Acri, non ci scordiamo dei clienti
Angelo Sposato
Leggendo l'articolo “Acri, il baciamano dei galantuomini”, di Emilio Grimaldi, sul sito acrinrete.info, ho notato un riferimento a me e ad altre persone che nelle ultime settimane abbiamo espresso punti di vista anche sul museo Maca di Acri. Tale riferimento mi viene confermato da più lettori.
L'autore dice che il suo articolo non è diretto a nessuno, ma per maturità, aggiungo io, visto l'equivoco, sarebbe preferibile una rettifica, poiché l'articolo si concentra su accuse calunniose ed insinua il dubbio in chi legge, specie se in possesso di tutti gli elementi di collegamento. Quando si scrive pubblicamente bisogna sempre aver presente che ci si rivolge a dei lettori, i quali non hanno la sfera di cristallo per comprendere eventuali personali elucubrazioni dello scrivente, specie se esse non sembrano elucubrazioni. A me, comunque, il dubbio rimane a causa delle indicazioni specifiche contenute nell'articolo e delle specifiche accuse di tornaconto personale, che se davvero indirizzate, sarebbero calunnie. Altri contenuti non corrispondono al vero, ad esempio Padula non fu antesignano del comunismo, ma certamente liberale. Nessuno ha mai parlato di chiusura del museo e di voler mandare via qualcuno da Acri. Assolutamente cose non vere. Escluso l'intervento dell'assessore alla cultura che, dal mio punto di vista, ho trovato, nella forma e sostanza, fuoriluogo. Io, personalmente, ancor prima delle novità, sono stato sempre a favore della conservazione e valorizzazione dell'esistente, ed in questa direzione vanno i miei scritti che toccano anche il museo Maca. In quanto cittadino, mi pongo il problema del futuro e mi chiedo se le cose possano durare per sempre uguali a se stesse, e quindi, perché non analizzare i tempi, la città, e anticipare il futuro una volta tanto? O semplicemente aggiungere dei particolari che soddisfino fasce più ampie di fruitori della cultura in generale? Per questo mi chiedo anche in che modo gli acresi interpretino la difesa della cultura, da farmi domandare: Dove è la difesa della cultura se il territorio è inquinato e devastato? Dove è la difesa della cultura se il centro storico è distrutto? Dove è la difesa della cultura se l'anfiteatro è un pascolo di cani randagi d'inverno e d'estate? Dove è la difesa della cultura se la figura di Arena sta scomparendo dalla memoria e conoscenza collettiva? Dove è la difesa della cultura se non si è mai investito nella cultura? Dove era la difesa della cultura quando veniva soppresso il Festival Jazz Manouche di Acri? Dove è la difesa della cultura se non ci sono attività culturali programmate e bisogna affidarsi solo alla volontà di associazioni e privati cittadini che organizzino qualcosa? Dove è la difesa della cultura se non si riesce ad elaborare un uso della sala cinema? Dove è la difesa della cultura se i lavori di un teatro in costruzione sono fermi? Dove è la difesa della cultura se non ci sono laboratori culturali rivolti alla cittadinanza tutta? Dove è la difesa della cultura se non si cerca il valore culturale disperso nella città ed in molte sue persone? Dove è la difesa della cultura se non ci si alza dai propri troni per andare in cerca di cultura? Dove è la difesa della cultura se non si concede spazi permanenti al lavoro delle associazioni per il loro contributo di iniziative? Chi stabilisce e con quali criteri l'assegnazione degli spazi? Carissimi compaesani e non, intellettuali e non, ma che cazzo raccontate! Quando si discute sulla cultura con suggerimenti, idee, proposte e pensieri vuol dire che si vuole migliorarla e tutelarla anche da eventuali anomalie. Le vere chiacchiere sono di chi alza barricate rendendosi organico alla vuotezza della città. fonte gonfievele.blogspot.it/ |
PUBBLICATO 14/03/2014
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