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‘A CRIsi

Foto © Acri In Rete
Michele Ferraro - Federica Servidio
Crisi! Assistiamo ad una crisi dei valori più profondi. La nostra terra, terra di balconi fioriti, di chiavi attaccate ai portoni, di mani dei contadini segnate dal lavoro, della musica della chitarra battente e dei ‘tummarini’ e poi l’odore del vino novello e il tic tac del telaio, le vicine di casa vestite di mille colori che passano a chiedere un pizzico di sale.
I racconti della sera davanti al camino acceso, le donne che sanno tutto e odorano di farina, di pane fresco e le gonne delle donne che ruotano in una tarantella infinita. I loro volti che sanno che significa amare. No, non c’è più niente. Tutto è andato perso, distrutto.
Il fuoco di Natale che i bambini aspettano con ansia e intanto Gesù bambino passa da casa e tu ci credi che passa perché trovi tre mandorle in meno. E invece adesso non passa più. C’è un altro Gesù bambino tutto di oro : fermo, immobile che non odora di niente o almeno di niente che resta per sempre. Si è perso tutto ciò che resta per sempre. Dobbiamo lottare per riaverlo questo ‘per sempre’ che è nostro e ci dice chi siamo e da dove veniamo.
Che noi non lo sappiamo più da dove veniamo! Come quando balliamo la pizzica a ritmo di tarantella e con le tarantelle ci facciamo i trenini. E le finestre azzurro cielo, sulla casa di cemento grezzo, sempre semiaperte con qualcuno affacciato che quando passi ti domanda ‘duvi sta jennu ?’ E dove stiamo andando? Non lo sappiamo più. Che di azzurro è rimasto ben poco e il cielo non lo guarda quasi più nessuno. Le finestre sono tutte uguali, grigie come la moda comanda.


Di fatto è, che ora abitiamo questo tempo e cresce sempre più un’esigenza di tracciare quel percorso che il benessere ha assopito. E’ arrivato il momento del fare concreto. E’ arrivato il momento dove la conoscenza ci porta ad agire sulla malattia. La democrazia è discussione e confronto ma tutto ciò a cui stiamo assistendo ci prospetta tempi ambigui, tempi dove si pensa che ancora vince il più forte e non il più giusto. Ed in tempi di democrazia è molto difficile individuare il più forte o il più giusto.
Dir questo non significa aver le idee confuse bensì aver coraggio di fare analisi, trovare sensi logici fuori da quei discorsi populisti o di lobby del potere. Il modo di pensare e di operare origina civiltà che con il proprio operato caratterizza i tempi. Domandarsi se l’esibizionismo, l’ostentata contaminazione ed il ‘pressapochismo’, generano luoghi che ci fanno sentire estranei e diseredati, è cosa lecita. Quella che è sempre mancata è la regola del rispetto e dell’accoglienza gentile.
La casa del potere acrese è sempre vista come un nemico o un amico, un ostacolo o un vantaggio, quel mostro invisibile che invade le nostre coscienze. Che ciò corrisponde al vero o al suo contrario poco conta. Di certo è che la casa del potere ci appartiene ma per dir questo il cammino è lungo ed arduo. Riscoprire le fasi dell’ontogenesi però sarebbe un toccasana per tutti quelli che hanno la voglia ed il tempo per “ricostruire”.

PUBBLICATO 13/03/2014





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