stesso Santo e il dott. Gennaro Russo, appena rientrato in città. Non poteva mancare il saluto ufficiale del presidente della pro loco, che poi a fine pranzo, ultima gentilezza, ci ha guidati, in macchina davanti al nostro pullman, fuori dalla città. Non posso chiudere la cronaca di questo viaggio senza questa aggiunta: al termine di queste due intense giornate, il volto greco di Acri assume le sembianze della signora Antonella Zanfini che ci ha raggiunto in hotel durante il pranzo per augurarci un buon rientro; alla mia richiesta sul costo del servizio ha risposto, irremovibile, che il servizio era un gentile omaggio del papà Salvatore con il quale lei collabora nella gestione della ZANFINI Tours di Acri. Non nascondo che l’emozione mi ha consentito solo di abracciarLa. Se si vuole dare un volto al concetto di ospitalità greca non si può fare a meno di dargli il volto di Acri e della sua gente. Grazie a tutti gli acresi con l’augurio delle migliori fortune a livello turistico. |
PUBBLICATO 11/12/2014
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