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Acri, il baciamano dei galantuomini

Foto © Acri In Rete
Emilio Grimaldi
Acri è un paese originale: ha dai 12 ai 14 mila abitanti; gli uomini vi sono ingegnosi, sobri, provvidi, amanti della fatica ed indefessi; le donne belle, ardite, graziose parlatrici e di irresistibile seduzione. Acri, insomma, ha tutti gli elementi per riuscire un bel paese; e nondimeno il popolo vi è barbaro, maligno e feroce, privo dell’educazione religiosa e civile. Non ha la prima perché il numeroso clero non pensò mai a dargliela, ed i parroci o furono rape, o intesi solamente a far denaro; e non ha la seconda, perché disgraziatamente i galantuomini gli diedero che esempi di moralità. Colà il feudalesimo è in tutto il suo vigore, il popolo vi è oppresso, disonorato; né altrove, quanto ivi, è così profondo l’odio della gente minuta contro la gente i falda. E tutte le volte che vi ebbe rivolgimento politico, il primo grido di quel popolo maligno fu sempre: - “Morte ai galantuomini! – Esso non conosce affatto la virtù della gratitudine, ed uno dei suoi detti è questo: “Bacio la mano del galantuomo, ma gliela vorrei vedere tagliata”. 
A scrivere queste righe è Vincenzo Padula, il più grande giornalista europeo dell’800, nato e morto ad Acri. Prete, poeta, scrittore, comunista (forse), donnaiolo (sicuro), ma soprattutto una grande personalità. Di un carisma che ha superato i limiti temporali del suo tempo fino a giorni nostri. Un uomo che amava, che sapeva amare. Che rendeva in versi la bellezza e lacune della sua gente, della sua terra. Un amore sviscerato, sincero. Che non aveva timore di alzare l’indice ed accusare quando era necessario. Un Emile Zolà tutto nostro, solo nostro. Con il Bruzio (bisettimanale da lui fondato nel 1864 e pubblicato per circa un anno e mezzo) è diventato un esempio immortale per tutti i giornalisti che sono venuti dopo. Un pioniere del giornalismo quando non si sapeva cosa fosse il giornalismo. Un antesignano dei rapporti Stato/Chiesa prima della Breccia di Porta Pia e dei Patti Lateranensi. Un comunista quando ancora non si sapeva cosa avesse detto Marx. Una figura ancora tutta da scoprire in tutta la sua grandezza. 
Nella sua immensa produzione sono tante le pagine che dedica ad Acri, ma questa delbaciamano a colpi di coltello è la più indovinata. Sagace e riflettente un animo, come questo acrese, che dura tutt’oggi. In un altro passo scrive che gli acresi vanno a letto soddisfatti la sera solo quando hanno rubato due metri di terra al vicino (cit. a memoria, ndb).
Ma non sono tutti così. Sono così quelli che sentono di dire qualcosa sui massimi sistemi di Acri per il loro tornaconto personale. Che mescolano le carte e sputano fumo solo per vederci più chiaro. Lo fanno per avere la visuale libera. La loro, profonda fino al proprio naso. E non si curano degli altri costretti a sorbirsi il grigio nefasto della zizzania.
L’occasione è gradita da Silvio Vigliaturo e dal suo Maca (Museo d’arte contemporanea di Acri). Sì, è suo il museo e di nessun altro. Si spendono romanzieri accreditati e letterati dilettanti per dirlo. Che è suo, che lui se n’è appropriato. Che deve andarsene da dove è venuto. Che, anche se è nato ad Acri, non c’è mai stato realmente. Che ad Acri non va più bene. Scrittori che si baciano la mano vicendevolmente. Felici di aver strappato qualche metro di terra al vicino “scomodo”. Di aver detto ciò che è giusto. Che quello che è giusto è sempre più in là della propria più rosea considerazione. Si spendono e spandono. E tra loro si confortano.
A gettare l’amo è stato l’assessore alla Cultura dell’attuale governo Tenuta. E poi è iniziato il baciamano, degna processione del ridicolo in tempi di crisi. A nulla è valsa la sua lettera aperta. Nessuno l’ha negata. Nessuno l’ha presa in considerazione. No! se ne deve andare, al di là di ciò che racconta. A non volerlo ad Acri sono quelli che sentono di poter dare qualcosa almeno quanto lui. Che è il loro tempo. Oppure è il tempo di nessuno. E gettano fumo su fumo.
A questo spettacolo indecoroso assistono impotenti “i tanti uomini ingegnosi, sobri, provvidi, amanti della fatica ed indefessi” e le tante  “donne belle, ardite, graziose parlatrici e di irresistibile seduzione.” Non sanno a chi realmente dare retta. Baciano tutti anche se vorrebbero tagliarla quella mano.
Il paese è indebitato fino al collo perché amministrato da politici che si sono arricchiti sulle spalle dei cittadini. E immobilizzato dalla zavorra dei rifiuti. E i galantuomini pensano all'erba del vicino. Che promette bene perché più verde. 
Lo spirito del Padula è volatizzato e si è posato altrove per germogliare. Ad Acri non c’era più posto per lui.


emiliogrimaldi.blogspot.it/

PUBBLICATO 10/03/2014





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