Anna Maria Algieri, “penna nelle mani di Dio”
fra Giovanni Spagnolo
Anna Maria Algieri, la poetessa di Acri, continua in modo instancabile con lo zelo di una missione da adempiere, quello che potremmo chiamare il suo “ministero poetico”, realizzando nella quotidianità l’augurio che le ha rivolto un giorno il cappuccino frate Ignazio: “Sii la penna nella mano di Dio e sii la voce dei deboli nella tua penna per scrivere le parole di pace, gioia, giustizia...Auguri!”, quasi eco spirituale della beata madre Teresa di Calcutta che amava definirsi, come è noto, “una matita nelle mani di Dio”.
Ultimamente Anna Maria mi ha fatto dono, nello spirito di una sottile e amichevole affinità poetica, nata ad Acri nel cuore della basilica del beato Angelo, di due volumetti che, come scrigno, racchiudono i suoi versi recenti. Il primo è Africano1 un’agile antologia a sei voci, realizzata per ricordare la ventennale attività editoriale della casa editrice Aletti, alla quale Anna Maria ha contribuito con quindici poesie che hanno come denominatore comune quello di essere “liriche in libertà”. “Il titolo dell’opera, Africano, implica un viatico romantico - spiega l’editore - simbolico ed evocativo: il nome di un vento che trasporti questi componimenti in fuga, verso altri territori, altre culture, lettori, autori”. I versi di Anna Maria s’inseriscono in questa prospettiva e, a partire dalla brezza mattutina di “Amo il mare” e della dolce canzone di “Redenzione”, riflettono realisticamente sull’anziano nella società, sintomo dell’uomo che scompare (L’uomo bestia) per poi riprendere “Serenità”, attraverso quelli che sono i temi più frequentati e cari alla poetessa di Acri: La prima ruga, Tu donna, Io, Cuore, Madre mia, Silenzio, Vive in me, Ricordando mio padre, Fiore. L’altra raccolta di Anna Maria, La voce del cuore2, opportunamente e non a caso dedicata “Ai miei genitori”, contiene una puntuale e meticolosa Prefazione di Nicola Montalto con il quale non si può non essere d’accordo, soprattutto quando scrive: “Le poesie di Anna Maria Algieri bisogna amarle e poi leggerle, per capirne il senso profondo. Sono belle, fresche come acqua pura che sgorga dai monti della Sila, ricche di umanità e di calore che non tramontano, ma riscaldano il cuore”. Queste considerazioni del Montalto risultano particolarmente vere in modo particolare per questa raccolta che registra la voce del cuore in una continua evocazione di mamma Rosa e di papà Vincenzo, in cui la poetessa affonda le sue radici affettive, sviluppatesi poi in un grande albero, ricco di fiori e frutti. A vent’anni della scomparsa dei suoi cari genitori, “Uniti fino alla morte, / insieme sono volati in Cielo / per continuare a vivere” (Volati via), Anna Maria Algieri continua il suo amoroso canto, rievocando momenti, parole, sguardi, sfumature, per raccogliere l’eredità di “Papà Vincenzo”, “fatta di onore, di rispetto, / onestà e sincerità”, e per dire tutta la tenerezza della “Mamma, tesoro mio”, che “mi sapeva di fiore profumato”. Leggendo attentamente La voce del cuore di Anna Maria Algieri, se da un lato non possiamo non risentire, in quel suo continuo richiamarsi alla famiglia, l’evocazione del “nido”, di pascoliana memoria, dall’altro ci appare chiaro il riferimento a quei valori cristiani saldamente radicati nel vissuto quotidiano e impressi a caratteri indelebili nella sua esistenza. Concludendo, mentre ringraziamo Anna Maria Algieri per il dono dei suoi versi, la incoraggiamo a proseguire nella sua testimonianza poetica per dire ancora ai nostri giorni, inquieti e distratti, parole di pace, perdono e amore vero, nel solco di quella fede che illumina e riscalda la vita. |
PUBBLICATO 08/11/2014
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