18 anni: l' inizio di una fine
Luca Antonio Gallo
Vedendo l’ormai famosa trasmissione televisiva “Le Iene” ( mi scuso per la pubblicità occulta), ho potuto notare l’ ormai barocca prassi di celebrare le proprie ricorrenze attraverso l’utilizzo di mezzi cinematografici e quant’altro, cosa che trovo personalmente del tutto fuori luogo. Il titolo del mio articolo, ad una prima disamina, sembrerebbe alludere a questo diffuso fenomeno, tuttavia, avendo già da un pezzo superato questo traguardo anagrafico, il contenuto di quanto sotto scriverò, riguarderà tutt’altro.
Ritornando a ritroso nel tempo, dei miei festeggiamenti rimembro le piacevoli sensazioni che provai, fu davvero un bel giorno, non sapevo però che proprio quel momento sanciva l’emigrazione dalla mia terra. Ebbene sì, superati i fumi dell’ alcool e delle abbuffate del caso, da lì in poi vissi il mio allontanamento graduale da quanto di più caro avevo, ossia la mia città. Molte persone credono che andare a studiare nelle grandi metropoli sia il principale modo per conoscere il vero significato della parola “civiltà”, aspirazione in parte vera se si intende quest’ultima come l’abilità nel vestirsi con garbo, nell’esprimersi in maniera adeguata o nel sapersi gestire da solo; avendo vissuto in pieno questo processo positivo, non posso negare la suddetta logica, anche se, a seguito di una più lunga riflessione, credo che molti comportamenti acquisiti in città consistano solo in migliorie di quel senso civico che ogni acrese già possiede, valore trasmessoci dalle lezioni di vita della nostra terra e non di certo da una fermata di metro o di autobus. E’ proprio quest’ ultimo aspetto che mi rende così riconoscente nei confronti del mio paese, esso mi ha concesso l’ormai rara possibilità di crescere in un contesto privo di criminalità e di ottenere una buona preparazione culturale, mi ha dato in poche parole l’opportunità di diventare un uomo maturo. Rispettare la mia città significa rispettare me stesso (spero possa diventare un giorno una mia citazione), ecco perché oggi provo la più assoluta infelicità nel vedere le condizioni di degrado e di abbandono in cui Acri versa ormai da troppo tempo, provo veramente una grande vergogna nell’ ascoltare i consigli comunali governati ormai dall’odio e dalle accuse reciproche. Incompetenza, negligenza, criminalità e cultura della vendetta, questi sono diventati i cardini della nostra società, del tutto discostanti dai principi e dai valori che caratterizzavano la vita ed il governo della nostra città. Dov’è finita la lungimiranza? Dov’è finita la sensatezza? Dov’è finito il mio paese? E’ questa la domanda che ogni acrese, politico e non, dovrebbe porsi; il nostro paese necessita di un risveglio socio-culturale, bisogna uscire dalle logiche paralizzanti dell’ alcool, delle scommesse sportive, dei videopoker e di qualsivoglia altra inutile attività mentale, iniziamo ad approfondire le tematiche che più ci riguardano, iniziamo ad anteporre la meritocrazia agli interessi familiari, insomma non rimaniamo inerti davanti il malaffare. Rifugiarsi dietro le vesti del pessimismo, della polemica sterile e dell’ indifferenza non serve a nulla, le cose non si aggiustano da sole, facciamo sentire la nostra presenza, sviluppiamo idee anche a prescindere da un eventuale tornaconto personale, diveniamo cittadini nel vero senso della parola. Sembra davvero paradossale che sia proprio io, un ventiquattrenne, ad ammonire i miei amministratori e concittadini, solitamente è il maestro che istruisce l’alunno e non viceversa, lo sconforto però è così forte da indurmi a redigere questo articolo. Credo però fermamente nel buon animo degli acresi, so che possiamo fare tanto, abbiamo le potenzialità e le competenze per uscire da questa difficile situazione, diamo spolvero al senso di civiltà che abita in ognuno di noi, tramutiamo la rabbia in opere. Chiudo questa critica spero costruttiva con la frase di un film intitolato “ V per Vendetta”:”Com'è accaduto? Di chi è la colpa? Sicuramente ci sono alcuni più responsabili di altri che dovranno rispondere di tutto ciò; ma ancora una volta, a dire la verità, se cercate il colpevole... non c'è che da guardarsi allo specchio”. |
PUBBLICATO 17/11/2013
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