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ACRI MILLENARIA. Alla ricerca dell’intervallo perduto

Foto © Acri In Rete
Angelo Minisci
Ha scritto Oscar Wilde “la bellezza è l’unica cosa contro cui la forza del tempo è vana.” Per cogliere la bellezza è però indispensabile avere occhi attenti e un cuore generoso e disponibile all’emozione. La distrazione ci rende indifferenti e l’indifferenza distratti. Per questo,molto spesso,coinvolti in un declino culturale che i media sanno amplificare e presentarci come unica nostra dimensione estetica,sveliamo una crescente insensibilità nei confronti della vera qualità delle cose e dei luoghi. Nonostante la convinzione di Oscar Wilde riusciamo a minacciare,con arrogante incuranza,anche quella bellezza che il tempo ha saputo conservare e tramandarci.
Acri è un luogo segnato dalla bellezza dell’arte e del paesaggio !?....forse si, se non almeno per quello che rimane come segno della vita quotidiana. Luci, ombre, odori e altro che ci riporta ad una dimensione "altra" lontana anche da progetti contemporanei.
Ripensiamo i “luoghi”. Mettiamo in circolo  l’obiettivo di verificare la possibilità di attuare un “museo dell’arte dei luoghi”che mantenesse parte delle opere da arricchire con i lavori di altri artisti invitati,di volta in volta,ad Acri. Pensiamo ad una piccola cittadina come un “luogo di cultura”in cui l’arte sa unirsi idealmente,ma anche concretamente attraverso le opere,alla tradizione storica e alla bellezza del paesaggio. 
Essere chiamati ad immaginare un nostro nuovo futuro istituzionale, con la consapevolezza che non stiamo discutendo di assetti immaginari, ma creando forme diverse ed innovative per governare i territori dove scorre la nostra vita, rappresenta sicuramente una grande opportunità per la città di Acri. Gli scenari forniscono punti di vista alternativi per il futuro, identificano eventi
significativi, gli attori principali e le loro motivazioni. Sono rappresentazioni, storie, episodi,
usati come struttura attraverso la quale il pensiero può essere focalizzato e sfidato ad
esplorare possibili e diverse realtà. Usiamo gli scenari per esplorare lo sviluppo possibile del
futuro e testare le strategie rispetto alle alternative possibili. Governi ed organizzazioni
innovative del mondo adottano gli scenari per sperimentare e decidere strategie e politiche future in maniera consapevole e partecipata.
Certo, il futuro è imprevedibile e gli scenari non vogliono essere previsioni e non lo
rappresentano in maniera accurata. Gli scenari vengono definiti per creare consapevolezza e
preparare i territori ed i loro attori a sviluppare programmi e competenze; per offrire
un'opportunità a prepararsi un futuro possibile. E vi lascio delle domande aperte che spero possano essere colte come occasione di dibattito puro e semplice della visione e non catalizzato in una struttura semplicemente “archittettonica” o al più partitica che invece riporta all’azzeramento e al rimettersi sempre da capo sulle cose. In fondo è difficile ma necessario riprendere l’intervallo perduto.
Vi propongo delle visioni aperte e da condividere.

  • La prima domanda (Come dovrebbe essere il carattere del cittadino futuro per trovarsi bene nel nostro territorio?)
  • La seconda domanda (Come vorremmo che fosse la vita quotidiana nel territorio acrese ?)
  • La terza domanda (Quali sono i problemi che impediscono il pieno dispiegamento delle potenzialità del nostro territorio?)
  • La quarta ed ultima domanda (Cosa possiamo fare, insieme, per realizzare la Città e superare ostacoli e barriere?)

un’idea sociale, altro aspetto aperto, parliamo del cittadino e della sua quotidianità ( quindi anche dove buttare la spazzatura, dove avere luce, acqua , una strada più funzionale e altro ancora.)
Un aspetto importante della recente modernità è rivolto alla necessità di dare qualità abitativa e comfort agli spazi urbani e interurbani che costituiscono il contesto dove, abitualmente viviamo, lavoriamo e trascorriamo il nostro tempo libero. Un progetto complesso, ma non difficile da attuare. La città richiede per la sua “diversità” e complessità strutturale un’inedita figurazione di prodotti e un sistema di segni e di oggetti, immagini che possano ridefinire il “paesaggio urbano” della nostra piccola cittadina, senza bisogno di dover sempre complessi tare il tutto.
Che cosa determina il successo o il fallimento di una “strategia progetto-culturale” di rigenerazione urbana?
L’esito dipende, dalla coerenza tra l’immagine interna e l’immagine esterna e dalla capacità del sistema di regia del territorio (pubbliche amministrazioni, agenzie per lo sviluppo etc.) di mantenere in vita un circolo virtuoso di relazioni tra i diversi attori che intervengono nel processo di costruzione della struttura città-acri.
Uno dei vantaggi di questo sistema è la possibilità di prendere in considerazione l’importanza dell’immagine percepita della città a livello locale, nazionale e perché no anche “internazionale” e il contributo delle narrazioni interne ed esterne alla creazione di questa immagine; evidenziando il processo di negoziazione di significato che coinvolge i potenziali consumatori di città, i cittadini, le amministrazioni e i portatori di interesse che si trovano sul territorio.
Una riflessione sul rapporto uomo – territorio - habitat, memoria ed innovazione ( nel caso necessità essere contemporanei)
I temi del dibattito sul quale costruire lo scenario critico di progetto possono essere:
- il luogo pubblico è lo spazio in cui si manifestano i rapporti fra gli individui;
- l’evoluzione in senso positivo di tali rapporti, con la necessità di suscitare nell’individuo la fiducia verso l’ambiente, determinante per sviluppare la capacità di creare un sistema di riferimento;
- creare dei “territori emotivi”, che servono a costruire l’integrazione con il costruito attraverso l’identificazione del luogo da parte delle persone che vivono lì.
Oggi, si può dare un significato all’urbano, poiché da questo dipendono in parte lo sviluppo e il mantenimento dello sviluppo della città stessa. Ridare senso alla densità della città, all’interno di un’idea di globalità in modo che tutti possano comunicare ed entrare in contatto fra loro tutti. Per questo, lo spazio pubblico diventa importante, poiché favorisce la comunicazione e l’interazione con il luogo: la piazza o il centro di un luogo ne sono un esempio forte.
Le parole che si muovono intorno a questa sollecitazione sono:
i valori: le qualità riflessive, cognitive e "valoriali", la sostenibilità, la capacità di creare relazioni;
l’esperienza: le qualità fenomenologiche ed emozionali, piacevolezza, tono e linguaggio del servizio, capacità di emozionare e generare affezione
l’apertura: il grado di coinvolgimento degli attori e degli utenti. La capacità di accogliere e valorizzare le loro interazioni, il grado di apertura.
Uno sviluppo durevole, l’affiorare di un umanesimo che riconosca e accetti l’humus nell’umano, insomma una socialità plurale e radicata. Tutto ciò non manca di suscitare qualche preoccupazione, perché i nostri diversi sistemi di interpretazione vacillano, come aveva già segnalato Lyotard dichiarando la fine delle grandi narrazioni di riferimento (condizione postmoderna).
L'innovazione quindi non è un problema di dimensioni, ma di atteggiamento mentale. lavoriamo quindi per cambiare le nostre organizzazioni, per orientare i collaboratori a pensare con lo sguardo rivolto al futuro e non sulle ceneri del passato. Il passato: un film già visto. Il futuro: una pellicola vergine che attende di essere impressa. Dipende solo da noi. La motivazione è ciò che fa cambiare “una buona idea” in una “idea di successo”.
Una metodologia che in questi anni abbiamo sviluppato sull’innovazione e i processi di progettazione allargata e partecipativa per alcuni progetti sul territorio:
European Awareness Scenario Workshops metodologia per progetti compartecipati.

Nel caso si volessimo fare un gioco partecipato allo sviluppo "umano" della cittadina e dopo verificare se tutto quello che qualcuno vede come negativo e poco funzionale alle proprie visioni siano compatibili oppure no.

Concludo questa mia richiamando ancora una volta la Vostra attenzione proprio per condividere un progetto allargato.  Non sono così ottimista come il principe di Dostoevskij che riteneva che “la bellezza salverà il mondo” ma sono certo che una maggior sensibilità estetica permetta di migliorare il nostro ambiente, la qualità della nostra vita e,non ultimo,noi stessi. Ma come ho scritto all’inizio bisogna avere occhi attenti e un cuore generoso e disponibile all’emozione.


PUBBLICATO 03/04/2014





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