Acri - Arpacal. Accertiamoci cosa realmente respiriamo.
Leonardo Marra
Contrariamente al solito, questa volta vorrei entrare nel merito dell’articolo a firma Roberto Saporito, pubblicato recentemente su queste pagine, dal titolo : “C’è accordo con l’Arpacal. L’aria sarà monitorata”.
Fermo restando il mio plauso per tale iniziativa (mi verrebbe da dire: “era ora”), ci sono un paio di aspetti nell’articolo (probabilmente legati alla mia non completa comprensione) che sollevano qualche perplessità. La prima considerazione è relativa alla scelta (probabile) della dislocazione degli apparati di rilevamento. Sono anni che, come chiunque può notare, nei mesi invernali, quando ci si trova in parziale o totale assenza di vento, l’aria di Acri diviene irrespirabile. Le centinaia di camini della città (dall’alba a notte inoltrata immettono nell’atmosfera una enorme quantità di fumi tossici che, essendo più pesanti dell’aria, appestano i quartieri situati più in basso. Essendo Acri situata in una conca, le zone di Jungi, Purgatorio, Annunziata e zone adiacenti l’isola pedonale (ma per le altre non va meglio) si trasformano in una pericolosissima “camera a gas” (a testimonianza di ciò ho decine di foto scattate negli anni ed in diversi momenti della giornata) . Nei fumi che si producono con la combustione del legno sono presenti (non c’è bisogno di laurea; basta una piccola ricerca sul web) numerose sostanze tossiche e cancerogene: benzene, formaldeide, idrocarburi policiclici aromatici (IPA), diossine, polveri fini e ultrafini. La maggior parte dei fumi presenti nell’aria ad Acri è il prodotto della combustione del legno in apparati non industriali (caminetti casalinghi) e in percentuale minima da apparecchi che si occupino alla fonte anche dell’abbattimento delle polveri nei fumi emessi. Ciò detto, sorvolando sulle implicazioni mediche che tutto questo inevitabilmente comporta, e che probabilmente sarà uno degli obietti del monitoraggio dell’Arpacal, si evince la causa della mia prima perplessità: se lo smog, e l’inquinamento in generale, si rileva molto di più al livello del suolo, che senso ha installare una centralina di rilevamento in una zona molto elevata rispetto al centro cittadino dove l’inquinamento è, in partenza, meno rilevabile che altrove? Tanto vale allora installarla all’”acquedotto”. Seconda considerazione. Il suddetto articolo ad un certo punto recita: “Purtroppo restano ancora criticità legate ai rifiuti solidi urbani che potrebbero falsare i dati”. Immagino di aver male interpretato questa frase, perché così impostata sembrerebbe voler dire che i miasmi emanati da rifiuti (per fortuna siamo ancora in inverno, ma si attende l’estate con terrore), i quali giacciono non raccolti per settimane avvolgendo amorevolmente i cassonetti, non possono e non devono rientrare nel monitoraggio. Dato che non capisco come mai, un evento così “devastante” per il territorio e per la comunità (come bene si evince anche dall’articolo in questione), non debba rientrare nello studio dei parametri che caratterizzano la qualità dell’aria, mi viene allora spontaneo suggerire di limitare il rilevamento dell’Arpacal esclusivamente ai mesi estivi, dato che anche i fumi di combustione di cui sopra potrebbero “falsare” i dati; anzi, il mio suggerimento, a questo punto, sarebbe di effettuare il rilevamento nei giorni di pasquetta e ferragosto. Immaginatevi lo stupore del mondo nello scoprire che una piccola cittadina del meridione d’Italia rileva inquinamento prossimo allo zero! Terza ed ultima considerazione. In chiusura di articoloviene riferito che “più di uno si chiede se anche nel centro presilano non sia il caso di pensare ad una struttura capace di accogliere e trasformare i rifiuti“. Nei paesi nordici (Svezia, Norvegia, Finlandia) soggetti nei mesi invernali a temperature estreme, impianti di termovalorizzazione sono installati sotto le città e, attraverso il calore da questi prodotto, non solo riscaldano le abitazioni cittadine, ma riescono a tenere sgombre le strade dal ghiaccio. Questi termovalorizzatori seguono i più elevati standard per preservare l’ambiente ed il risultato è un inquinamento pressoché nullo. Quindi se fossimo in uno dei paesi sopra citati, il problema non si porrebbe dato che si potrebbe sfruttare anche la “monnezza” degli altri facendosi pagare per smaltirla e produrre energia in maniera “pulita”. Ma, notoriamente non siamo svedesi. Dunque mi piacerebbe sapere quali sono le altre cittadine che anelano queste strutture di smaltimento ma, soprattutto conoscere qualcuno di questi “più d’uno” in modo da potersi confrontare collegialmente su questa tematica vitale per la nostra società. Grazie e buon lavoro. |
PUBBLICATO 20/01/2014
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