RifiutiAMO privati
Fabio De Marco
Da alcuni mesi lo “spazzaturaio” manca l’appuntamento mattutino e la città è un colorato guazzabuglio.
Sparsi consumatori alienati nel sogno della merce rimettono in strada, con variopinti sacchetti, i rimasugli dei loro consumi. Prima, quando lo spazzaturaio passava regolarmente (e la città rinnovava se stessa ogni giorno come la “Leonia” di Calvino), nessuno si chiedeva "dove finivano i rifiuti dopo averli gettati via". Ma ora è troppo tardi, c’è un tempo per tutto, ed è questo il tempo della rivelazione: lo “stato di emergenza”. Lo stato di emergenza, o d’eccezione, è un dispositivo di governo del caso estremo, il superamento di un confine dopo il quale il diritto sospende il diritto (per un tempo limitato al ripristino della normalità). In Calabria la gestione dei rifiuti nell’emergenza si è di fatto istituzionalizzata: tanti anni di commissariamento hanno generato più problemi di quanti ne hanno risolto. Da qui la volontà di procedere con soluzioni inaudite come l’esportazione dei rifiuti, la creazione di enormi poli “tecnologici” di conferimento e smistamento, la costruzione di termovalorizzatori, l’ esternalizzazione dei servizi di nettezza urbana. Cosicché lo stato di emergenza appare come la premessa ed il risultato di queste ultime scelte. Tutto rigorosamente a dispetto di Direttive europee che impongono, ad esempio, l’obiettivo del 50% di raccolta differenziata entro il 2020, il recupero della materia prima anziché la sua distruzione, la riduzione delle emissioni di gas serra (che invece aumentano all’aumentare dei trasbordi). Nessun tentativo razionale di incentivare la riduzione dei rifiuti all’origine, cioè nel processo di produzione delle merci, o con la promozione del consumo critico. Nessun esperimento significativo di raccolta differenziata e riciclo su base locale, in maniera sostenibile, in un’ottica di rifiuto come risorsa. Quando, con la crisi, si manifestano problemi inediti, raramente si immaginano approcci risolutivi nuovi, come la crisi prescrive. Si procede invece, ostinatamente, sulla base delle vecchie convinzioni ereditate dal passato (ad esempio che il privato sia più efficiente del pubblico), anche se queste si sono ampiamente mostrate fallimentari. E’ quanto sta avvenendo ad Acri con la speranza, mal riposta, che l’esternalizzazione del servizio di raccolta rifiuti faccia miracoli. Nell’agire coerente rispetto alla veste sociale ed alla legge a cui è soggetto, infatti, per il privato la raccolta dei rifiuti non è il fine, ma il mezzo attraverso cui produrre profitto. |
PUBBLICATO 25/03/2014
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