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maca@museovigliaturo.it

Foto © Acri In Rete
Giuseppe De Vincenti
Ecco, come è nato, secondo la ricostruzione del maestro Vilgliaturo, il museo che tutt’ora porta il suo nome. Così come è indicato sulla cartellonistica stradale della provincia di Cosenza, i suoi difensori d’ufficio preferiscono chiamarlo MACA e non museo Vilgliaturo, come sarebbe giusto definirlo, dato che contiene soltanto la sua produzione vetraria, i suoi disegni giovanili e altri dipinti recenti. La raccolta di stampe donate al museo non giustifica né il nome MACA, né tantomeno l’occupazione delle 30 sale del Palazzo Falcone. Ritorniamo al maestro: “ Sono ad Acri per un matrimonio e mi trovo seduto in un grande tavolo rotondo dove si trova anche l’allora Sindaco di Acri il dr. Nicola Tenuta. Nel chiacchierare si parla anche del Palazzo Sanseverino-Falcone. Il dr. Tenuta mi rivolge la domanda: Lei, cosa ne farebbe del Palazzo?” Rispondo, dopo una breve pausa riflessiva… UN MUSEO! “
Racconta così, seduto ad un tavolo tra amici e conoscenti, senza provare il minimo imbarazzo, la nascita del museo, che finora è costato alla collettività oltre un milione di euro, soltanto 263.000,00 euro spesi dal Comune nel 2006 per l’avvio, tra costi di gestione e personale, senza nessuna ricaduta economica e turistica nel paese e tantomeno una crescita artistica e culturale. Come se fosse la cosa più normale di questo mondo, non rendendosi conto che di mezzo non ci sono i suoi denari ma i denari nostri. Un museo non di tutti e aperto a tutti come sono ovunque i Musei Civici, ma solo di Vigliaturo, perché così poi è stato, realizzato però con denaro pubblico. Tutto questo è stato possibile ad Acri, e non nella Romania di Ceaucescu, dato che ha disseminato il museo di sue gigantografie rendendolo di fatto un monumento al kitsch, dove la sua impellente necessità auto celebrativa sarebbe stata non giustificata, ma quantomeno collocata storicamente all'insegna del culto del “vate” di turno. Nel 2006 il museo nasce con poche voci critiche e libere che vi si oppongono e con il silenzio-assenso di tutte le forze politiche di Acri e dei suoi rappresentanti i quali possono vantarsi di avere nel soggiorno di casa, sicuramente, qualche manufatto del maestro convinti “giustamente” di possedere opere di inestimabile valore. Che dire poi degli articoli osannanti e mai critici di alcuni giornalisti locali?
Né l’esimio maestro, né i nostri amministratori si sono preoccupati di coinvolgere nel progetto altri, se non se stessi nella nascita del futuro museo. Solo al maestro è venuta la geniale idea di fare una “donazione”, disinteressata fra l’altro, e come dargli torto dato che un obiettivo l’ha sicuramente conseguito, occupando quasi tutto Palazzo Falcone, il cui restauro è costato alla comunità acrese circa 10 miliardi di lire negli anni Novanta.
Onore quindi al lungimirante maestro che ha intravisto, percorso e sfruttato un’occasione unica, che mai più poteva ripetersi. Il Nostro ha fatto e fa i suoi interessi, e li ha saputi e li sa fare bene, direi. Vediamo un po’ in questi otto anni di vita cosa ha significato il museo ad Acri, cominciando dai numeri:
1. 107.000 visitatori in otto anni (come si sostiene puntualmente, mediamente 13.375 visitatori all’anno e 1.114 al mese) e perché non 200.000 o 351.000? Le cifre fornite non sono documentabili, non essendo rilasciati biglietti d’ingresso che lo attestino. Di queste decine di migliaia di turisti, magari colpiti anche dalla sindrome di Stendhal davanti all’indubbia bellezza delle opere del maestro, non c’è traccia, perché semplicemente non esistono.
2. Per essere un’istituzione pubblica non è stato mai presentato un solo bilancio dettagliato, con soldi in entrata e in uscita. Quanto costa ogni anno il suo mantenimento:  personale, pulizia dei locali, energia elettrica, riscaldamento, le singole mostre, i cataloghi, il critico veneto etc.
3. Al maestro non si chiede conto del proprio laboratorio privato di Chieri, ma si chiede conto dell’uso privato, in quanto unico beneficiario, di 30 sale di un palazzo pubblico.
4. Sono state organizzate soltanto tre/quattro mostre di artisti calabresi e nessuna mostra di artisti acresi, tantomeno una mostra postuma del compianto e geniale Rino Scaglione. Singolare che il “Museo Arte Contemporanea Acri ” non abbia mai proposto il lavoro organico di un solo artista acrese.
5. Vari sono i cataloghi pubblicati, ma tutti sono stati stampati in Piemonte. Far convogliare un po’ di denaro all’economia locale di una regione sicuramente meno economicamente fortunata offende forse la Sua suscettibilità o la nostra sensibilità morale?
6. La cura dei cataloghi e delle mostre è stata appaltata sistematicamente fuori regione, tranne poche eccezioni, ad un unico critico che anche nel territorio dove ha operato, non è certo ricordato dagli addetti ai lavori se non per la cura e l’organizzazione di progetti di modesto profilo (ma qui ,ovviamente, ognuno è libero di scegliersi i propri compagni di strada, ma non per questo si pone automaticamente in una “zona franca”).
7. Si può tranquillamente e amaramente considerare che il maestro prende dalla Calabria più che dare alla Calabria.
Infine gli estimatori di Vigliaturo ci evitino il racconto della grandezza inestimabile del maestro per giustificare un MUSEO PRIVATO PAGATO CON SOLDI PUBBLICI indegno di un paese civile come Acri è stato nel suo passato, quando il maestro viveva tranquillamente a Chieri (senza peraltro creare tra i suoi concittadini vuoti incolmabili).

Si chiede pertanto all’amministrazione comunale vigente di riconsiderare la trasformazione del Museo di Vilgliaturo nel Museo della città, aprendolo alle donazioni di altre personalità dell’arte contemporanea acresi e non. Si potrebbe pensare, anche, di utilizzare qualche sala delle 30 in uso al maestro affinché si possa attivare una sezione staccata del Conservatorio Musicale di Cosenza visto l’ingente numero di ragazzi acresi che studiano musica. Altre sale potrebbero ospitare cineforum, laboratori teatrali, biblioteca ed altro in modo che palazzo Falcone possa diventare un vero luogo di socialità per i giovani e tutta la cittadinanza.

PUBBLICATO 25/03/2014





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