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Lettera a Giuseppe

Foto © Acri In Rete
Amici di Giuseppe
Sembra irreale questo momento in cui abbiamo smesso un attimo di piangere, abbiamo preso una penna e un foglio, e in un momento di apparente lucidità, abbiamo iniziato a scrivere.
Non servirebbe a nulla descriverti, perché anche chi non ti ha conosciuto bene ha potuto conoscerti meglio dalle reazioni della gente, una volta appresa la notizia.
Ed è proprio per questo che ci chiediamo: come può un cuore così grande smettere di battere all’improvviso? Come può un sorriso come il tuo smettere di accendere le giornate buie e colorare quelle grigie? Come può un nostro fratello lasciare tutti noi altri così, senza nemmeno il tempo di abbracciarti o di augurarti buon viaggio?
C’è qualcosa della vita che proprio non riusciamo a capire, c’è qualcosa in questa vita di inaccettabile, che ci allontana da ogni visione razionale per lasciare spazio a forti sentimenti contrastanti di tristezza e rancore, rabbia e amarezza; c’è qualcosa nella “legge della casa del Padre” che richiama i suoi figli senza preavviso, che col tempo magari potremo anche accettare, ma che non comprenderemo mai.
Muor giovane colui ch’al cielo gli è più caro” è solo una magra consolazione. Perdere un figlio, un fratello, un amico, pelle della tua pelle, non può essere un sacrificio da accettare ai fini di un qualcosa di più grande che nemmeno capiamo!
La vita, per essere vissuta a pieno deve lasciare ferite profonde, che rimarginandosi creano uno strato più resistente, più forte.
Ma questa ferita non guarirà senza lasciare traccia: non andrà via senza lasciare una cicatrice indelebile, un vuoto incolmabile che solo la perdita di un fratello può lasciare.
Una ferita, un dolore nuovo per noi, che ci rende confusi, ci svuota e ci fa sentire soli anche in mezzo ad un mare di gente, come se all’improvviso avesse ceduto il suolo sotto ai nostri piedi.
Un dolore che non si riesce a metabolizzare e che non si potrà mai dimenticare.
Certamente, però, nessuno mai potrà toglierci dalla mente quel viso, quel sorriso, quelle battute, quella dolcezza e quella gioia di vivere più grande di quella di un bambino, quel bisogno contagioso di complicità e di amicizia, di affetto e di tenerezza che solo una persona buona come te poteva avere.

Proprio per ricordare ciò che sei stato e che continuerai ad essere, vogliamo ricordare alcune frasi, battute, espressioni, che usavi spesso rivolgendoti a noi, e che ognuno ha ricordato e aggiunto in questo scritto.
Vogliamo ricordare di quando dicevi: “E allura si l’ha ditt tu escia lu contrario!”.
Demè mo cu su stuzzicadenti assimij propriu nu samurai’’.
Oppure di quando ci mandavi questo sms: “Ni vidim i partit, mangiam assiam e pu escim ok???”.

I tuoi cori ultras.

Iamu lupi su finiti i tiampi cupi!”
O ancora: “Quann scinnim a Cusenza??”. E quando si partiva da Acri: “Sali stasera??”.
O quando ti rincorrevamo a causa dei tuoi sfottò e tu riuscivi soltanto a ridere, con la tua risata contagiosa.
Ma ci sono anche i ricordi più dolci… Di quando da bambini ogni 8 marzo eri l’unico ad avere la mimosa per tutte.
Di quando ci hai detto dopo una vacanza insieme: “Io cu vua avissa vodut abitear!”.

Hai vissuto una vita piena solo di infiniti sorrisi, e ne hai regalati altrettanti a noi altri.
Non ci sembra vero dirti addio. Non ci sembra giusto questo addio.

“Voglio, però, ricordarti com’eri, pensare che ancora vivi. Voglio pensare che ancora mi ascolti e come allora sorridi…”.





PUBBLICATO 12/06/2014





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