“Giacomino sulla luna” di Angelo Minerva: ovvero la tenerezza e la complessità dell’animo umano
Luisiana Ruggieri
Angelo Minerva continua a stupire i suoi lettori e lo fa, questa volta, con la pubblicazione di un romanzo dal titolo “Giacomino sulla luna”, Edizioni Book Sprint. Si può senz’altro affermare che si tratta di un vero capolavoro della letteratura contemporanea, in quanto l’autore riesce sapientemente a tessere una sorta di tela di ragno tra i vari personaggi per riportarne alla luce il passato, e per mettere in risalto una drammatica caratteristica che li accomuna: la mancanza di affetto, di comprensione, di comunicazione, in definitiva la mancanza di una reale conoscenza di sé e degli altri!
Il romanzo, solo apparentemente di facile lettura, richiede in realtà al lettore una grande preparazione ed una profonda sensibilità d’animo, in quanto i personaggi che lo animano si muovono spinti dalle più forti emozioni, così come avviene nei migliori classici della letteratura moderna. Sicuramente ci si trova di fronte ad un romanzo a sfondo psicologico, in quanto l’autore ha saputo cogliere, in modo straordinario e assolutamente convincente, sfumature e sfaccettature dei caratteri, del vissuto dei personaggi, riuscendo, in tal modo, a raggiungere, a sondare e a far emergere la parte più intima e delicata della loro interiorità; e per questa strada riesce a coinvolgere il lettore sino a proiettarlo in un mondo nostalgicamente lontano e ricco di fascino. Siamo negli anni Trenta del secolo scorso, periodo in cui l’Italia si trovava a vivere un suo cruciale e particolare, e per molti aspetti drammatico, momento storico: la dittatura fascista, la povertà, la disparità sociale, la rigida separazione dei ceti. Nel nostro Meridione imperava il latifondo e la classe borghese non aveva ancora preso il sopravvento su quella nobiliare; le bambine di buona famiglia venivano educate in collegi tenuti da suore; le regole erano assai rigide e per le giovinette era quasi impossibile incrociare il loro sguardo con quello di un giovane uomo. Le ragazze potevano uscire di rado, accompagnate e in gruppo, e restavano a lungo ignare della vita. Sognavano confusamente carezze, poesie, feste, forti emozioni. Ma la realtà, come si sa, era ben diversa e la “pecorella” finiva puntualmente con l’essere presa e divorata dal “lupo cattivo”! Da tali premesse storico-sociali nasce una storia tanto bella quanto poetica: il forte legame d’amicizia tra due compagne di scuola, Elisa e Chiara, che continuerà grazie ad uno scambio epistolare sino alla maturità, quando una di loro, vedova e in procinto di risposarsi, manderà a casa dell’altra il proprio figlioletto, ovvero Giacomino, il tenerissimo e sfortunato protagonista della vicenda. Giacomino entra, quindi, a far parte di una famiglia estranea, mai conosciuta prima, la cui padrona di casa è stata compagna di collegio di sua madre. Da qui inizia un racconto poetico, affascinante, tanto coinvolgente da rendere la mente del lettore come una sorta di moviola su cui si susseguono una miriade di immagini reali, di personaggi concreti nei loro sentimenti, nelle loro aspirazioni, nei loro bisogni e nelle loro fragilità. Proprio da questo profondo coinvolgimento emotivo scaturisce la possibilità per ogni lettore di dare liberamente una propria interpretazione in merito al contenuto dell’opera; in realtà, ad una attenta lettura, non può sfuggire la vera chiave del romanzo, ovvero il lacerante vuoto, la mancanza di affetto e di umana comprensione che caratterizza l’esistenza dei vari personaggi. Emblematico, in tal senso, il legame affettivo creatosi tra Alfredo, marito di Elisa, e Giacomino: l’uomo abbraccia il ragazzino, ma nell’ingenuo compiersi di quell’atto è lui in realtà il vero bambino, l’essere fragile e bisognoso di attenzioni e di amore. Ed è qui che ci si trova di fronte al sillogismo aristotelico. Chi dei due riuscirà ad emergere sull’altro? Giacomino è alla ricerca di un padre, troppo presto perduto; Alfredo ha un passato fatto di aridità e risentimento che non può essere dimenticato, ha bisogno d’affetto sincero, delle carezze, delle coccole mai avute, neanche dai propri figli. E quando la moglie si accorge della sua debolezza, che prima ignorava del tutto, e che scambiava per aridità e durezza, lo rimprovera aspramente, come una madre farebbe nei confronti del figlio che le ha dato la più amara delle delusioni! Sicuramente, però, anche la donna ha un passato di ombre e frustrazioni, ed ecco che riappare la fanciulla con il suo sogno drammatico e premonitore fatto di mille e sottilissime sfumature psicologiche. Bisogna leggere quest’opera per capire fin dove possono condurre le più normali e le più assurde vicissitudini della vita: al suicidio, alla negazione del passato, alla solitudine, alla presa d’atto della più cocente sconfitta. Probabilmente Giacomino, nel perfetto ordito del racconto, svolge la funzione della psiche che conduce i vari personaggi, ed in particolare Alfredo ed Elisa, a rivedere il loro passato, sicuramente problematico e traumatico, e così, alla fine della lunga fase introspettiva, all’uomo e alla donna, su diversi livelli e per diverse direzioni, basta un quid per trovare la via da seguire: la morte, la liberazione oppure la rassegnazione al dolore, la condanna al più crudele dei rimorsi. “Giacomino sulla luna” è un libro che potrebbe benissimo entrare nelle scuole di ogni ordine e grado e, attraverso un adeguato percorso didattico, rappresentare per gli insegnanti un valido strumento finalizzato alla concreta preparazione dei ragazzi alla vita. Sfogliando le pagine del romanzo gli studenti riusciranno a percepire la loro storia e a far scaturire le emozioni del loro vissuto, le sofferenze, la solitudine, e da ciò si potrà innescare un assai proficuo e formativo processo educativo. Angelo Minerva è un grande poeta e questa sua raffinata arte è presente anche nella sua prosa; a tal proposito, si desidera qui riportare alcuni passaggi del romanzo proprio per far capire la forza e l’emozione che ha saputo suscitare nel lettore: “Veniva innanzi l’estate, e io con lei avanzavo correndo sui sentieri serpeggianti della campagna in festa…..”: una descrizione poetica quasi idilliaca, che porta a sognare la fanciullezza spensierata, quando si correva nella natura incuranti delle amarezze della vita. “Ora vivo l’inverno, l’inverno è in me, e io sono l’inverno …”: arriva la vecchiaia, la fine dei giorni, l’inverno, sono cadute le foglie, il futuro è sempre più incerto, si guarda al passato, non c’è più la speranza che torni l’estate spensierata! Ma non per tutti la fanciullezza è l’età della spensieratezza e della gioia, un destino crudele è quello che attende Giacomino: “Il fiume immobile e scuro lo attendeva e lo accolse alla fine, come a volergli dare la protezione che non gli era stata offerta da un padre troppo presto morto, che aveva sperato invano di ottenere da Alfredo”. Il bambino muore, ma forse, in un magico gioco infantile, rinasce per il lettore, personaggio di fiaba e di sconcertante realismo, nelle affascinanti pagine di “Giacomino sulla luna”. Ma è davvero possibile che un bambino come Giacomino sia mai esistito? Ed ecco che si torna alla magica, inesauribile fonte fantastica del romanzo… Ma è davvero possibile che un bambino come Giacomino sia mai esistito? Ed ecco che si torna alla magica, inesauribile fonte fantastica del romanzo… |
PUBBLICATO 06/05/2014
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