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Anacronismi ritmici e musicanti della tradizione che vogliono scatenare la felicità: intervista ai Chorearum

Foto © Acri In Rete
Silvia Ruggeri
Angelo Gaccione, Luigi Spiritoso, Nuccio Cerenzia, Giuseppe Cofone e Marcello Perri: questa è la formazione attuale dei Chorearum, gruppo calabrese nato nel 2000. L’originale band costruisce il proprio sound partendo dalla musica popolare, tentando però di immetterla maggiormente nella contemporaneità.
Hanno all’attivo un album prodotto che porta lo stesso nome del gruppo. Le loro canzoni sono piene di energia e forza: una vera esplosione di note musicali. I Chorearum vogliono coinvolgere il pubblico con i loro travolgenti pezzi e con le loro sonorità tipicamente meridionali; vogliono farlo ballare. Danno anche prova di grande umiltà ricordando che la critica ha un valore costruttivo più che distruttivo, e sostenendo che qualsiasi suggerimento capace di farli crescere musicalmente è prezioso. Conosciamoli meglio.
In una panorama musicale che vuole essere sempre più internazionale come il nostro, molti artisti italiani scelgono di scrivere testi in inglese. Voi fate l’esatto contrario, invece: molti dei vostri pezzi sono in dialetto calabrese. Quanto pensate sia importante un ritorno alle radici, linguisticamente parlando?
Per noi è fondamentale. L’Italia è fatta di tanti dialetti, quindi proporsi con il proprio e con le proprio radici in qualche modo ci identifica e ci fa sentire parte dell’Italia stessa. Va bene l’inglese,va bene il francese, va bene tutto, ma non dimentichiamoci che siamo italiani prima di qualsiasi altra cosa.
La vostra musica è energica e vitale: merito, probabilmente, dell’ampia complessità di suoni che c’è dietro i vostri brani. Alcuni, per esempio, sono totalmente strumentali; gli altri, anche se supportati dal testo, lasciano comunque percepire una preponderanza musicale. Pensate che fare musica significhi riuscire ad essere più eloquenti con gli strumenti che con i testi? Che si riesca a dire di più attraverso le note che non con le parole?
Noi abbiamo fatto la scelta della musica popolare e tradizionale proprio perché nella tradizione stessa possiamo ritrovare poesie e versi di una bellezza indescrivibile. Diamo molta più importanza al testo, in realtà, proprio perché le parole giocano e ballano tra di loro, in un brano. La musica, ovviamente, fa da supporto; però quando ascoltiamo un altro cantante o un altro gruppo prestiamo molta più attenzione e diamo molta più importanza al testo che alla musica. La musica è un contorno, fondamentale anch’esso, ma comunque un contorno.
Il gruppo e il vostro primo cd prodotto hanno lo stesso nome: Chorearum. Perché? Qual è il suo significato?
Chorearum, come sicuramente ben sai, deriva dal latino. Viene da Chorea, Corea di Huntington in medicina, in modo particolare, che provoca il movimento. Quindi, la musica associata al movimento. Richiamo quello che mi hai detto prima sull’energia; la nostra musica nasce con questo scopo: far ballare le persone, portarle in un’atmosfera di festa, riuscire a renderle partecipi. Fare musica significa anche questo, sennò si sta là, sopra un piedistallo, e non c’è coinvolgimento. Noi ci divertiamo moltissimo quando suoniamo proprio perché il pubblico balla con noi, partecipa. Chorearum, quindi: “delle canzoni che scatenano il ballo”. Abbiamo chiamato così il nostro primo album perché ci piaceva l’idea di avere il nome del gruppo in copertina e di sponsorizzarlo.
In “Musicante” tracciate il ritratto dell’artista malato di musica e un po’ folle che se ne frega di tutto e vuol solo suonare: voi siete un po’ così?
Siamo così! Assolutamente così. Pensa che ognuno di noi fa altro nella vita, ma nel momento in cui si profila la possibilità di suonare molliamo tutto all’istante, ci catapultiamo in macchina e partiamo per andare a farlo. La musica è la droga più potente del mondo, no? Ti entra dentro, ti scorre nelle vene e nessuno riesce a disintossicarti.
La vostra musica parte da una base di canzone popolare a cui si sovrappone una patina di modernità: al mandolino e ai temi cari al popolo meridionale aggiungete una linea strumentale più moderna e un’attualizzazione testuale. Il vostro intento é quello di rivoluzionare il genere o state solo sperimentando?
Noi abbiamo trattato sempre con rispetto il genere, siamo partiti da quello. La tua osservazione é correttissima, il nostro progetto nasce proprio con quest’intento: partire dalla tradizione, utilizzando la chitarra battente, il mandolino, il tamburello e accostando poi loro strumenti che della tradizione non sono, come la chitarra elettrica e il basso. Diciamo che il nostro é un voler trattare con rispetto la tradizione dandogli però un tocco diverso, perché poi l’epoca cambia, cambiano le persone, cambiano i tempi e cambia il modo di ascoltare e di approcciarsi alla musica. Con tutto il rispetto per le nostre radici e per quelle del popolo italiano.

PUBBLICATO 05/02/2014





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