Legalizziamo la mafia
Fabio De Marco
Se un giorno diverso dal lunedì - al riparo dalle notizie calcistiche - nelle edicole acresi i quotidiani regionali terminano di buon ora, significa che qualche buontempone l’ha combinata grossa.
E’ accaduto questo negli ultimi giorni, in cui il consumo di informazione si è configurato come un vero e proprio assalto alla notizia, per cercare di comprendere i risvolti di un indagine della Direzione Investigativa Antimafia su una presunta relazione tra mafia, politica ed imprenditori locali. Così la nostra città, già affranta da problematiche inenarrabili, medita negli ultimi giorni sulla perdita di una certa verginità criminale, come una qualsiasi Duisburg di sette anni fa. Certo, a parte l’aumento esponenziale di delitti contro la proprietà, (anche a danno di aziende che, grazie alle loro produzioni, rappresentano motivo di orgoglio della nostra comunità e motore di un alternativo sviluppo rurale teso alla cura del territorio) fisiologici in periodi di crisi, non sono accaduti reati eclatanti. Ma i fenomeni mafiosi da tempo si riproducono in forme inusuali, anche internazionali e deterritorializzate (con la finanziarizzazione); e gli uomini della “mala” si nascondono in professionisti insospettabili che hanno studiato nelle migliori Università, che dividono le sfere di interesse territoriale senza spargimento di sangue. Comunque, senza elementi chiari, validati da altre azioni dell’Autorità giudiziaria, la notizia sull’indagine della DIA rischia di rimanere solo una pubblicità controproducente, che promuove la mafia. Infatti, tra i motivi che hanno agevolato la riproduzione della ‘ndrangheta, la sproporzione tra lo spazio offerto dai mass media alla cronaca criminale e quello offerto ai risultati del contrasto alla criminalità. Se il senso comune si convince che una informazione è vera – “la mafia è presente ed agisce impunita” - vera sarà nelle conseguenze: “rivolta” o “paura” (il più delle volte la seconda). E’ così che “legalizziamo” la mafia. |
PUBBLICATO 13/01/2014
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