Silvio Vigliaturo, il MACA e la sua storia
Massimo Conocchia
Conosco Silvio da molti anni, ne ho apprezzato, da profano, la sua storia, il suo successo.
Mi ha sempre affascinato la vicenda umana di questo figlio del Sud, che, partito con la valigia di cartone, è riuscito a farsi apprezzare dentro e fuori i confini nazionali, esportando, con le sue opere, una parte bella del nostro piccolo mondo. La nascita del MACA è stato, per me, motivo di vanto e di orgoglio: vedere molti piemontesi illustri, nel 2006, venire ad omaggiare Acri per uno dei suoi figli, apprezzato e stimato in una terra, che, tradizionalmente, ci ha guardato con diffidenza e spesso con scarsa considerazione, per essere, noi, figli di un dio minore, nati in un luogo destinato alla conquista e alla depredazione. Gli anni successivi hanno visto il concatenarsi di eventi, mostre, incontri, rapporti con l’Università della Calabria, etc. Ricordo, qualche anno fa, un work shop organizzato dal museo con la partecipazione di tutte le scuole di Acri: vedere la sala delle colonne riempita e pulsante dei lavori di quei ragazzi mi ha dato il senso di una vicenda non statica ma viva, reattiva e capace di un’interazione forte con la comunità. Il MACA è diventato, a pieno titolo, un gioiello di famiglia, da ostentare in tutte le occasioni nelle quali qualche forestiero viene a farci visita e ne resta impressionato. La funzione del museo, già nell’ultima parte del secolo scorso, è profondamente cambiata: da magazzino statico di raccolta e esposizione, si è trasformato in luogo di apprendimento e centro di propagazione e diffusione culturale. Si è andata, cioè, via via rafforzandosi la sua funzione educativa e divulgativa. In quest’ottica, il MACA ha, in questi anni, pienamente centrato il suo obiettivo, diventando fucina di incontri, mostre, eventi, tesi alla divulgazione ed all’arricchimento culturale. Non saprei dire quanto di questa trasmissione sia effettivamente entrata nel circuito della conoscenza e nel nostro bagaglio di esperienze. Ciò che è certo è che il messaggio è passato ed oggi, grazie a Silvio, siamo, a mio avviso, un po’ più “ricchi”. Per questo mi sento, da cittadino, prima che da amico, in dovere di ringraziare chi, con le sue opere, la sua dedizione, ha reso possibile tutto questo. Diverso è il discorso economico, nel quale non mi addentro. Rifuggendo da ogni intento polemico e non volendo in alcun modo sostituirmi a chi, oggi, si trova a gestire situazioni non facili – non è mia intenzione insegnare nulla a nessuno, meno che mai recriminare in una situazione drammatica per il nostro Comune - mi limito solo a rimarcare un aspetto non secondario: “l’utilità dell’inutile”. E’ quanto ci insegna il prof. Nuccio Ordine nel suo ultimo e fortunatissimo lavoro, di cui un Amico e Maestro mi ha fatto dono. In un passo dell’introduzione Ordine ci mette in guardia dal valutare il valore della cultura e dei suoi strumenti di diffusione in termini di bilancio e di profitto. Il passo è così incisivo e lucido che mi permetto di riproporlo virgolettato in conclusione: ”la logica del profitto mina alle basi quelle istituzioni (scuole, università, centri di ricerca, laboratori, musei, biblioteche, archivi) e quelle discipline (umanistiche e scientifiche) il cui valore dovrebbe coincidere con il sapere in sé, indipendentemente dalla capacità di produrre guadagni immediati o benefici pratici. Certo, molto spesso i musei o i siti archeologici possono anche essere fonte di straordinari introiti. Ma la loro esistenza… non può essere subordinata al successo degli incassi: la vita di un museo…. è un tesoro che la collettività deve gelosamente preservare a ogni costo”. |
PUBBLICATO 18/02/2014
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