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Alcune, semplici, considerazioni sul nuovo libro di Giuseppe Scaramuzzo “Nascita di un comune democratico- Acri 1861 – 1952 storia cronaca memoria”

Foto © Acri In Rete
Massimo Conocchia
La lettura del nuovo lavoro del Prof. G. Scaramuzzo ha evocato in me alcune considerazioni, scevre, ovviamente, da ogni pretesa tecnica o “professionale”, dato il mio stato di “eterno studente”.
Conosco il Prof. da sempre; un lontano vincolo di parentela ci unisce: mio nonno e suo padre erano cugini veri.
Ebbi la fortuna di averlo come insegnante di storia e filosofia al liceo e a lui devo molto di quel poco che ho appreso, non ultima una concezione dello studio intesa come sviluppo critico della personalità, prima di ogni cosa.
Alla sua nutrita biblioteca ho attinto spesso e con me tanti altri figli di “cafoni” che - non essendo sempre nelle condizioni di acquistare un libro – cercavamo di dissetare le nostre menti, avide di sapere, alla fonte di chi, disinteressatamente, ce ne forniva sempre la possibilità. Fu così che ebbi l’opportunità di scoprire autori come Eugenio Garin, Luigi Salvatorelli; E.J. Hobsbawn, Procacci e tanti altri.
Leggere, oggi, il suo secondo libro mi ha risvegliato quella voglia di apprendere, quell’avidità di scoprire, che un tempo mi appartennero.
Il libro si legge con facilità, cosa non così frequente in un lavoro storico, soprattutto se affronta un periodo lungo e travagliato come quello di specie. Ho ritrovato il rigore, la serietà, che ricordavo nel mio Prof.
Il volume è un ricco tesoro di documenti, fatti, testimonianze, sapientemente dosati ed intrecciati ad intessere una tela mai monotona o pesante ma quanto mai variegata ed intrigante.
La riproposizione di atti, delibere, comunicazioni, lascia, a tratti, il posto a racconti ed esperienze vissute. Vi si ritrovano personaggi scomparsi, alcuni non così lontani da non far parte a pieno titolo del nostro vissuto.
Commovente è – solo per citarne una – la testimonianza di Erminia Perrone (A’ Patacca, compagna di ferro) a proposito degli abusi degli squadristi durante le elezioni del 1924.
Dall’elaborata e ricca mole di eventi, documenti, etc, emerge un quadro sociale quanto mai instabile e precario, fatto di gente che manca di tutto, che mangia quanto basta per non morire di fame, avvilita dalle malattie, dai soprusi e dall’abiezione dei padroni. Emerge, al contempo, tant’altro: viene fuori un lento e faticoso cammino verso l’acquisizione di una coscienza di classe.
Amara risulta, inoltre, a proposito del periodo postrisorgimentale, la constatazione di un’occasione perduta: non avere permesso alla plebe (ai cafoni, appunto) di divenire piccoli proprietari, come le promesse iniziali avevano indotto a sperare. Vengono fuori, specie nel ventennio e subito dopo la caduta del fascismo, figure di intellettuali e politici integerrimi e puri, pronti a sacrifici impensabili ai giorni nostri, pur di tenere fede ai propri ideali.
Quale dio perfido abbia permesso di arrivare ai livelli di degenerazione attuale non è dato sapere.
Il libro ha, tra l’altro, il grande merito di avere dato luce e dignità storica a tante figure di uomini e donne, ripescate da un oblio profondo.
L’ultima fase presa in esame coincide con il periodo dello “spezzanesimo”: è la fase della ricostruzione e della conquista della “civiltà”.
Da allora in poi è storia nota.
Comincia l’epoca dell’edilizia popolare, che ha rappresentato, per molti, opportunità di lavoro regolare e, al tempo stesso, possibilità di abbandonare abitazioni spesso malsane e indegne del nome di case per dimore dignitose. Io appartengo alla fase ancora successiva, quella seguita alla “rivoluzione” di G.A. Arena; ma questa è un’altra storia.
Dal lavoro di Scaramuzzo si delinea, in maniera chiara, lucida, scrupolosa ma anche scorrevole e piacevole, un patrimonio da cui non si potrà prescindere per un’analisi seria di quegli anni.
Grazie Prof e perdoni l’impudenza di avere affrontato temi ai quali sono poco avvezzo. La consideri l’ennesima bizzarria di un suo affezionato alunno.




PUBBLICATO 25/11/2013





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