OPINIONE Letto 5465  |    Stampa articolo

Divertissement Politico

Foto © Acri In Rete
Angela Maria Spina
Alla fine è arrivato il tanto scongiurato momento per fissare un punto fermo o a piacimento la messa in parentesi delle parole cambiamento e innovazione, il Dissesto finanziario del nostro comune, cioè il grave ed incontrovertibile squilibrio deficitario annunciato con veemenza, ha decretato per così dire il testa-coda finanziario sul terreno sdruciolevole delle complessive amministrazioni politiche, di questa cittadina; che ci hanno travolti tutti come una valanga. Eccoci dunque, dopo le continue chiamate all’affanno, alla coazione, alla stabilità, soprattutto agli infelici tentativi di ricostruzione di pseudo classi politiche e dirigenti, specie le ultime recenti, che tanto tengono a ribadire che “con la vecchia politica nulla hanno da spartire” salvo poi rammentarci, in non poche occasioni, che tra essi molti rappresentanti quella vecchiaccia l’hanno direttamente o indirettamente ammiccata.
Dunque in molti siamo portati a credere: "ma quale morale abbiamo allora da ascoltare noi cittadini acresi, considerati poco più che scolaretti birichini in grembiulino!" trattati ad ogni piè sospinto - nelle sedute del consiglio comunale, o come destinatari di messaggi alla città- come perfetti imbecilli, rincitrulliti nel nostro mal comune è mezzo gaudio" che conferma e solca inesorobilmente quello scontroso, male odorante, arrogante distacco di amministratori, che nella migliore delle ipotesi, odiano i propri elettori e disprezzano i loro concittadini, specie se avversari politici; tanto da convincere tutti che solo marcando le distanze dalla politica, si confonderà l’imperitura loro paura di affrontare la realtà scegliendo; e quella di noi altri poveri cretini, che ci dichiariamo vinti e sconfitti da questa stessa paurosa realtà. E’ vero una situazione caotica, meschina, ma soprattutto cupa e triste, cancella senza apparente sforzo, quanto di buono ha realizzato il passato e forse anche la storia recente. Propone di disintegrare - senza soluzione di appello o di assoluzione - la nostra memoria storica di breve e lungo termine; finanche il nostro insidacabile giudizio di liberi elettori/elettrici .
La “trappola” della sfiducia, è stata imbastita efficacemente, come un caterpillar. Allo stato dei fatti diremmo con un eufemismo di essere giunti alla frutta, ovvero di essere arrivati alla conclusione di un pasto non più lauto di opportunità e di occasioni. Certamente taluni al cui pasto si sono approvigionati, o continuano a farlo avranno da lamentarsi enormemente; altri invece crederanno più ingenuamente che sia arrivata finalmente la cosiddetta resa dei conti degli incapaci ed imprudenti; sebbene in qualunque circostanza tra le due risulti difficile - per ovvie ragioni - ridivenire padroni del nostro povero destino politico; per la povertà di sostanziali argomentazioni che, fingerebbero la sovranità cittadina. E’ più facile così lasciarsi andare al più cupo pessimismo, per poi affidarsi ad un improbabile Salvatore di turno, pronto a giurare su tutto tranne che sull’inesorabile e meschino destino di elettori immaturi e scarsamente informati per lo più con una mediocre coscienza politica complessiva. Cocteau avrebbe eccepito: «Visto che questi misteri ci oltrepassano, fingiamo di esserne gli organizzatori». Ci scopriamo così un poco sonnambuli, verosimilmente Im-Potenti riusciamo cioè ad apparire Fermi, Immobili e forse paralizzati di fronte alla storia, alla realtà; ciò accade anche quando palesiamo la nostra incontrovertibile arroganza o il nostro risentimento politico. Non comprendendo bene se siamo resi tali dalla paralisi dello spavento, o piuttosto dal disinteresse - che certamente è sempre anche generazionale - ma che a differenza del passato oggi celebriamo con evidente parsimonia e un lugubre languore, con l’omaggio a storie politiche identiche e repetitive, tutte per lo più deludenti e difficilmente esaltanti. Storie politiche che anche se di diverso colore, suonano tutte come tributi esanimi, non già pronti per essere seppelliti o per essere accantonate, ma piuttosto per essere esorcizzate, affinchè non si ripetano identiche a loro stesse.
Ma mi chiedo: è mai possibile meritare tanto dispendio di energie, di risorse e di languide intelligenze? Conviene a ciascuno di noi assumere la distrazione e la superficialità come antidoto o medicina alla delega politica? Non fosse altro che per comprendere e capire ciò che accade veramente e che il più delle volte, difficilmente siamo in grado di interpretare, anche alla luce di nuove pericolose insidie. Il dilemma che avanza allora è il seguente: che razza di Cittadini siamo? Distratti, noncuranti o falsamente interessati? O semplicemente strumenti ignari di un bene comune che si concorre equivocabilmente a costruire dimostrandosi inclini solo al proprio bene? Come la città di Acri riesce sempre a smentire nel suo tessuto sociale più profondo. La mesta ricorrenza del dissesto, appare perciò forse come un’occasione di “ripartenza” un gesto per così dire clamoroso di accomiatamento, non si capisce se da un era politica, o piuttosto da uno stile politico. Mi piacerebbe capirlo, per stabilire alcune semplici prerogative del nuovo che possibilmente da qui hanno da venire; ma si comprende dal letame nascono sempre fiori!
Soffermarsi non già sui troppi ingenui errori - commessi in buona o cattiva fede dai nostri mesti politici, è cosa buona e giusta- ma io non resisto alla tentazione di sollecitare analisi ricche di sano intelligente sarcasmo, con parallelismi storici forse improbabili ma efficaci, anche quando suonano grotteschi e surreali come in questo caso; svolte -si capisce - per puro amabile divertimento, o forse solo per concorrere a fornire improbabili rimedi non certo medicamentosi.
Chi deve fare che cosa? Perchè se non faremo qualcosa, saremo di nuovo sorpresi dal “colpo di fucile in canna” che avrà il potere di distruggere e devastare ancora una volta questo povero territorio – il nostro – nel quale abbiamo scelto di restare malgrado tutto; nel quale noi cittadini appariamo esattamente come i sonnabuli di Hermann Broch che ebbe modo di sceglierli come titolo per una trilogia che narra la pigrizia dei sentimenti e l’indolenza vegetative, che pervasero il primo anteguerra storicizzato, mettendo in risalto l’inanità dei moniti catastrofisti, come i più nefasti ed austeri.
L’enorme discordanza fra l’eloquio sinistro di amministratori incauti e l’agire ignavo cioè incapace di trarre le conseguenze da quel che apparentemente si presagisce, potrebbe essere letto come un gesto di stile o piuttosto di meschina codardìa. In entrambi i casi i cittadini acresi non possono più permettersi il “lusso” di dimostrarsi ancora sbandati e disorientati, quasi camminassero dormendo. Capaci cioè di comprendere a parole quel che succede, ma che talvolta come incoscienti affidano a mani di improvvide e insicure il proprio presente, senza dubbio alcuno, anche quando si stentano fiducia o speranze improbabili, certi che un cambiamento autentico non abbia mai da tardare; salvo poi leggere che il dire in questi casi, è completamente sconnesso dai fatti, cioè dal fare; e davanti ai momenti cruciali, oltre che recitare la giaculatoria degli improperi, sul baratro minaccioso, manifestare una desolante incapacità di realizzare il necessario passo per allontanare da noi e per noi quell’abisso nero e cupo che ci inchioda tutti sul bordo dello sbrindellato e insicuro futuro.
Penso che ciscuno di noi in questo infelice momento debba assumersi un proprio «rischio morale» non certo solo come custodi dell’Austerità; nè per affliggere chi, troppo rassicurato, smetterà il rigore dei conti o sminuisce la drammaticità di investimenti culturali e sociali; nè per vaticinare la fine della babele; nè l’esplosione o piuttosto l’implosione del nostro stesso futuro, che per ora è solo un presente poverissimo di risultati e dati considerevoli per importanza. In un contesto dormiente tutti naturalmente sono corresponsabili del sonno, anche chi da quel sonno vorrebbe chiamarsi fuori. I riferimenti ai baratri o agli abissi -dicono- miracolosamente sventati o arginati nel tempo, forse sono sempre stati trucchi di prestidigitazione che gli assessori ai bilanci nuovi o ex, comprendono sin in fondo con la lucida perversione dei numeri, anche quando la luce stava per spegnersi e di più oggi. In realtà altri tormenti politici giungeranno inesorabili, che profetizzare oggi con le semplici parole, sarebbe impossibile. La cultura politica comune ad ogni colore politico, dovrà però divaricarsi tra le parole “scelta giusta” e “presa di coscienza della realtà” poiché non sarà ammessa l’ignoranza per i patemi storici e le ossessioni sbagliate, cioè ostili a ciascuno cittadino nella flemma, e nell’abissale disinteresse, per quello che ci rigurda tutti: i nuovi investimenti che non è possibile immaginare anzitempo come morti, specie in ambito culturale: ne abbiamo fame e sete. Forse è solo un problema di immaginazione politica: quella vera, non parolaia, dove non vi sia discrepanza tra parole e azioni, e tutti partecipano al progresso: compresi gli sfiduciati, i delusi pronti a disfarsi dei nemici, che non sono all’altezza delle necessità. È diffuso l’anelito al disinteresse, direi anche al sonnambulismo, che riappare con il suo corteo di irresponsabilità, ignoranza, e “bande armate” che non intendono chiamarsi ad alcuna distensione politica di collaborazione.
Resta allora un’unica reazione possibile per non essere travolti dalle valanghe di politiche fallimentari: concorrere alla diffusione di una “Sana” cultura politica comune, che si richiami ai nostri beni culturali più preziosi. Basterà. Per non farci barcollare sperduti fantasticando di sedicenti astratte politiche possibili, senza enumerarle con chiarezza e definizione; ma altresì innalzate invece solo per contestare e distruggere strumentalmente, quanto di buono ci sarebbe - e che non è certamente misero o insignificante - Siccome come diceva Broch «Solo chi ha uno scopo teme il pericolo, perché teme per lo scopo» si trovi allora il coraggio di pacificare i risentimenti politici bellicosi e soprattutto i personalismi, che questa comunità cittadina esanime non merita e non deve pagare.

PUBBLICATO 10/01/2014





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